Nietzsche non era un grand’uomo nel vero senso della parola. Nessuno dei talenti che possedeva, per quanto ne fosse ampiamente dotato, era sufficiente a conferirgli la grandezza. Neppure il più straordinario, il dono dell’analisi psicologica che, esercitata essenzialmente su se stesso, rappresentò per lui un danno mortale, fino ad “alienarlo” da se stesso, gettandolo nella follia, prima che la morte lo cogliesse.
Queste poche righe sono state quelle che mi hanno convinta più di qualsiasi altro inizio. Un libro piccolo che racchiude un’immane quantità si sentimenti contrastanti e profondi. Nietzsche e Overbeck sono stati amici, il loro legame era basato sull’affetto, sulla competizione, sullo studio, sulla ricerca della verità e della conoscenza.
L’esistenza di Nietzsche è stata caratterizzata dal metodo, dalla caparbietà, dalla creatività, dalla perspicacia e dalla follia; per quest’ultima però, non bisogna rendere grottesco un personaggio di tale spessore filosofico e storico. Nietzsche ha incarnato la figura di colui che teatralizza, che ricerca la vera conoscenza, che porta la volontà a cardine e obbiettivo della potenza, una volontà di potenza, un oltre-uomo, un eterno ritorno. Su queste poche parole si dipanano centinaia di migliaia di libri, ma chi parla di Nietzsche? Dell’uomo che era e che è stato osannato e bistrattato?
Overbeck è una sorgente di inestimabile valore a mio avviso, in quanto ha vissuto con Nietzsche a Basilea e ha avuto modo di essere toccato dalla natura dell’uomo Nietzsche. Era metodico, teatrale, privo di vizi, ma continuamente immerso in un ambiente intellettuale proprio, individuale, in cui la sofferenza, la violenza e il dolore combattevano, si univano e imperversavano senza sosta. Nietzsche non era aggressivo se non verso se stesso; era critico nei confronti degli amici, motivo per cui alcuni di loro si sono allontanati da lui, ma credo che nessuno di loro si sia dimenticato di Nietzsche. D’altro canto la critica era uno dei suoi doni migliori e anch’essa era rivolta contro se stesso, un uso che è stato purtroppo letale.
Nietzsche era certamente un genio, ma la sua genialità risiedeva nel dono della critica. Ora l’uso che egli ne ha fatto, applicandolo particolarmente a se stesso, è stato il più dannoso possibile; un uso fatale. Chi spende in modo così esclusivo tanta energia a fare di se stesso l’oggetto di un talento critico così geniale, è necessariamente destinato alla follia e all’autodistruzione.
E di Overbeck che si potrebbe dire? Un uomo posato, influenzato e trattenuto dalla sua timidezza, ma proprio grazie al carattere mite ha potuto vivere al fianco di Nietzsche senza che venisse travolto dall’uomo che era. Overbeck considerò molte volte il comportamento di Nietzsche come teatrale ma l’affetto che provava nei suoi confronti fu il legame che gli permise di non allontanarsi da lui malgrado le critiche e le vessazioni che altri dovettero sopportare in pubblico. Overbeck fu un amico nell’ombra, un amico che non si aspettava la follia, la quale a suo avviso si presentò come un fulmine a ciel sereno.
Ciò che però Overbeck si rifiutò di fare, è stato assistere al termine di Nietzsche. Andò diverse volte a trovarlo a Basilea, durante il ricovero, ma non partecipò né al funerale, né all’inaugurazione dell’Archivio. Per Overbeck, ciò che Nietzsche era, doveva rimanere intatto, impresso e frutto dell’amicizia sorta tra i due, nell’intimità della ricerca della verità, della volontà, la ricerca dell’eterno e perpetuo circolo della vita. Le vicissitudini della vita li hanno portati su percorsi diversi e Overbeck sembra quasi che se ne rammarichi un po’, ma la particolarità della convivenza, il contatto con Nietzsche, seppur per poco tempo, ha impresso in Overbeck una delle esperienze più profonde della sua esistenza.
In Ricordi di Nietzsche vi sono riferimenti filosofici e discussioni in merito, storie di amicizie e di rapporti epistolari, considerazioni e giudizi di terzi. Ciò che mi ha affascinato maggiormente è stata la continua presenza di una sfumatura nostalgica e velatamente critica nei riguardi dei comportamenti, delle opere e delle esperienze di Nietzsche. I ricordi di Overbeck possiedono una considerevole potenza narrativa e sono precisi, carichi di sentimenti, taglienti e percepibili in maniera chiara. La lettura del libro, a mio parere, non dovrebbe cominciare dalle prime pagine, ma dalle ultime, dal profilo di Overbeck, passando per le note al testo, fino alle indicazioni bibliografiche. Una lettura potente, in grado di far comprendere perché Nietzsche non ascende al termine della vita, ma ascende fin dall’inizio, trascinato, alle volte schiacciato dalla depressione, altre volte abbracciato dall’euforia.
Rif. Bibl. Ricordi di Nietzsche, Franz Overbeck. Ed. il melangolo 2000, Recco