Segnalazione del libro “Sul viale delle ombre. La lacrima del principe” di Enrico Scebba, edito Kemonia Edizioni.
Titolo: Sul viale delle ombre. La lacrima del principe
Autore: Enrico Scebba
Editore: Kemonia Edizioni – 15 ottobre 2019
Formato: Cartaceo (338 pp.)
Prezzo: 15,90€
ISBN: 9788831257046
Sul viale delle ombre è un giallo gotico ambientato agli inizi del ‘900 all’interno di Villa Palagonia a Bagheria (PA). Una villa su cui gravitano leggende e superstizioni legate ai mostri di pietra che la circondano e che ammaliano i visitatori ancora oggi.
Sul viale delle ombre è il titolo della trilogia mentre per ogni volume bisogna fare riferimento al sottotitolo, in questo caso per il primo romanzo qui segnalato è La lacrima del principe.
La storia principale de La lacrima del principe si risolve in queste 338 pagine, ma attenzione! I tre romanzi della trilogia hanno una trama comune e in questo primo romanzo il lettore troverà spazi misteriosi e punti interrogativi che si risolveranno nei successivi due libri.
Trama
Il principe di Villa Phalagon, Sebastian Groove, è affetto da una malattia misteriosa così la moglie Margaret decide di rivolgersi al dottor Steven West, specializzato in infettivologia. L’uomo si recherà all’antica villa del principe accompagnato dall’attraente sorella Katie senza sapere che a Baghville, il piccolo borgo in cui sorge la villa, i tanti segreti e le misteriose leggende rendono il paese un luogo poco ospitale, dove gli abitanti subiscono l’effetto di una potente maledizione che minaccia la loro esistenza. I West conosceranno l’intera famiglia Groove, ma non sarà facile per loro scoprire cosa cela la villa che in paese è stata soprannominata “ villa dei mostri”. Molti sono i quesiti che Steven e Katie dovranno porsi. Cosa nasconde Margaret Groove? Perché il fi glio Albert sembra l’unico disposto ad aiutarli? Da cosa è affetto realmente il principe di Phalagon? Ma soprattutto, perché tutti i cittadini e persino il parroco del paese temono l’antica villa?
Biografia
Enrico Scebba è nato a Palermo il 13 agosto 1989, ma vive a Bagheria. Dopo il conseguimento del diploma di tecnico elettronico e grazie alle competenze acquisite durante diverse esperienze lavorative in ambito informatico, si appassiona alla programmazione di siti internet e software gestionali. Ma un’altra passione lo anima, quella per la lettura che lo ha sempre accompagnato nel corso degli anni, soprattutto a partire dall’adolescenza, tuffandolo nel genere fantasy. Crescendo si è approcciato alla lettura di altri generi letterari. Scrive storie e racconti per hobby da quando aveva diciotto anni, ma soltanto sulla soglia dei trenta ha deciso di pubblicare il suo primo romanzo d’esordio.
Estratti
I
“Katie alzò il mento e vide un’intera schiera di mostri di pietra che soprassedevano sul muro di cinta, tutti rivolti verso il giardino e mai all’esterno della villa. Tra questi si potevano distinguere figure antropomorfe e grottesche nelle loro forme: statue umanoidi dove spiccavano quella di un gobbo senza un piede che sembrava mendicare, quella di un cavaliere che cavalca un mostro quadrupede, malvagi satiri, nani abietti e tante altre fusioni tra essere umani e animali poste tutte sul muro di cinta.”
II
“In fondo è una triste realtà quella del tempo che passa. È l’unica costante che vale per tutti, nessuno può piegare il tempo al proprio volere, così nessuno può non sentirsi fragile e impotente di fronte al termine posto alle nostre vite. Ho sempre pensato che bisogna dare valore a ogni giorno che ci viene donato, facendo ciò che ci viene più spontaneo e sincero, senza lasciarsi sopraffare dalle paure e dai dubbi che appesantiscono ogni giorno le nostre anime. Mi piacerebbe poter mettere in pratica questi miei pensieri sin da subito, tuffandomi tra le braccia di questo bel ragazzo del tutto sconosciuto. Ma la ragione mette un freno a tantissime situazioni che risulterebbero più semplici se potessimo ragionare davvero con il cuore, lasciandoci trasportare dal vento dell’istinto.”
– PROLOGO –
All’interno della nobile chiesa di Saint Dominic, le pareti di marmo dal colorito ligneo che circondavano i fedeli donavano loro una parte di quella maestosità facendo in modo di porre, almeno per qualche ora, un velo di speranza sugli animi in parte sconvolti, in parte arrabbiati e impauriti della folla decisa a partecipare alla santa messa. In paese sorgeva un nuovo, ma allo stesso tempo antico e oscuro tormento che minacciava le sorti di quelle famiglie.
Il sole era quasi allo zenit quando la sua luce illuminò l’unica navata della struttura religiosa, riflettendosi sugli affreschi presenti nei quattro altari laterali, dove venivano raffigurati diversi santi cattolici, uniti per infondere speranza e devozione a quel pubblico di uomini e donne seduto sulle panche di legno bruno.
I fedeli stavano in riverente silenzio ad ascoltare l’anziano parroco predicare il verbo della chiesa che pareva accrescere sempre più la propria capacità d’insinuarsi nei cuori di chi lo ascoltasse, mentre dalle pareti dell’altare maggiore, le figure affrescate di Mosè che teneva le tavole della legge e di Davide nell’intento di tornare vittorioso dalla battaglia dell’Arca dell’Alleanza, sovrastavano l’intero pubblico e il suo predicatore.
Il trambusto di passi che si percepì all’interno di quel sacro luogo comunicò il momento in cui quasi tutti i fedeli si stavano preparando per ricevere l’eucaristia, mettendosi in fila. La disperata aria che si respirava in paese faceva sì che fossero sempre di più gli uomini e le donne disposti ad avvicinarsi all’unica istituzione religiosa, partecipando alla santa messa. La chiesa era così gremita di persone che tutti i posti a sedere erano stati occupati, ma non per questo i ritardatari rinunziavano a seguire la cerimonia, rimanendo in piedi per tutta la durata della messa. I più sfortunati, invece, assistevano appoggiandosi sullo stipite in legno del portone d’ingresso, al confine di quel monumento a Dio tanto nobile quanto importante per la piccola comunità di Baghville. Durante l’omelia, il parroco li aveva esortati a non perdere le speranze e a pregare affinché la piaga che stava affliggendo il piccolo borgo venisse debellata per sempre dal santo patrono a cui era stata dedicata duecento anni prima la chiesa stessa.
La statua lignea di Saint Dominic dominava la scena, al centro dell’abside di forma circolare dove era collocato l’altare maggiore, esattamente tra i due soggetti dell’Antico Testamento, Mosè e Davide. La scultura rappresentava un frate dai capelli rasati esclusivamente sulla sommità del capo, lasciando la restante parte a costituire un cerchio di capelli, forma che comunemente viene chiamata “chierica”. Il religioso e immobile patrono di Baghville era stato immortalato nell’atto di tenere con la mano sinistra un giglio, mentre con l’altra era intento a reggere in braccio un neonato, anch’esso di legno, che a sua volta stringeva a sé un piccolo cuore.
Pare che i devoti preti che succedevano alla direzione della chiesa di Saint Dominic ritenessero opportuno, ma soprattutto rispettoso, che il taglio di capelli a forma di chierica venisse riportato anche sulla propria capigliatura. Così anche l’attuale parroco, nonostante avesse terminato da molto tempo la propria iniziazione al sacerdozio, la portava con profondo orgoglio.
«John, aiutami tu a offrire il corpo di Cristo», disse l’anziano prete.
«Sì, padre Randall», rispose servile John, l’alto e attraente giovanotto vestito interamente con una semplice tunica bianca. Prese così il calice che gli porgeva il parroco e si pose davanti all’altare.
I fedeli si misero ordinatamente in fila, spintonandosi involontariamente in quella calca variopinta di paure e speranze, aspettando il proprio turno per ricevere l’eucaristia.
Mentre l’anziano uomo inumidiva le ostie dentro il calice retto dal giovane ministrante, ogni fedele rimaneva in attesa di ricevere il corpo di Cristo dinanzi al santo patrono del piccolo paese di provincia, l’unico appiglio che permetteva di nutrire ancora speranza nel domani facendo affidamento sul fragile strumento delle proprie preghiere.
Dopo aver preso il sacramento, il silenzio accompagnava ogni fedele che tornava al proprio posto passando per uno dei corridoi laterali, accanto alle panche. Tutti loro facevano tappa su almeno uno degli affreschi che ricoprivano le pareti degli altari minori, fermandosi a dire due parole di preghiera o segnandosi con la croce dinanzi alle immagini delle figure sacre.
Soltanto una persona non volle prendere la comunione quel giorno, e non lo faceva mai nelle rare volte in cui partecipava alla messa. Si trattava di una donna dall’aria imbruttita dall’incuria, che sembrava regnare sul suo corpo e sui capi logorati dal tempo. Di sicuro i partecipanti avevano notato la sua presenza, ma nessuno ebbe l’accortezza di interessarsi a lei quando non si alzò durante la comunione, tutti erano più concentrati verso il rito della messa condotta da padre Randall.
L’unica cosa che aveva voglia di fare la misteriosa e stravagante donna era fissare quel bellissimo ragazzo che da bravo ministrante volontario aiutava il parroco. Ma lui non si accorse mai del suo sguardo, la sua attenzione era attratta dalla moltitudine di genti che riversava la propria devozione in padre Randall e sul santo patrono.
Prima che la messa finisse la donna uscì dalla chiesa per non dare troppo nell’occhio, ma avrebbe preferito rimanere lì il tempo necessario per mettere in atto ciò che aspettava ormai da anni. Invece decise, come ogni volta, di tornarsene nella sua umile casa con un nulla di fatto, non prima però di aver salutato il suo fedele amico a quattro zampe che, accucciato nella piazza poco distante dal gran portale in legno della chiesa, aspettava sempre che la messa finisse.
Quel cane randagio, grassottello, dal pelo bianco e arancio sembrava voler sempre attirare la sua attenzione. E la donna di certo non voleva perdere l’occasione di fare un po’ di coccole a quel meticcio che sembrava l’unico essere vivente in grado di capirla veramente e che non la giudicava per il suo aspetto reso imbruttito dal tempo trascorso nelle sue misere condizioni, a differenza di quella folla che, lentamente riversandosi sulla piazza, la trattava con diffidenza.
A differenza degli animali, gli esseri umani fanno l’errore di giudicare il prossimo basandosi sull’apparenza senza neanche interessarsi alla sofferenza che c’è dietro un volto devastato dagli eventi della vita.
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Pagina Ufficiale Enrico Scebba Scrittore
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