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Le nove notti di Sminteo

Oggi nella rubrica Aedifico spazio autori accolgo con piacere l’autore Joyce Conte e il suo romanzo intitolato Le nove notti di Sminteo pubblicato da Le trame di Circe.

Le nove notti di Sminteo è il romanzo in cui avviene la narrazione in forma epica delle notti e dei giorni in cui Apollo Sminteo fa calare la sua coltre oscura e fatale sull’accampamento di Agamennone e Menelao prima del conflitto a Troia. Per mano delle sue frecce ogni essere umano scoprirà cosa significano il dolore e la caducità della forza. Cosa accade agli uomini, in relazione a sé stessi ed ai loro simili, quando malattia e morte dilagano attorno senza via di fuga? Quando avviene il risveglio individuale della luce e della tenebra più feroci?

Le nove notti di Sminteo, Le trame di Circe edizioni

Trama

Eroi sopravvissuti alla volontà divina.

La forza passa e se ne va, in un soffio, sia che la vita sia vissuta in pienezza, sia che la vita si trovi a metà strada tra il respiro spezzato e l’ingordigia del dominio altrui.

Le nove notti di Sminteo è suddiviso in tre capitoli, ciascuno di tre giorni e tre notti, che si rifanno all’epica tragica; sono intervallati da tre “fabulae” sulla figura enigmatica di Apollo Sminteo, il volto oscuro di Apollo, il volto della tenebra, i cui topi sono servi.

Le nove notti di Smineto è un testo in cui la forma diretta predomina così come le parole e le azioni dei personaggi; abbiamo Ippodamia, Patroclo, Achille, Mnesileo, Calcante, Agamennone e altri, i quali agiscono secondo i loro personali principi, man mano messi a dura prova dalla pestilenza.

Riflessione critica, dal classico al contemporaneo

Oltre al carattere narrativo del romanzo, Le nove notti di Sminteo compie una rassegna antropologica sulle reazioni e le scelte umane nel momento in cui si svela tutta la fragilità vivente negli individui.

La spietata volontà di Apollo Sminteo semina paura e panico tra le fila dei soldati, come anche nelle tende di coloro che dovrebbero essere in grado di guidare gli uomini verso il superamento della pestilenza. Ma qui, nell’accampamento, nessuno pare riuscire a comprendere appieno cosa stia accadendo.

C’è chi all’impotenza, alla forza ormai svanita, risponde con la fuga, chi con il suicidio, altri con la rabbia e sacrifici, altri che invece studiano ciò che accade senza far trapelare alcuna emozione. Tra loro, qualcuno avrà l’ardire di comprendere ciò che accade? Tra loro, ci saranno individui pronti ad affrontare la pestilenza e l’ira di Sminteo? Ognuno, a modo suo, mostra alcune delle innumerevoli sfaccettature dell’agire umano.

Estratti

Estratto 1

“Autoritario era stato il monito di Calcante a cui tutti obbedirono: per un istante gli occhi ingrigiti dell’indovino incontrarono preoccupati quelli di un confuso Achille, per poi perdersi in opposte direzioni. Ma Agamennone era più interessato ad elaborar strategie di guerra, quindi non diede peso a quelle voci: si limitò a richieder i servigi del castano e posato Diomede, uno degli strateghi più sagaci della spedizione, che sapeva abilmente destreggiarsi tra scomode lotte verbali ed arruffianarsi ogni sovrano con le sue nobili maniere.”

Estratto 2

SMINTEO: “Che ne è ora delle vostre difese, insulsi predoni? Come vi sfamerete ora che vi ho privato delle prede e dei levrieri con cui cacciarne di nuove? L’impazzito Crise non conosce pace a causa vostra: corre piangente tra le rovine dei vostri saccheggi, chiamando invano il nome di Criseide, che ancor non avete restituito! Un esercito di cani siete: ringhiate prepotenti, defecando nei templi senza rispetto, vi sentite padroni di terre che non v’appartengono, ma non siete che fragili bestie in balia della caducità!”

Estratto 3

“Sbarcò in un’altra isola, in gran parte pianeggiante e colma di floreali primizie, benedetta da Afrodite che l’aveva popolata di ninfe: gli offri l’Amore d’ogni donna di quei campi se lì avesse scelto di abitare, ma avrebbe dovuto rinunciar a qualsiasi lavoro e dover, vivendo di frivolezze ed oblio. Teucro non voleva facili distrazioni, ma un obiettivo che lo impegnasse e lo facesse maturare. Si congedò dalla Dea, determinato a trovar un definitivo luogo in cui porre radici.”

Estratti da “Le nove notti di Sminteo” di Joyce Conte, Le trame di Circe© 2021, per gentile concessione.

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LA FINE DELLA FAMIGLIA DI CLAUDIA CAUTILLO

Oggi nella rubrica Aedifico spazio autori accolgo con piacere l’autrice Claudia Cautillo e il suo romanzo intitolato La fine della famiglia, pubblicato da Le trame di Circe.

La fine della famiglia è il romanzo in cui la protagonista, una lei di cui non conosciamo né il nome, né i suoi ruoli sociali, o la professione, diviene per il lettore, luogo di incontro tra la vita, la morte e la conoscenza del Sé. Ad accomunarle, oltre alla circolarità e all’inestinguibilità dialettica, vi è il sangue, che mesce, fuoriesce e si ritrae fino ai recessi profondi dell’essere umano.

La fine della famiglia Claudia Cautillo
La fine della famiglia, Claudia Cautillo, Le trame di Circe edizioni

Biografia

Claudia Cautillo (1967) Laureata in Storia e Critica del Cinema, sceneggiatrice e copy writer, pubblica su riviste online come Alibi, L’Indice dei Libri del Mese, Carie, LibriNuovi, Fronesis e altre. In particolare è una presenza costante su Flanerì, dove scrive articoli saggistici.

Con Il fuoco nudo edito nel 2016 da Edizioni Anordest è stata finalista al Premio Calvinoe e ha vinto la Menzione Speciale della Giuria del Premio Augusta.

Finalista con un racconto al Premio Giallolatino/Giallo Mondadori e con una sceneggiatura al Torino Horror Film Festival, vince lo Scriba Festivaldi Carlo Lucarelli nella sezione letteratura per ragazzi. Vive a Roma.

La fine della famiglia di Claudia Cautillo

Trama

Rinascere dall’estraneo che è in noi.

Cercare una coscienza frastagliata, spezzata, senza bordi, ma con limiti in difesa di ciò che si va cercando: sé stessi. La ricerca e l’individuazione del Sè sono argomenti che fluttuano nelle menti della persone; possono realizzarsi con fatidiche domande: chi sono io? Cos’è un io? Chi è l’io che è in me? La fine della famiglia è il tortuoso sentiero che si snoda nei panorami dell’esperienza vissuta da una lei sconosciuta al lettore a ridosso della morte del padre. Il tempo della narrazione è scandito dell’interiorità di lei, dalle sue paure, dal vissuto, dalle esperienze che richiedo la sua presenza mentale ma che lei può offrire senza dare. La storia de La fine della famiglia è variegata e ricca di personaggi e di individui che, con i loro legami di sangue, di vita e di morte creano un universo familiare immerso nel contesto culturale, sociale, storico ed emotivo, dalla fine dell’Ottocento a oggi.

La dipartita ormai prossima del padre di lei riunisce i parenti, ma il lettore inizia la storia con lei, in una Roma odierna, una lei adulta che non si svela, rimane nella maschera del mistero rifiutando ogni altro tipo di maschera: sociale, storica, politica, di genere, culturale. Una lei che vede una parte della fine della famiglia in cui è nata, ma dalla quale si è sentita esclusa per le sue peculiarità che ne hanno fatto una donna adulta con una lunga strada fatta di accettazione, sofferenza, crescita e forse, rinascita.

Protagonista è lei nelle vesti delle parti di sé stessa che ancora non conosce ma che richiedono da anni la sua più accurata attenzione. Magari, queste parti di lei sono le sue innumerevoli voci, le richieste di aiuto pregate in sé stessa e a cui, per terrore, mai si è voluto rispondere. Le sue oscurità si mostrano tetre e cacciatrici di una lei vittima e colpevole di essere sopravvissuta a sé stessa, boia e carnefice delle personalità di sé stessa che ancora sono ignote.

La spietata analisi a cui lei si sottopone riecheggia nello sguardo distaccato a cui sottopone la sua persona all’interno di una famiglia da cui si protendono le radici dell’instabilità emotiva e dell’assenza di valore che lei sta cercando per sé stessa. Lei si sente tanto alienata quanto preda del suo riflesso negli altri, ma qual è il riflesso che più la terrorizza? Testo psicanalitico e filosofico visibile nello sguardo di lei in sé stessa, profondo, altissimo, cangiante e brillante per la voglia di riscatto e rinascita.

Estratti

Estratto 1

“Ripensavo con stupore, infatti, all’importanza simbolica che all’epoca avevo attribuito a quegli adolescenti, ora donne e uomini, che non lo avrebbero mai saputo. Ma che ci potevo fare se sentivo tutto con tanta intensità, se la realtà mi vorticava addosso a tinte squillanti senza tuttavia darmela a bere, perché intuivo che la sua scrittura elementare nascondeva molto, molto di più di ciò che mostrava .Ma adesso tornavo a sentire che quell’attitudine lontana a proiettare senza filtri il mio desiderio all’esterno da me, che certamente nell’adolescenza aveva caratteristiche specifiche che ora non mi appartenevano più, non era andata persa, viveva ancora e reclamava il suo spazio. Si era trasformata, fattasi più sottile, ma sempre mi mandava il suo caratteristico richiamo.”

Estratto 2

“Adesso eravamo noi che scuotevamo la testa guardando indietro ai ragazzi più grandi, quegli stessi che si erano dati da fare per indottrinarci dietro l’una o l’altra delle due barricate. Cadeva il sacro, cadeva il mito, e noi dovevamo costruircene di nuovi e da soli. Alla fine, quello che stava succedendo all’esterno me lo ritrovavo tra le mura di casa, in famiglia, e viceversa. Era anche il periodo in cui volgevo dall’appropriarmi del mondo per mezzo del racconto che me ne facevano i grandi al guardarlo coi miei propri occhi, e il passaggio a questa diretta modalità visuale, se pure pareva coincidere piattamente con i cliché della società iconografica, mi apriva a un’immediatezza che altrimenti non avrei avuto modo di fare mia”

Estratto 3

“Io mi attiravo il sospetto e la disistima di Giovanna perché amavo i profumi francesi, soprattutto quelli dolci, e indossavo Tendresse di Cacharel. Invece delle Clarks logore e sporche mi piacevano le Superga da tennis bianche e nuove che, orrore degli orrori, a detta sua erano parioline, dunque proibite. I ragazzi di sinistra portavano le camicie fuori dai pantaloni, preferibilmente di seconda mano e non stirate, quelli di destra dentro e con la cintura che scorreva nei passanti. Bastavano capelli ben pettinati con la riga, piuttosto che barbe incolte, o portare gli occhiali da sole al posto di niente, per essere inquadrati con ferrea determinazione in una precisa ideologia. L’aspetto tragicomico di tutto ciò era che la subitanea riconoscibilità degli schieramenti rendeva pericoloso avventurarsi in quartieri di opposta tendenza politica.”

Estratti da “La fine della famiglia” di Claudia Cautillo, Le trame di Circe© 2021, per gentile concessione.

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Aedifico Estratti e Interviste

La bellezza di Loulan di Davide De Maria

Ciao a tutti e ben tornati alla rubrica Aedifico Spazio Autori!

Oggi vi parlo del libro La bellezza di Loulan di Davide De Maria attraverso l’intervista rilasciata dall’autore.

Ciao Davide e benvenuto in Aedifico spazio autori! Oggi parleremo del tuo romanzo La bellezza di Loulan, in cui si intrecciano erotismo, viaggio interiore e storie di vita. La narrazione è totalmente immersiva, permette al lettore di immedesimarsi nelle situazioni trascendenti che avvengono.

La bellezza di Loulan, Robin edizioni.

1 La Bellezza di Loulan è un libro dai tratti misterici, esistenziali ed erotici. Perché hai deciso di scriverlo in questi termini?

1. È il frutto di un lungo percorso conoscitivo. Tra i venticinque e i trent’anni il vuoto che sentivo in me sin da ragazzino si era acuito parecchio, in maniera oserei dire insostenibile. Sentivo di precipitare, di non avere un terreno solido su cui poggiare.

Sarebbe troppo lungo e complesso da spiegare come ci sono arrivato, ma in quegli anni sono finito col praticare assieme ad altri soggetti inquieti dei rituali sciamanici. Da eterno curioso quale sono, ho letto anche molti libri sull’argomento, e non solo, diciamo su tutto ciò che in qualche modo è legato alla spiritualità e all’esoterismo. È chiaro che sia un reparto, quello spirituale/esoterico, in cui vengono scritte e pubblicate anche molte sciocchezze, anzi, davvero molte, però, come in tutte le cose, basta scegliere le fonti con cura. Anche perché i culti antichi esistono, mica sono invenzioni di antropologi, e spesso le popolazioni che praticavano tali culti avevano una concezione dell’esistenza in cui si cerca davvero di “curare” il singolo individuo che soffre, e quindi d’essere sicuri di non isolare nessuno appartenente alla propria comunità. Quando invece nel quotidiano in cui siamo immersi noi (non sempre, ovvio, ma molto spesso direi), se tu hai problema ti ritrovi a sentirti ancora più solo, e per giunta col terrore di restare indietro rispetto agli altri, come se ciò costituisse una colpa e una condanna senza nessuna possibilità di redenzione. Insomma, diventi una sorta di emarginato sociale, proprio perché ti ci senti, emarginato. È una cosa che puoi ben percepire, non è suggestione, anzi, è un processo molto semplice e rapido.

La Bellezza di Loulan credo sia il frutto di quegli anni lì, quando provavo veramente troppa inquietudine esistenziale. C’erano anche attimi di quiete, certo, non voglio fare mica il martire, ma per quanto io mi sforzassi di essere appagato dalle mie fortune (che chiaramente sono molte) proprio non mi riusciva di dare un senso alle cose, alla percezione che avevo di me stesso e del futuro. Soffrivo di un bisogno doloroso di dare un senso a tutto questo. Anche ad una cosa apparentemente serena e a mio vantaggio come potrebbe essere questa intervista. Altrimenti tutto precipitava nel vuoto che sentivo dentro di me. Un vuoto che in realtà è veramente difficile, se non impossible da descrivere, se qualcuno non ha mai provato niente di simile nel profondo.

Adesso non è più così. La mia ricerca si è spenta, un po’ come è spento l’altare del fuoco descritto nel mio romanzo, che voleva riportare in vita la Bellezza con la B maiuscola, una bellezza antica che però non c’è più, proprio perché, per quanto ci si voglia credere, non c’è più nulla da fare, in quanto già morta da tempo. E c’è rassegnazione, in tutto ciò, e  disillusione, pure, se vogliamo, ma anche tanta quiete che fino a non troppi anni fa avrei detto impossibile da sperimentare, almeno per me.

2 Perché hai deciso di pubblicare la Bellezza di Loulan?

2. Io ho sempre scritto molto. Ho taccuini pieni zeppi di pensieri, aforismi, sfoghi di rabbia, poesie, annotazioni di idee. Mi sono esercitato scrivendo poesie e racconti che non pubblicherò mai. Ho scritto un romanzo dopo una dolorosa relazione finita, e ci ho impiegato più di tre anni per scriverlo e correggerlo. Mi fece molto bene, scrivere quel romanzo, ma poi mi accorsi che non ci credevo più. Non mi rappresentava più, né come stile né come voce né come tematiche. Ero diverso. Aveva esorcizzato una parte di me. E poi era troppo autobiografico. Lo considero un esercizio. Una prova. Voglio ancora bene a quel romanzo, ma non aveva nulla di spirituale, e non aveva manco molta ironia, un’arma che ho maturato nel tempo.

La Bellezza di Loulan è più breve, ma anche più completo. Non è autobiografico, ma è assolutamente intimo. Lì dentro c’è tutto di me. Forse alcune cose sono troppo abbozzate, lo ammetto, e chissà, magari un giorno ci tornerò su e lo amplierò, ma al momento va bene così. Quando ho finito di scriverlo ho capito subito che andava pubblicato. Che ero pronto ad esordire. Avevo rimandato fin troppo questo momento. Sono passati quasi due anni da quando ho cominciato a scriverlo, e al momento non mi pento di questa scelta. Mi basta aprire a caso e leggere qualche pagina, a volte anche solo una frase, per poi richiuderlo e sentirmi di nuovo sicuro di me stesso e di questa mia decisione.

So che non è un libro per tutti, e questo sotto molteplici punti di vista, ma vorrei che a tanti arrivasse. So per certo che ci sono persone che parlano la stessa lingua del protagonista, che saranno in grado di comprenderlo. Persone che si riconosceranno nel sentire dentro di loro quel vuoto e quella inquietudine, e spero che leggendo ciò che ho scritto si sentano meno sole, che avvertano nei confronti de La Bellezza di Loulan un senso di fratellanza, o quantomeno di grande affinità.

3 Quali sono stati gli elementi, oltre all’ispirazione, che ti hanno sostenuto durante la scrittura?

3. Scritture molto libere, almeno in apparenza, come quella di Bouhmil Hrabal, in grado di mettere assieme dolore e ironia, riuscendo ad essere grottesco e poetico al contempo. Poi leggevo certe cose di Thomas Bernhard, e anche certe di Roberto Bolano. Sono tutti scrittori, questi, che trasmettono, seppur in modi molto differenti tra loro, un forte senso antiaccademico nei confronti della letteratura, e anche un forte senso di libertà nei confronti degli schemi morali della società. A me piace sentirmi così, a partire dalle mie letture giovanili. Dostoevskij, Hemingway, Bukowski, Fante, la Beat Generation…

A me piace sentirmi libero, e questo tipo di letteratura mi fa sentire così più di qualsiasi altra forma artistica.

4 Quale concetto vuoi condividere con La Bellezza di Loulan?

4. Nessuno. Non credo nei concetti. Spero solo, come dicevo prima, che arrivi a qualcuno che ci si possa riconoscere, almeno un minimo, e attenuare così il proprio senso di solitudine, almeno per un po’.

5 Ci sono tre elementi che ti preme evidenziare del tuo libro? 

5. Il libro prende in considerazione vari elementi in apparente contesto tra di loro e li combina assieme in una specie di unità cosmologica. In pratica, nel corso della narrativa, si passa di continuo da una dimensione reale ad una visionaria, e viceversa. Quando ebbi quest’idea avevo il timore di non farcela, e invece sono molto soddisfatto del risultato, proprio perché non era un’operazione semplice. Attraverso vari elementi ho cercato di rendere questi passaggi il più fluidi possibili, senza forzature. Elementi a cui sono molto legato sono ad esempio il cagnolino della Chiesa di San Lorenzo a Genova, la Costellazione di Agnes e l’assuefazione chimica che può darti l’odore della pelle di una persona.

6 Il tuo stile mi ha interessata perché ci sono autori che preferiscono l’utilizzo dei dialoghi. Tu, invece, hai preferito utilizzare una forma indiretta continua insieme a una forma di flusso di coscienza. Come ti sei mosso quando hai optato per questa forma narrativa?

6. È una cosa che in realtà fanno molti scrittori, non ho certo inventato niente. Come dicevo, in quel momento stavo leggendo Hrabal, e lui fa spesso così, ma anche Bolano. Ma non sono certo gli unici. Di italiani che hanno utilizzato una forma simile mi viene in mente Tondelli. L’unica cosa che ti posso dire è che avevo deciso di dedicarmi a letture di questo tipo per fare in modo che crescesse nella mia testa una voce che fosse come un fiume in piena, e che non fosse solo la voce del mio protagonista, ma che raccogliesse in sé, nello stato delirante in cui lui si trova fin dall’inizio, anche le voci degli altri personaggi presenti nel libro. Il mio protagonista doveva trasmettere il flusso di pensieri di una persona che sta delirando, ma che allo stesso tempo sta cercando di fare chiarezza e di ricostruire i tasselli della sua vita che lo hanno portato a quel momento delicato in cui comincia il romanzo. Perché ha mezza faccia ustionata? Perché ha perso parte della memoria? È un’indagine, se vogliamo. Un’indagine su se stessi. E come in ogni indagine si prendono per certe anche false piste. Avevo bisogno di questa scorrevolezza. Per esempio, spesso mi si chiede perché non ho optato per una suddivisione in capitoletti brevi per agevolare il lettore. Be’, io in realtà scrivo quasi sempre così. Il romanzo mai pubblicato di cui parlavo prima è suddiviso in capitoli molto brevi, o comunque molto schematici. Ma non era questo il caso. Questo romanzo l’ho pianificato, specie per riuscire a gestire i salti tra il piano terreno a quello più mistico, diciamo. Ma poi quando ti metti a scrivere non puoi pianificare tutto. Devi lasciarti andare. Questo romanzo, mi sono reso conto scrivendo, andava scritto così, e in nessun’altra maniera.

7 Nelle pagine de La Bellezza di Loulan è percepibile un elemento di cui abbiamo già parlato nel post della scorsa settimana: una nostalgia di eventi passati, ma non vissuti pienamente. Questa consapevolezza come ha forgiato il contenuto del libro?

7. Penso che abbia avuto un peso molto rilevante, ma è una cosa di cui mi sto rendendo conto solo adesso, sentendo i pareri delle persone che hanno già letto il libro. Questa cosa di un passato non vissuto appieno mi tocca molto, e mi spiazza molto, pure. Credo che, nonostante il romanzo sia già scritto e pubblicato, sia una parte del mio vissuto su cui rifletterò ancora. Ecco, vedi qual è la differenza tra questo e il romanzo mai pubblicato di cui ho già parlato? Questo che ho deciso di pubblicare non tratta qualcosa di completamente esperito, ma di qualcosa che per me, anche se in piccola parte, è ancora in divenire. Insomma, anche se ho scritto di tante emozioni già superate, ancora mi ci riconosco in tutto questo, ancora sono io. Questo libro mi rappresenta, e anche se tante cose che affronto ormai le ho accantonate già da un po’, le sto ancora elaborando dentro di me.

8 Quali sono le intuizioni personali che hanno fatto crescere in te la voglia di scrivere La Bellezza di Loulan?

8. Non ci sono grandi intuizioni. Come cercavo già di spiegare, c’è solo il modo in cui ho percepito la mia vita, o almeno una parte di essa. Credo di aver scritto questo libro per pura necessità. Dopo un periodo discretamente lungo dove non scrivevo più niente, ho sentito crescere in me questo desiderio giorno dopo giorno, finché non mi sono detto: Ok, adesso non posso più rimandare, devo solo cominciare.

9 Raccontaci della dimensione in cui la bellezza di Loulan esiste.

9. È come quando sei in contatto con quella parte più profonda di te che ti dice: Sì, bravo, stai facendo bene, continua così! E questo anche se la tua parte razionale cerca di frenarti e di metterti in guardia, di dirti che così sprechi le tue energie, il tuo tempo, e che se anche provi soddisfazione a fare certe cose  per puro piacere personale, prima o poi dovrai fare i conti con le conseguenze di tutto ciò, col fatto che tutto ciò che facciamo, in un modo o nell’altro, ci tornerà indietro.

Al di là della vera Bellezza di Loulan, ossia del ritrovamento della donna millenaria che esiste per davvero, per me Lei è un simbolo. È la Musa, l’ispirazione. È ciò che percepisci quando ti senti vivo, in contatto con le tue emozioni e in perfetta sintonia con esse. Ecco, è lì che vive la Bellezza di Loulan, e anche se può essere doloroso, seguire questa voce dentro di sé, è lì che vive Lei, e da nessun’altra parte.

Ringrazio Davide per averci trasportati nella storia di sua creazione, La bellezza di Loulan. Ora bisogna solo che facciate una cosa: seguite uno dei link e scoprite la storia che si cela nelle pagine de La bellezza di Loulan!

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Lo stendardo di Giove di Emanuele Rizzardi

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Lo stendardo di Giove

Di Emanuele Rizzardi

Segnalazione

Benvenuti e bentornati su La scrivania letteraria!

Nella rubrica Aedifico spazio autori accolgo Emanuele Rizzardi con il suo terzo romanzo storico ‘Lo stendardo di Giove’, edito con Associazione Culturale Byzantion.

Estratto:  Arbogaste, Colonia Agrippina, Germania Inferiore, novembre 392.

Colonia era nata come una fortezza con il compito di presidiare il Reno, ma si era lentamente evoluta in una città ordinata ed estremamente fortificata. Le sue porte sono grandi quasi come quelle di Roma, benché non abbia nemmeno un decimo dei suoi abitanti, perché la Germania, fra tutte le province, è forse quella meno popolosa e sicuramente la meno produttiva. L’abitato ha una difesa naturale perché è custodito per un lato dal fiume, e pochi campi coltivati fanno da scudo contro l’infinita foresta selvaggia. Eugenio fu accolto molto freddamente, i cittadini erano totalmente immersi nei loro affari e l’aria era talmente gelida che pareva impossibile non battere i denti.

L’acqua era mutata in neve, così fitta che sembrava quasi soffocare i piccoli fuochi che illuminavano il palazzo del comandante, edificato all’interno di un bastione a pianta quadrata con diverse torri nere che lo rendevano simile ad una rovina stregata. Le minuscole finestre, illuminate dall’interno da una fioca luce, sembravano occhi di corvi che fissavano minacciosi. Tutto attorno c’era un secondo cerchio di mura e i presidii delle guarnigioni, avvolti nel silenzio.

«Che mura maestose per un posto così periferico», commentò Eugenio, con lo stupore di chi vede qualcosa per la prima volta. Secondo le storie, la pietra proveniva direttamente dalla Tuscia. Brigantia condivideva la medesima ammirazione, guardandosi attorno con la curiosità di una bambina. Io ero già stato in città per intere stagioni e ormai mi ero totalmente abituato a quel panorama, che reputavo noioso. «Mi piacerebbe che le fortificazioni sul confine, i Limes, fossero sufficienti. Invece ci tocca custodire le città con le mura e rintanarci qui dentro come ratti perché quei barbari bastardi riescono sistematicamente a violare il nostro perimetro sul Reno».

«Il mondo cambia, ciò che era scontato per i nostri nonni sarà un sogno per i nostri nipoti», commentò Eugenio. Quando giungemmo a parlare con il governatore, non badò minimamente all’etichetta di corte; accolse me e l’Augusto, scortati da Baduario e una ventina di scholae, sui bastioni. Fissava le selve di boschi all’orizzonte come se sperasse di notare qualche invasore spuntare all’improvviso, con aria torva e iraconda. «Lurida, schifosa feccia barbarica», mormorò, come se fosse solo. Aveva una sessantina di anni, ma ne dimostrava almeno dieci di meno, bardato per la guerra, con i capelli rasati e senza un filo di barba. Il suo volto tradiva i lineamenti tipici degli Italici, in particolare il naso vistoso e poroso, ma sapevo che sua madre era una donna della razza dei Franchi.

«Sono il Magister d’Occidente Arbogaste, insieme all’Augusto Flavio Eugenio», mi annunciai con voce tonante, ma il governatore mi degnò appena di uno sguardo, quasi la cosa non fosse importante.

©Lo stendardo di Giove, Emanuele Rizzardi, Associazione culturale Byzantion, 2021, per gentile concessione

Estratto: Brigantia, Valle del fiume Frigido, Italia, 5 settembre 394

«Arbizione, porta gli Herculiani alle spalle del nemico, come concordato. Marcomero e Sunno, che la vostra fanteria sia pronta su quel crinale e attacchi di sorpresa! Fritigerno, schierati sul lato sinistro», urlò Arbogaste, rimarcando un piano da tempo deciso. «Bah, non c’è bisogno che mi rammenti cosa devo fare», replicò Marcomero, alzando le spalle. Arbizione fece un cenno di assenso. «Obbedisco», disse Fritigerno.

«Le mie truppe sono pronte allo scontro frontale nella pianura!», urlò Richomero, allacciandosi il cappuccio. Arbogaste gli strinse il braccio in amicizia e urlò. «Mi raccomando, tieni d’occhio Sebastiano e i suoi cristiani… se ci tradiranno, sai cosa fare!» Richomero si picchiò il bastone sul palmo e se ne andò. Eugenio camminava in mezzo alle truppe, spaventato e confuso come un coniglio ferito, mi fece quasi tenerezza, anche se non ho mai smesso di odiarlo. In quel momento, il grasso Augusto era simile a me. «Ci vorrà più o meno mezz’ora per preparare l’intero esercito alla battaglia», commentò Flaviano, senza sembrare preoccupato.

Era stato l’ultimo ad uscire dalla tenda ed era scortato da un suo uomo di fiducia, di cui non rammento il nome. Aveva il volto delle persone crudeli e non parlava mai. Poco dopo, l’esercito del cristiano Teodosio si palesò con tutta la sua imponenza. Una schiera di bestie a perdita d’occhio, talmente numerosa che avrebbe prosciugato il Frigido se avesse avuto sete; i passi di quella marmaglia distruggevano l’erba e trasformavano la terra in deserto. Le insegne cristiane sfidavano l’alba, accompagnate da musica terribile e inni cristiani; era come un mare, interamente coperto di ferro, che ondeggiava verso di noi, pronto a travolgerci, ma per quanto potessero essere numerosi, noi avevamo le statue a tenere alto il morale e Arbogaste a gestire le nostre schiere. Nessun cristiano può combattere bene sotto lo stendardo di Giove, è la loro natura vigliacca che gli impedisce di essere sereni al cospetto dei Veri Dei. Quella gente osservava le statue con terrore, sgomento e io riuscivo ad assaporare il loro terrore, scagliato in alto nell’aria come il Sole… sapevano che il Fato li aveva condannati.

Prima che lo scontro iniziasse, io, Eugenio e Arbogaste andammo a cavallo nella pianura, costeggiando il fiume, soli come reietti in mezzo alle rovine, per incontrare i comandati avversari. «Non ho alcuna illusione sul fatto che vogliano darci battaglia», disse Arbogaste.

©Lo stendardo di Giove, Emanuele Rizzardi, Associazione culturale Byzantion, 2021, per gentile concessione

Trama

Anno 392

L’Impero Romano è funestato dalla pressione dei barbari oltre il confine e da terribili lotte interne tra le forze pagane e l’astro nascente del potere cristiano. I conflitti religiosi sembrano essere il centro di un’importante svolta quando l’imperatore Teodosio dichiara la messa al bando di tutti gli antichi culti, ponendo il cristianesimo come l’unica religione ammissibile.
Mentre i templi e i luoghi di potere dei pagani vengono chiusi, un gruppo di senatori decide di opporre resistenza.


Approfittando dell’improvvisa morte di Valentiniano, il sovrano d’Occidente fantoccio di Costantinopoli, i congiurati prendono il potere a Roma ed ottengono il supporto del magister Arbogaste, che comanda le legioni della Gallia; al suo fianco c’è Flavio Eugenio, uomo di palazzo di fede cristiana, ma dalle posizioni tolleranti, che rappresenta l’ultima speranza nell’imminente guerra contro Teodosio, in un crescendo di intrighi che porterà i pagani a dare un’ultima battaglia per la libertà nella gelida valle del fiume Frigido.

Biografia

Emanuele Rizzardi è un romanziere e bizantinista italiano. È nato nel 1990 e vive a Legnano, in provincia di Milano (Italia). Si è laureato all’Università Cattolica di Milano nel 2014.

Ha pubblicato “L’ultimo Paleologo” nel 2017 e una seconda edizione nel 2018. Il suo secondo romanzo è “L’usurpatore”, pubblicato nel 2020. “The Usurper” è la prima traduzione in inglese de “L’usurpatore”, uscita nello stesso anno.


Nel 2021 è uscito il nuovo romanzo “Lo stendardo di Giove”.

“Era la fine.
Niente più sacrifici rituali, niente più canti, misteri, bellezza e ordine… tutto ciò che aveva un senso era perduto, il mondo bruciava… il mondo cadeva in mano ai cristiani.”

da Lo stendardo di Giove, Emanuele Rizzardi

Scheda Libro

  • Titolo: Lo stendardo di Giove
  • Autore: Emanuele Rizzardi
  • Genere: narrativa – romanzo storico
  • Editore: Associazione Byzantion (giugno 2021)
  • N. Pagine: 417
  • Prezzo: Cartaceo 16,99€ – 2,99€ Kindle – 0,00€ K.Unlimited

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Le intuizioni in ‘La porta per lo spirito’ di Andrea Serafini

Aedifico spazio autori

La porta per lo spirito

Di Andrea Serafini

Recensione

Benvenuti o bentornati su La scrivania letteraria!

Nella rubrica Aedifico spazio autori accolgo Andrea Serafini e il suo romanzo ‘La porta per lo spirito’ edito Bookabook.

Presento con vero piacere la recensione di ‘La porta per lo spirito’!

Un romanzo la cui trama cattura subito il lettore; ricco di descrizioni e con una voce narrante possente. Mattia e i suoi amici, immersi nella storia e nelle leggende di Origo, vivranno un’avventura oltre il velo della realtà.

Recensione

Al romanzo ‘La porta per lo spirito’ ho scelto di accostare la parola intuizioni. La forma plurale ha più di un buon motivo per esserci e da essi parto per parlarvi di questa bella lettura, un romanzo adatto ai ragazzi e agli adulti.

La storia narrata ne ‘La porta per lo spirito’ parla di un ragazzo, Mattia, sulla soglia dell’età in cui si ritiene giunto il tempo di decidere cosa fare della propria vita. Mattia si è appena laureato e ha deciso di diventare assistente del professore di Sociologia, il Prof. Damiani. Nel frattempo passa le sue giornate intervallando lo studio, gli incontri con i suoi amici fidati e le premure nei confronti della zia, Marisa, la quale ha appena subito una brutta rottura sentimentale. C’è anche un aspetto molto più intrigante e misterioso che riempie i suoi giorni; questo però da anni, anzi, pressoché da sempre: dei sussurri lo accompagnato mentre passeggia per le vie della città di Origo, luogo che ha un posto prediletto nel suo cuore. Mattia, coraggioso e sempre aperto a nuove possibilità, estremamente curioso e a tratti introverso, come anche molto riflessivo, prova un certo timore reverenziale per i momenti particolari che si presentano nella sua vita.

Proprio uno di questi momenti è la catarsi che produce il nostro protagonista: Mattia il custode della voce della città di Origo, il quale viene chiamato dalla città stessa a salvarla dalle spire malefiche di un oscuro antagonista assettato di potere. Badiamo bene, non il potere violento, la forza bruta, bensì un potere meschino, che si insinua tramite il potere economico anche nelle menti di coloro che intendono in prima battuta combatterlo. Un potere che pare essere sconfinato e pieno di quella semplicità svilente che solo le tentazioni ambigue e omologanti dell’età contemporanea possono provocare.

Mi attacco al piccolo intermezzo dedicato all’antagonista per puntare l’attenzione sul gioco delle temporalità che avviene nel romanzo e che ho trovato assai originale. A mio parare l’ambientazione ha una triplice valenza temporale: passata, presente e futura. Passata perché la maggior parte delle scene è immersa in un’atmosfera antica, pregna di quel misterico che solo attraverso lo storico e il leggendario si percepisce. Presente perché comprendiamo bene che, mentre i Guardiani (compagni del Custode) e il Custode stesso sono appellativi dal sapore antico, le vicende sono narrate nel nostro momento presente e veicolano una magia immaginativa apprezzabile data la capacità dell’autore di permettere al lettore di immedesimarsi nel personaggio di Mattia. Futuro, questo è l’elemento che dipende maggiormente da una riflessione post-lettura, perché è affascinante immaginare come potrebbe divenire Origo dopo le vicende di Mattia.

Oltre alla componente temporale legata all’ambientazione, è ravvisabile un aspetto cronologico che pone a confronto il conflitto protagonista/antagonista. Nel suo contenuto originale, il conflitto Custodi e Guardiani contro Cacciatori è sempre uguale a se stesso, quindi in parte anacronistico, eppure il contenuto non si realizza se non in una forma che dipende dagli attori in gioco ed è così che acquista il suo carattere diacronico, dinamico. Quando leggiamo dei Custodi venuti prima di Mattia, subito siamo immersi in un passato in apparenza statico, molto più legato a Origo che alla vita dei Custodi stessi, ma appena le azioni si susseguono, ecco che la storia dei Custodi rivive nel nuovo custode in maniera totalmente differente, eppure sempre piena di coraggio, di ardore e di spirito di sacrificio.

Ora mi preme puntare l’attenzione su alcuni aspetti stilistici e strutturali, primo tra tutti la trama: semplice e chiara, accompagna il lettore e presenta le sottotrame senza annichilire il ritmo della narrazione. La voce narrante è in terza persona e il narratore onnisciente si palesa nei momenti in cui è ricercata una descrizione dettagliata delle ambientazioni e di alcune scene in cui, per forza di cose, Mattia e i suoi amici non sono presenti. Abbiamo così modo di sperimentare altri punti di vista, seppur in maniera indiretta, e così avere un quadro completo della situazione.

Ho apprezzato lo stile ricercato che pone in risalto gli aspetti storici della vicenda e gli aspetti psicologici dei personaggi. Alcune parti risultano godibili nonostante la discesa nei dettagli, alcuni non intimamente utili alla narrazione e la scelta di abbondare nell’utilizzo degli avverbi, come di alcuni aggettivi di valore, non inficia in maniera critica sulla lettura. Alle volte sì, sembra che il tempo rallenti e non sempre nei momenti in cui questa necessità è richiesta dalla storia, ma ciò non toglie nulla allo sforzo dell’autore di orchestrare al meglio la qualità della lettura e lo spessore quantitativo dei capitoli.

La narrazione segue i ritmi della suspense, della sorpresa, dell’avvicendamento rocambolesco; per gli amanti del genere è un piacere avere tra le mani e leggere un romanzo in cui non vi sono momenti di quiete, bensì è sempre presente la scintilla gioiosa che fa sorgere la domanda: ‘E ora cosa capiterà?’

L’amicizia è un elmento che innerva in profondità la storia del romanzo e anche la vita di Mattia. Lo troviamo subito affiancato dai suoi più cari amici: Azzurra, David, Lara e Nina. Oltre a essere amici stretti, sono colleghi universitari e lavorano per la Twin Family Foundation, associazione che aiuta la famiglie bisognose, la cui gestione è affidata al Signor Ardea, padre di Nina e Lara, nonché assessore alla cultura di Origo.

Mattia sa che può contare ciecamente su di loro e che i segreti non sono presenti nella loro amicizia; difatti impiega poco tempo per pensare se rendere partecipi i suoi amici del suo dono di Custode o meno. A primo impatto, da un punto di vista tecnico, è stato un azzardo non sfruttare la possibilità di un tale segreto per sviluppare la trama con una suspense misterica, d’altro canto la scelta dell’autore di porre in risalto non solo Mattia, ma anche gli amici, ha permesso di elevare a elementi principi la fiducia, l’affetto, il coraggio e il senso di unione e di appartenenza che si riflette pure nel momento in cui dovranno fronteggiare le malvagie schiere dei Cacciatori. Nessuna paura al loro fianco ci sono anche i Guardiani, figure immerse nella normalità, ma che svelano un lato di loro che supera di gran lunga le apparenze e ingrandisce ancora di più il fascino del romanzo.

La componente sentimentale è limpida, lineare e dischiude a un’altrettanta semplicità, mozzafiato, nel momento in cui Mattia entra in contatto con l’anima di Origo. Egli, con i suoi amici, deve salvare la fonte, l’origine primaria che sorregge all’intera città. Vi è una tale potenza, intervallata alla tenerezza, che è difficile non pensare alla pace sublime quando Mattia si lascia trasportare dall’anima di Origo.

Penso ora ai sentimenti che pervadono ‘La porta per lo spirito’, all’amore in senso ampio, con un’aspirazione all’universale e con uno sguardo alle sue particolarità. Dove lo ritrova Mattia? A Origo lo ritrova ovunque, negli anfratti delle rocce che compongono gli edifici, negli occhi dei suoi amici, nei gesti di persone che accorrono in suo aiuto, nelle scelte difficili che deve fare, nel superamento dei timori e nella consapevolezza che la realtà è relativa e molto, molto più complessa della sua materialità quotidiana.

Ebbene, questo amore si espleta in forme diverse ed è questa una delle bellezze de ‘La porta per lo spirito’: scavare, scavare e scavare fino a quando non si sono raggiunti i germogli di una gioia, di una pace e di un affetto, che superano le leggende, la storia e persino il tempo.

Trama

Origo è una città ricca di bellezze e misteri. Fra i suoi vicoli Mattia avverte uno strano respiro. Quando capisce che si tratta della voce della città insieme ai suoi quattro amici intraprende una missione pericolosa: raggiungere la Porta per lo Spirito, dov’è racchiusa l’anima di Origo. I cinque dovranno seguire il percorso che la città stessa indicherà loro, dovranno essere capaci di vedere e sentire oltre le apparenze. Ogni città dona a un ristretto numero di persone un frammento della propria anima, affinché non venga perso alcun ricordo della sua storia e la sua voce non resti inascoltata.

 

Biografia

Andrea è nato a Viterbo ed è laureato magistrale in comunicazione all’Università degli studi della Tuscia con una tesi su Quentin Tarantino e Sergio Leone. La sua passione più grande è il cinema e i libri di avventura, fantasia e mistero. Ha scritto racconti per un giornale online sulle leggende delle città italiane. La Porta per lo Spirito è il suo romanzo d’esordio.

Ama camminare tra piazze e vie delle città, assaporarne le atmosfere. Ha conosciuto il fascino di Madrid, la magia di Londra e la solarità di Barcellona. Anche se nulla può superare il sapore e la familiarità che prova per le strade della sua città preferita: Roma.

“Ogni passo lungo la strada era un centimetro in più verso quella verità.”

— La porta per lo spirito, Andrea Serafini

Scheda Libro

  • Titolo: La porta per lo spirito
  • Autore: Andrea Serafini
  • Genere: romanzo – Fantasy
  • Editore: Bookabook (giugno 2021)
  • N. Pagine: 448
  • Prezzo: 19,00€ cartaceo – 6,99€ ebook
  • ISBN: 978-8833234557

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Aedifico Recensioni

Arcani poteri in ‘Iris. Il crollo dei confini’ di Gabriele Moltrasi

Aedifico spazio autori

Iris. Il crollo dei confini

Di Gabriele Moltrasi

Recensione

Benvenuti o bentornati su La scrivania letteraria!

Nella rubrica Aedifico spazio autori accolgo Gabriele Moltrasi e il suo romanzo ‘Iris. Il crollo dei confini’ edito Bookabook.

Presento con vero piacere la recensione di ‘Iris. Il crollo dei confini’!

Le amicizie e le ancestrali differenze in Iris, il crollo dei confini, pongono i protagonisti di fronte ad ardue scelte: continuare a erigere muri oppure superare antichi limiti posti dalla paura e dall’avidità?

Recensione

Un romanzo in cui i punti di vista dei diversi protagonisti rappresentano nodi da sciogliere nell’orchestra poliedrica dei giochi di potere dei regni costituiti nella penisola di Iris.

In questa terra, in cui il passato entra in conflitto con il presente e disegna dei contorni confusi del futuro, alcuni esseri umani, gli Atian, sono dotati di un potere antico, grazie al quale possono plasmare e gestire uno degli elementi naturali. Inizialmente, come viene narrato in flashback e nelle pagine iniziali, scopriamo subito che la società edificata sulla base di un pacifico rapporto con gli Atian, prospera florida e ricca. Purtroppo però non tardano a sopraggiungere le problematiche legata all’inettitudine e alla miseria individuale: accidia, invidia, brama di potere e intrighi politici prendono il sopravvento sul benessere della società e i popoli della penisola di Iris non in grado di manipolare un elemento naturale entrano in conflitto con gli Atian, accusandoli di essere la causa di ogni male che imperversa nelle loro terre.

Il conflitto genera una ristrettezza mentale e quotidiana tale che le persone, piuttosto che cercare di comprendere, si chiudono nell’odio smisurato. La portata emotiva e bestiale del malcontento viene argutamente utilizzata dai regnanti, i quali, chi più chi meno, si vede costretto ad accettare i venti di guerra che porteranno allo scontro e alla distruzione.

Nel clima bellicoso e ormai tempestato dal caos non vi è più una regola morale o etica che possa in qualche modo risvegliare i sentimenti di umanità e di fratellanza che prima accomunavano le genti della penisola di Iris. Le uniche leggi che vigono sono quelle politiche, oppure dettate dalla necessità di sopravvivere agli infausti eventi che pare non abbiano fine. L’indolenza, i sotterfugi, l’incapacità di ripensare agli Atian come esseri umani non colpevoli, sono tre delle caratteristiche ravvisabili durante l’intera narrazione. Se, da una parte abbiamo l’inettitudine, la violenza, l’ignoranza e la codardia, dall’altra parte abbiamo i protagonisti della storia, i quali, in maniera corale, permettono una totale immersione in una realtà diversa, in cui la voglia di combattere non dipende dalla quantità di potere che si può acquisire, ma dalla giustezza delle azioni e soprattutto, vengono prese in considerazione le conseguenze, non solo per se stessi, bensì anche per gli altri, proprio per quei popoli che disprezzano gli Atian stessi.

Il primo dei protagonisti, anche colui che trova più spazio nella narrazione, è Nikrìo Hìver, Atian dell’acqua in grado di plasmare il ghiaccio, proveniente dal Regno di Liod. Il suo carattere duro e cinico, con una sfumatura di tristezza, deriva da un’infanzia dettata dalla solitudine, dal conflitto e dall’assenza di figure in grado di educarlo alla benevolenza. Se, in prima battuta appare arido, rancoroso e poco propenso alla difesa della vita altrui, la sua esistenza gli pone davanti delle sfide per le quali dovrà compiere scelte fondamentali e ribaltare così i valori e le convinzioni che gli avevano sussurrato all’orecchio quanto fosse inutile combattere per il proprio regno, Liod, e per gli altri sette regni in cui la penisola di Iris si è sfaldata dopo la guerra. Ma non solo, man mano che proseguiamo nella lettura, ci troviamo di fronte un giovane in grado di prestare aiuto, leale, degno di onore e di gloria, dotato di una ferrea forza di volontà in grado di spazzare via, letteralmente, muri e confini che i pregiudizi, il dolore e il male innervato nelle anime delle persone, avevano eretto. Nikrìo e la sua storia sono un viaggio attraverso il male, sia all’esterno che all’interno di se stesso. Tutte le dualità e le categorie che lo avevano imprigionato, vengono spazzate via con l’aiuto degli altri protagonisti e dei comprimari. Egli, insieme ai diversi personaggi, compie un percorso di sofferenza in cui viene redento dagli elementi naturali incarnati e pregni dell’antica magia che gli Atian sono in grado di manipolare.


Come per le chiamate più eroiche, Nikrìo percepisce un ancestrale richiamo che lo conduce in un regno appena sorto e dotato di una vista lungimirante sugli eventi futuri. Nikrìo si ritrova quindi ad affrontare per la prima volta la diffidenza nei confronti di un percorso che lo porterebbe su una rotta nuova, mai segnata. L’insicurezza, il timore del fallimento e la rabbia derivante dagli anni passati a maledire la vita che gli si prospettava, aprono però a una profonda riflessione sui principi che guidano la sua vita e le persone, la quale verrà condotta in tutto l’arco narrativo. La richiesta d’aiuto che si era palesata in maniera onirica e trascendente, risuona e riverbera in Nikrìo, tanto che poco dopo lo vediamo unirsi ad altri Atian che hanno risposto alla chiamata.

Qui vediamo Nikrìo alle prese con la solitudine e la differenza. Ebbene sì, egli entra in contatto con altri Atian e non sono di certo tutti in grado di plasmare l’acqua e il ghiaccio, bensì sono padroni di altri elementi, come il fuoco, i fulmini, oppure sono dei guaritori. Avrei volentieri apprezzato una digressione sulle capacità e le specifiche dei diversi Atian, per comprendere come nella penisola di Iris sia sviluppato il concetto di natura e in relazione a esso di naturale. Nikrìo decide di accettare il compito che gli viene dato e insieme ad alcuni degli Atian parte per un viaggio che lo condurrà in ogni regno, come una fiaccola portatrice di cambiamento e rinnovamento.

Trama

Nella penisola di Iris un potere arcano consente ad alcuni esseri umani, gli Atian, di entrare in contatto con gli elementi naturali, fino a comandarli e farli propri per edificare una civiltà fondata sulla prosperità. Non appena l’attenzione da parte loro cala, montano dai recessi oscuri degli umani la fame di potere che porta allo sfruttamento degli Atian per la guerra e per produrre il caos.

Nikrìo Hìver ha vent’anni, è un Atian dell’acqua e del gelo originario del Regno di Liod, uno degli otto in cui Iris si è frammentata per via dei conflitti. Malgrado e forse proprio grazie ai suoi primi anni di vita difficilissimi, Nikrìo affronta la rabbia, l’odio e il rancore, il tutto per prodursi nell’ascolto dei sussurri del suo cuore forte e coraggioso. Come il cuore anche i sogni gli parlano e una misteriosa richiesta d’aiuto lo condurrà su una strada nuova e sconosciuta, che gli offrirà l’opportunità di vivere un viaggio all’insegna dell’integrità, dell’amore e della forza di volontà.

Il seme di una rinascita è stato gettato, toccherà ora farlo germogliare.

 

Biografia

Gabriele Moltrasi, laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, nella quotidianità si occupa di affari istituzionali e regolazione dei mercati dell’energia.

Eclettico, viaggiatore per studio, lavoro e passione nei confronti del folklore dei popoli.

“Ricorda, figliolo: non puoi scegliere cosa porterai con te oltre quelle porte, ma puoi scegliere cosa lasciare alle persone che ami, ciò che ti renderà unico, eterno e parte imprescindibile del tutto.”

— Iris. Il crollo dei confini, Gabriele Moltrasi

Scheda Libro

  • Titolo: Iris. Il crollo dei confini
  • Autore: Gabriele Moltrasi
  • Genere: romanzo – Fantasy
  • Editore: Bookabook (Aprile 2021)
  • N. Pagine: 423
  • Prezzo: 19,00€ cartaceo – 6,99€ ebook
  • ISBN: 978-8833234281

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Aedifico Segnalazioni

Misteri e artisti in ‘Acero e acciaio’ di Paolo Santaniello

Aedifico spazio autori

Acero e acciaio

Di Paolo Santaniello

Segnalazione

Benvenuti o bentornati su La scrivania letteraria!

Nella rubrica Aedifico spazio autori accolgo Paolo Santaniello e il suo romanzo ‘Acero e acciaio’, edito Aporema Edizioni.

Presento con grande piacere ‘Acero e acciaio’!

Incontrerai il commento, poi passerai alla segnalazione del libro. Avrai modo di leggere tre estratti e infine scoprirai delle chicche nelle curiosità autore.

Nelle curiosità autore Paolo ci ha trasportati nei decenni di ricerche che hanno anticipato la creazione di ‘Acero e acciaio’ e non si è lasciato sfuggire la sua creatività: ha innumerevoli opere nel cassetto e in stesura!

Immergiamoci nel profumo di lavanda e nascondiamoci per le fumose vie di Londra. Misteri e artisti in ‘Acero e acciaio’ si contenderanno il primo posto nella danza tra classicismo e progressismo.

Aspirazioni, amore per l’arte, tradizioni e innovazioni sono gli elementi che fanno da filo conduttore in ‘Acero e acciaio’.

Commento

Il Progresso è argomento articolato e multiforme e richiede anni di ricerche e studi. Mantenere intatte le meraviglie culturali e le memorie dei maestri passati è altrettanto arduo. In ‘Acero e acciaio’ i personaggi si giocano i ruoli storici e di fantasia grazie all’ottima gestione della narrazione. Infatti è possibile percepire un equilibrio che accumuna le figure; un grado di avventura, tensione, comicità e mistero che viene impersonato da ognuno di loro tramite la voce individuale. I personaggi tra cui Vincent, Loui, Moreau, Cecilia e Wensley, ognuno dalle caratteristiche peculiari, collaborano, inconsapevolmente o meno, e si scontrano durante la storia della caccia al “Messia”. È semplice ed entusiasmante immedesimarsi e seguirli passo dopo passo nei luoghi e negli eventi storici che hanno segnato un’epoca.

Leggenda, realtà e originalità cavalcano l’onda dell’immaginario collettivo e delle personalità storiche presenti in ‘Acero e acciaio’. Incontriamo Vincent e la Camargue, Wensley e Londra, Paul, Parigi e la Tour Eiffel in costruzione, la quale si contende concettualmente lo spazio con il ‘Messia’ Stradivari, sia nei cuori di coloro che vivono il progresso come avventura, sia nell’animo di chi pensa che la perdita dei gusti classici sia una sconfitta.

Trama

1888. Paul, geniale pittore è a Parigi alla ricerca di un ingaggio. Il collezionista Moreau gli propone di raffigurare il ‘Messia’, Stradivari che ha rintracciato in Inghilterra, ma il pittore preferisce trasferirsi in Provenza e lavorare con Vincent, eclettico artista.

Ad Arles l’antiquario Loui si ritrova invischiato nella vicenda del ‘Messia’ e decide di inseguire il suo sogno di ricchezza, andando in Inghilterra. Sulla scena compariranno il Baronetto Wadsworth, sua nipote Cecilia e il poliziotto Wensley.

Romanzo storico ricco di colpi di scena e di personaggi che danno vita a un pot-pourri ricco di leggenda e inganni.

Biografia

Paolo Santaniello, nato a Caserta nel 1975, è docente “contrastivo” di matematica in un liceo della provincia di Napoli. Ama il cinema, la letteratura, i giochi, i diritti civili e il libero pensiero.

‘Acero e acciaio’ è il suo romanzo d’esordio.

Estratti

I

‘Il Rosso e lo Spagnolo passavano spesso per quella strada e fu facile iniziare un pedinamento. Scoprì presto che abitavano in quella casa gialla su Place Lamartine, che erano entrambi pittori e che erano fedeli ad alcune abitudini. Mise alla prova il proprio travestimento, incrociandoli una volta per strada, frontalmente, e non essendo per nulla notato o riconosciuto. Non riusciva tuttavia ad ascoltare le conversazioni: captava soltanto frasi isolate o indecifrabili.

Si era ormai quasi rassegnato ad andare a parlare a viso aperto a quei due. Avrebbe chiesto informazioni, era l’unico modo per entrare nell’affare.’

© Estratto Acero e acciaio di Paolo Santaniello, Aporema Edizioni, 2020, per gentile concessione.

II

‘Sulla facciata della stazione King’s Cross, due alte arcate a semicerchio, ai lati della torre dell’orologio, si aprivano sulle gallerie interne. Le due volte a botte sovrastavano i binari, sorrette da colonnati: grottesca parodia delle navate di una chiesa, blasfeme nel loro numero pari. L’intero complesso giaceva sotto l’intreccio di rigido sartiame in vetro e metallo della copertura architettonica, che lasciava filtrare grigiastra la luce del cielo. Moderna stalla per i cavalli d’acciaio di razza inglese.’

© Estratto Acero e acciaio di Paolo Santaniello, Aporema Edizioni, 2020, per gentile concessione.

III

‘Quindici metri sottoterra, la guardia prelevò Billy dalla cella e lo condusse, ammanettato, nella stanzetta degli interrogativi. Il prigioniero fu messo a sedere e sir Roger, seduto davanti a lui, lo squadrò; il ragazzo aveva un aspetto penoso, trascurato; i capelli spettinati ricadevano sulla fronte e sul viso cupo e inespressivo.

«Buongiorno, William; sono il baronetto Roger Wordsworth e sono qui per aiutarti.» Nessuna risposta. «Immagino che la polizia ti abbia già interrogato circo il tuo complice Reece Blackwell. Ma non m’interessa lui, a me interessa l’altro uomo.»’

© Estratto Acero e acciaio di Paolo Santaniello, Aporema Edizioni, 2020, per gentile concessione.

Approfondimenti e curiosità

La passione per le avventure e le leggende. Quando la ricerca diventa parte della storia.

Parola all’autore, Paolo Santaniello

L’idea di ‘Acero e acciaio’

Nel 1999 organizzavo giochi di narrazione con gli amici su ambientazioni storiche. Da un file .zip sopravvissuto a mille backup e ritrovato nel mio hard disk nel 2019 è nata l’idea di ‘Acero e acciaio’. Mi sono stupito di quante fonti fossi riuscito a scovare all’epoca senza usare internet, ma i buoni vecchi libri. Ho deciso di lavorare sugli appunti e sono diventati il romanzo.

In venti anni la storia ha subito una “gestazione” e nel cervello si stratificavano osservazioni tratte da un libro, un film o un’esperienza relativa all’epoca storica. Il frutto è venuto alla luce nel 2020, complice il tempo libero di un lockdown.

Quando iniziai il primo capitolo mi domandai come mai, vent’anni prima, avessi scelto il 1888 per dare inizio alla “campagna” e la risposta fu che… era l’anno ad aver scelto me! Molteplici eventi e personalità si incrociano dal 1888 al 1889 in Europa. Il divertimento consistette nell’unirli in una narrazione credibile e avvincente. È ciò che ho fatto nel libro. Divertente è l’elemento narrativo duplice e reciproco tra eventi storici e di fantasia; inverosimili tanto quanto semplici e viceversa. Nell’appendice del libro ho inserito le note relative alle verità storiche e alle invenzioni letterarie; lo stesso per i personaggi.

I personaggi di ‘Acero e acciaio’

Il romanzo è corale. Dei molti personaggi, non c’è un solo protagonista. ‘Acero e acciaio’ è un romanzo corale in cui ho disposto che ciascuno dei personaggi comparisse in quattro dei nove capitoli seguendo il metodo per cui nessuno ha la “maggioranza assoluta”.

Come nei giochi di narrazione, dove ogni personaggio è interpretato da un giocatore, il lettore ha la possibilità di scegliere il suo preferito e fare il tifo per lui fino alla fine. Alla fine però non tutti “vinceranno”.

La figura centrale è lo Stradivari detto il “Messia”, il più famoso e altrettanto sfuggevole elemento della narrazione che pare nascondere un segreto. Tutti vogliono sapere cos’ha da raccontare la sua voce.

L’autore e i progetti letterari odierni e futuri

Sono un matematico giocherellone, un “docente contrastivo” e un apprendista scrittore.  Acero e Acciaio è il mio esordio nella narrativa e in cantiere ho altri progetti: il mio secondo romanzo è in programma per fine estate 2021. Il prossimo romanzo storico, ideale prosecuzione della struttura narrativa di ‘Acero e Acciaio‘, è in preparazione: la storia si svolgerà nel 1911-1914 e prenderà le mosse dal leggendario furto della Gioconda.

Ho nel cassetto altri tre progetti “lunghi”: un romanzo ambientato negli anni Ottanta in Italia che prenderà le mosse dalle colonne sonore dell’epoca, il secondo e il terzo di un diverso tenore avviati su percorsi editoriali che non consentono di rivelare dettagli al momento.

Nell’approccio con la scrittura di un romanzo storico in particolare (“avventura storica”, un sottogenere a cavallo fra l’investigativo e l’avventuroso) ho imparato che non si può cominciare senza aver prima studiato. Non si può smettere di studiare durante la stesura, le revisioni e l’editing. È uno scoglio e il bello della sfida grazie alla quale si scoprono ulteriori elementi di arricchimento culturale. Sfruttando il capitale culturale accumulato con gli studi sull’Epoca Vittoriana mi sto dilettando in racconti gotici-horror per concorsi a tema.

Citazione scelta dall’autore

C’era quel secolo nuovo, scalpitante, così impaziente di arrivare in anticipo. C’era quel secolo vecchio, così ostinato a resistere fino all’ultimo dei suoi anni, riluttante a cedere il passo al progresso. C’era tutta quella modernità, straripante di forza sovrumana, inarrestabile, ingorda nel divorare cielo, terra e città. C’era la bellezza classica, delle arti, della storia, della gioventù. E poi c’era la primavera, che sbocciava con la piena potenza esplosiva di profumi, colori e vita. Tutte queste cose quell’anno erano a Parigi, all’Expo, l’Esposizione Universale, allestita nei giardini del Campo di Marte per celebrare i cento anni della Rivoluzione: per i Francesi e per il mondo intero, i cento anni più importanti di tutta la Storia.

da Acero e acciaio, Paolo Santaniello

“Loui annuiva, spaventatissimo. Gemme di sudore gli imperlavano la fronte sotto la fasciatura. Il dolore ancora pulsante e quella voce da serpe gli provocavano un’enorme ansia.”

da Acero e acciaio, Paolo Santaniello

Scheda Libro

  • Titolo: Acero e acciaio
  • Autore: Paolo Santaniello
  • Genere: Narrativa – romanzo storico (avventura)
  • Editore: Aporema Edizioni
  • N. Pagine: 300
  • Prezzo: 13,90€ cartaceo – 2,99€ ebook
  • ISBN: 978-8832144765

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Aedifico Segnalazioni

Marchigiane ‘Operette in marca’ di Monia Moroni

Aedifico spazio autori

Operette in marca.

Versi d’una guardiana dell’armadio di scarpe.

Di Monia Moroni

Segnalazione

Benvenuti o bentornati su La scrivania letteraria!

Nella rubrica Aedifico spazio autori accolgo Monia Moroni e la sua silloge di poesie ‘Operette in marca. Versi d’una guardiana dell’armadio di scarpe’, edito Theta Edizioni.

Presento con piacere ‘Operette in marca

Incontrerai la segnalazione, passerai al commento del libro e infine scoprirai delle chicche nelle curiosità autrice.

Nelle curiosità autrice Monia ci parlerà dei suoi progetti futuri, delle collaborazioni in corso e del suo amore per la poesia e in particolare per la figura di Giacomo Leopardi. è riuscita a mostrare la grinta e la tenacia con cui ha deciso di affrontare i suoi obiettivi e rendere reali i suoi sogni. Caparbia, audace e creatrice di spassosi personaggi nel suo romance ‘Infiltrata a nozze’.

Gli Estratti

Commento

Amore struggente per una terra lontana e personalità storiche che hanno segnato la storia e la memoria delle persone. La tenerezza delle quotidianità dell’infanzia e luoghi di cui andare orgogliosi per il valore culturale inestimabile.

In ‘Operette in marca’ l’autrice ha rinnovato le bellezze della terra marchigiana e il suo profondo legame artistico nei confronti di Giacomo Leopardi.

La musicalità delle liriche è entusiasmante e lascia trapelare intense riflessioni ed emozioni sul valore della terra natia, sull’amore per la poesia e l’arte del riscoprire se stessi attraverso l’esercizio della scrittura.

Vi è uno spirito, una voce che sussurra e che risuona in ogni lirica, rafforzata dalle figure retoriche utilizzate e che balza agli occhi e prende velocità e vigore con le rime baciate che costellano alcune delle strofe.

La storia è unita a un sentimento di rivalsa e di nostalgico affetto, le leggende innervano le tradizioni della “pancia”, del pensiero intuitivo, ma anche della furia violenta come nel componimento ’10. Piero e Sara’.

La terminologia utilizzata è preziosa e fa riferimento a una poesia leggiadra nel ritmo e avvezza alle profondità e alle complessità dell’essere umano.

Sinossi

Le leggende, i personaggi storici e magici, le tradizioni enogastronomiche, il dialetto e la selvaggia bellezza delle Marche sono racchiuse nella silloge poesie di Monia Moroni. Venticinque componimenti che si contendono lacrime e risate provenienti dal cuore. Sospiri di una terra natia amata e misteriosa.

Biografia

Monia Moroni è nata ad Ancona il 19 marzo 1973. Laureata nel 1996 come Assistente sociale, dal 2008 è impiegata postale. Nel 2002 si trasferisce in Piemonte per amore di un uomo che diverrà poi compagno di vita. Attualmente risiede con il marito, Andrea e la tenera cagnolina Bia in provincia di Asti, nel paesino di Viarigi. Fin da bambina cerca la poesia riversandola nei suoi diari. Tra i banchi di scuola la sua inclinazione eleggeva Giacomo Leopardi e tutt’oggi l’onora definendolo mentore della sua Strada data l’anima marchigiana che li accomuna.

Approfondimenti e curiosità

Il ‘pessimista’ di Recanati e le vie dell’amore marchigiano

Parola all’autrice, Monia Moroni

Amore per le Marche e Leopardi

Sono una poetessa in evoluzione e l’amore primario che mi lega a Giacomo Leopardi è indissolubile.

Nasco in Ancona, nel quartiere delle Grazie, una strada tutta in salita.

Già adolescente sentivo un’attrazione fatale per colui che tutti chiamavano “il pessimista”, ma l’amore vero è fiorito negli ultimi anni.

Non vivo più in quella salita, sono emigrata a 29 anni in Piemonte per amore di un uomo. Quel sentimento si è evoluto, ha trovato radici nel mio organismo.

L’amplificazione del sentimento è dovuta all’attaccamento che sento verso la mia terra marchigiana e Recanati in particolare è per me divenuta “la terra promessa”, il luogo dove vorrei finire in pace il resto dei miei giorni, in ammirazione dell’infinito e dell’antico mare, mio e di Giacomo.

Progetti letterari odierni e futuri

Ho quasi terminato un nuovo libro e il titolo rimane una sorpresa!

Unico indizio che posso svelare? “Grecia”.

Sono coinvolta in un progetto con altri scrittori per la creazione di un’antologia di racconti brevi che andrà in beneficenza.

Parteciperò a vari concorsi di poesia, e che Dio me la mandi buona!

“Ognuno ha facoltà d’accudire la propria follia come vuole, così lo scrivere mi largisce sollievo, assenza di gravità”

– Monia Moroni

Scheda Libro

  • Titolo: Operette in marca. Versi d’una guardiana dell’armadio di scarpe.
  • Autore: Monia Moroni
  • Genere: Silloge poetica
  • Editore: Theta edizioni (dicembre 2020)
  • N. Pagine: 57
  • Prezzo: 8,00€ cartaceo
  • ISBN: 9788894509946

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Operette in marca

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Aedifico Recensioni

Il perdono e l’oblio ne ‘Il mio passato nel tuo presente’ di Giulia Castellani

Aedifico spazio autori

Il mio passato nel tuo presente

Di Giulia Castellani

Recensione

Benvenuti o bentornati su La scrivania letteraria!

Nella rubrica Aedifico spazio autori accolgo Giulia Castellani e il suo romanzo ‘Il mio passato nel tuo presente’ edito Bertoni Editore.

Presento con vero piacere la recensione de ‘Il mio passato nel tuo presente’!

Le scelte ne Il mio passato nel tuo presente, di Giulia Castellani sono affrontate con portata distruttiva ed eversiva insieme al fascino dei segreti familiari. Oblio o perdono?

Recensione

Il perdono e l’oblio sono i due maggiori concetti con cui la narrazione de ‘Il mio passato nel tuo presente’ produce momenti di tensione.

Clarissa, la protagonista di una parte della storia, si ritrova nella scomoda situazione di conflitto tra il ritorno a casa, a Gubbio, e la voglia di rimanere salda nella vita costruita a Bologna con il fidanzato Riccardo. Da anni ha lasciato perdere una delle fonti della sua frustrazione: la famiglia, ma a discapito delle resistenze emotive, l’orgoglio di Clarissa cede e lascia il passo alla possibilità di una ricostruzione sincera dei rapporti.

Come avevo anticipato nella segnalazione, che trovi qui, Clarissa e Sara sono sorelle; la prima ha scelto di allontanarsi dal paese natio per acquisire indipendenza e libertà, mentre la seconda ha optato per seguire i suoi interessi e gli studi fino a trovare un’occupazione nell’ospedale nei pressi di Gubbio. L’allontanamento di Clarissa e Sara è stato dettato dalla distanza geografica, ma anche dalla lontananza emotiva derivante dalla differenza di carattere e personalità, elementi che hanno spinto purtroppo le due giovani donne a erigere un muro di diffidenza e silenzio. Il rapporto che Clarissa ha intenzione di sanare è anche quello con il padre, il quale è per lei uno stigma di incomprensione, passata e presente, e di rancore. Durante il suo viaggio verso il passato nel tentativo di ricostruire un presente disarmonico per edificare un futuro stabile, Clarissa è accompagnata da Riccardo, il fidanzato.

Parallelamente alla vicenda di Clarissa viene narrata la storia di un appena diciottenne Enrico, in procinto di scegliere il percorso adatto alla sua vita. Ingenuità, testardaggine, voglia di mettersi in gioco si fondono e danno origine alla scelta del giovane: scontrarsi con il volere dei genitori e scegliere in autonomia il suo percorso, fino a cambiare nazione.

La trasformazione di Clarissa è dettata in certi momenti dalle sue scelte, mentre in altri pare farsi trascinare dalla corrente come se non gliene importasse di se stessa, degli eventi e dei desidera. A tratti pare una giovane donna piena di volontà, come il padre, alle vote pare cadere nel pozzo del dolore, del vittimismo e dell’apatia.

La drammaticità che potrebbe essere stata pensata per Clarissa si produce nell’ultima fase della narrazione mentre nella prima parte, in cui vi è il conflitto tra il ritorno a casa oppure l’oblio per i doveri familiari, non è metabolizzata, né narrata e né mostrata. Pare quasi che prenda su due piedi la scelta di tornare a Gubbio nonostante la fatica e gli anni passati a costruire una carriera, una relazione e una stabile dimora per sé.

Nel caso fosse stata presente l’intenzione di produrre una scelta rapida in un contesto simile sarebbe stato ottimo, e di forte impatto durante la lettura, puntare sulla sensibilità di Clarissa, sulle paranoie, sulle preoccupazioni, sulla possibilità, seppur remota, di perdere il lavoro dati poi i risvolti successivi. Nel corso della narrazione Clarissa si è svincolata con esagerata facilità da certuni obblighi, trascinando con sé Riccardo. Un viaggio di crescita personale dalle sfumature drammatiche e liriche l’avrebbe vista partire con le sue sole forze e affrontare i doveri giunti dal passato con tutti gli ostacoli e le sofferenze a ciò connessi. Da sottolineare in Clarissa un’indolenza che fa capolino di tanto in tanto e che, qui per fortuna, è presente Riccardo a sostenere le scelte della giovane.

Dovendo fare i conti con il passato e con il presente Clarissa ricade in un turbinio dal quale ha saputo trarre di certo una sorta di verità di vita, ma dal quale non ha tratto un cambiamento per se stessa, per la sua propria persona. Clarissa è stata ferita, presa a schiaffi da tristi vicissitudini ed essa necessita di essere ascoltata, ma da parte sua, come ben viene sottolineato dalle parole della sorella Sara, sarebbe stato edificante vedere un’intenzione, una forza, sebbene sofferente, per esorcizzare e interiorizzare i dolorosi accadimenti.

Nella narrazione de ‘Il mio passato nel tuo presente’ il ritmo viene incalzato solo se necessario, come se vi fosse una sorta di freno inibitore a tirare le fila degli atti. L’espressività delle emozioni umane e la tensione narrativa sono percepite in modo nitido nella gioventù di Enrico e in Clarissa si nota non tanto nei momenti di vittoria, di crescita, quanto negli attimi di sconforto.

I luoghi della narrazione sono delineati in maniera relativa e avrebbero potuto supportare la finzione narrativa se fossero stati maggiormente descritti o approfonditi dal punto di vista dell’io narrante.

Il cuore de ‘Il mio passato nel tuo presente’ è da cercare negli interstizi delle parole per alcuni motivi. Prima di tutto la famiglia è un tasto dolente sia per Enrico che per Clarissa; meglio di chiunque altro sono riusciti a lasciare in sospeso i conflitti e a silenziare le pallottole sparate l’una contro l’altro senza il benché minimo cenno. Il tarlo del silenzio, dell’impossibilità di esprimersi per anni e anni ha demolito emotivamente Clarissa e psicologicamente Enrico; sarebbe stato interessante approfondire anche i cambiamenti nel loro comportamento e nei loro processi psico-sociali. In seconda battuta per trovare un equilibrio interiore sia Clarissa che Enrico hanno bisogno di spazi silenziosi in cui l’elemento determinante sta nella possibilità di comprendersi e di decidere secondo la propria voce. A entrambi è stato posto un bavaglio e devono riuscire a liberarsene. Terzo elemento è la similitudine nell’affrontare i problemi: a testa bassa e senza pensarci troppo, non fino in fondo almeno.

Enrico è un personaggio combattente che si può immaginare come un soldato di poche parole ma di fatti; Clarissa è simile a un fiore che avrebbe voluto sbocciare senza fuggire dalla sua terra, ma che è stato costretto a uno sradicamento che lo ha spinto, con in braccio se stesso nella sua zolla di terra, a ricostruire una nuova vita lontano dalle ombre passate.

Enrico e Clarissa sono due pianeti opposti nei cui campi gravitazionali sono entrate persone, luoghi e vicende complesse da esprimere in tutta la loro portata lirica e umana.    

Trama

Da un decennio Clarissa ha tagliato i ponti con il passato. È una giovane donna che lotta per il suo futuro. Studentessa universitaria, lavoratrice, fidanzata con Riccardo. La vita passata però, verrà a chiedere la decima al suo cuore quando scoprirà che suo padre, Enrico, è malato. A dare la notizia, la sorella Sara. Colta alla sprovvista, ma conscia che il perdono o l’oblio sono le uniche due scelte possibili, Clarissa sceglierà la prima. Abbandona Bologna, la sua nuova casa, e torna a Gubbio con Riccardo. Clarissa affronterà il suo passato e insieme anche quello di suo padre, spazio temporale di un segreto rimasto tale per trent’anni.  

Biografia

Giulia Castellani nasce a Gubbio nel 1991. Si diploma al liceo classico e frequenta la triennale di Lettere a Perugia. Consegue la specialistica all’alma mater di Bologna laureandosi in ‘Italianistica e Scienze linguistiche’. Le passioni per la lettura e la scrittura nascono durante l’infanzia.  

Nel 2010 pubblica il romanzo breve di genere fantasy ‘Il segreto di Leutra’ con Albratros, il filo.

Nel 2019 rientra tra i vincitori del concorso Racconti umbri della casa editrice Historica Edizioni con il racconto ‘Storia di un piccolo mondo Hi-Tech’.

Pubblica ‘Il mio passato nel tuo presente’, per Bertoni Editore nel novembre 2019.

A luglio 2020 apre il blog letterarioLe parole di Misaki’ dedicato alle recensioni dei libri letti.

“Ora avrebbe solo dovuto parlare con i suoi al più presto. Si sarebbero arrabbiati sicuramente. Eccome se si sarebbero arrabbiati!”

— Il mio passato nel tuo presente, Giulia Castellani

Scheda Libro

  • Titolo: Il mio passato nel tuo presente
  • Autore: Giulia Castellani
  • Genere: romanzo – narrativa contemporanea/drammatico
  • Editore: Bertoni Editore (Novembre 2019)
  • N. Pagine: 148
  • Prezzo: 16,00€ cartaceo – 3,99€ ebook
  • ISBN: 978-8855350938

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Aedifico Segnalazioni

Attimi di vita in ‘Dipinti, storie brevi di fragilità’ di Silvia Argento

Aedifico spazio autori

Dipinti,

brevi storie di fragilità.

Di Silvia Argento

Segnalazione

Benvenuti o bentornati su La scrivania letteraria!

Nella rubrica Aedifico spazio autori accolgo Silvia Argento e la sua raccolta di racconti ‘Dipinti, storie brevi di fragilità’ edito Ex Libris Edizioni.

Presento con vero piacere ‘Dipinti, brevi storie di fragilità’!

Incontrerai la segnalazione e passerai al commento del libro. Avrai modo di leggere tre estratti e infine scoprirai delle chicche nelle curiosità autrice.

Nelle curiosità autrice Silvia ha saputo trattare temi dallo spessore lirico e comprenderli con delicatezza e armonia. Le sue riflessioni e i suoi personaggi accrescono di drammaticità nei loro errori, nei difetti e scoprono la forza della fragilità: l’umanità. I moventi che soggiacciono alle avversità che i personaggi dei dieci racconti sono ravvisabili nelle piccole e grandi sofferenze umane.

Gli attimi di vita in ‘Dipinti, brevi storie di fragilità’ tingono di innumerevoli colori l’esistenza che diviene tela degli attimi inverosimili eppure reali del vissuto e umano e ne fanno un’entità cangiante.

Commento

Leyna, Giuliano, Joseph, Dimitri, ma anche Munch, Poe, Wilde, Hopper, Eco, Cicerone. I primi sono alcuni degli innumerevoli personaggi di Dipinti, brevi storie di fragilità, i secondi sono nomi che sono stati persone prima di divenire personalità storiche, filosofiche e artistiche. I primi sono un leggero tocco di pennello sulla tela della loro stessa esistenza; i secondi non sono altro che specchi e biblioteche da cui attingere per comprendere le possibilità dell’umano.

La fragilità, la realtà, il sogno di una diversità indefinibile, la sofferenza dell’ineluttabile inspiegabilità della condizione umana sono alcuni dei tratti che contraddistinguono il contenuto dei racconti di Dipinti.

La morte è la vita, si nutre di vita come la vita si svela nella sofferenza e nel dolore. L’incapacità dell’umano pare rifugiarsi in scelte sbagliate, nella staticità delle convinzioni e delle abitudini.

Il vivere e l’agire si intrecciano inesorabili seguendo le maree del tempo e il momento della perfetta bellezza della luce che illumina l’umano e dell’umano fa risaltare le crepe. L’oro si instilla nelle ferite, le lenisce, ma solo scrivendo la storia della propria vita, senza lasciarsi vivere, si realizza la fragilità dell’umano in tutta al sua possibilità performativa.

Dipinti suscita riflessioni sull’interferenza delle vite nella concezione della Vita umana, permette un approfondimento di svariati punti di vista sulla capacità dell’umano di raccontarsi e di performare l’arte, come frutto e seme dell’arte stessa.

Trama

Dipinti brevi storie di fragilità contiene dieci racconti il cui tema centrale è l’introspezione delle fragilità, debolezze e consapevolezze del nostro essere. Ogni racconto è anticipato da una citazione e da un’illustrazione originale ispirata a un dipinto. Il titolo deriva dal principio secondo il quale ogni avvenimento, ogni sensazione, ogni persona, essendo l’arte rivelatrice per eccellenza della verità, possono essere ricondotti, nella sua forma più pura, ad un dipinto o ad un libro e, in generale, ad un’opera d’arte. Il concetto di fragilità umana è assimilabile alla fragilità dei dipinti, intesi tanto come oggetti quanto come opere d’ingegno irripetibili. Le tematiche sono varie e i racconti uniscono elementi realistici a fantastici, con varie suggestioni, tra queste l’Estetismo di Oscar Wilde e la cultura egizia.

Biografia

Silvia Argento nasce nel 1997 ad Agrigento, città classica così come ai classici tendono i suoi interessi. Dopo la maturità classica consegue la Laurea Triennale in Lettere Moderne e la Magistrale in Filologia Moderna e Italianistica presso l’Università degli studi di Palermo. Sta conseguendo una seconda magistrale in Editoria e scrittura alla Sapienza.

Ha pubblicato la sua tesi di Estetica su Oscar Wilde dal titolo “Dietro lo specchio, Oscar Wilde e l’estetica del quotidiano” e la raccolta di racconti “Dipinti, brevi storie di fragilità”.

Dal 2020 è docente di lingua e letteratura italiana e latina, parallelamente è redattrice per siti, giornali e riviste tra i quali Scomodo, Il Progresso e Frammenti e ricopre il ruolo di Copywriter e di Editor per Pipool.

A Ottobre 2020 proprio con il saggio Il genere letterario del dialogo si classifica sesta nella sezione saggistica del Premio Città di Castello.

Estratti

I

“Ma mentre Lilith stava pronunciando quest’ultima fase, Seth era già sparito. Egli decise di salire dai sotterranei dove era avvenuta quella discussione così accesa e recarsi all’università per vedere se c’era qualche umano da scrutare. Lì fu attirato da una stanza che conosceva solo perché l’aveva vista nella mente di Dimitri; pensò di entrare e svagarsi un po’, dato che aveva perso l’intero pomeriggio lavorando e la sera discutendo con i suoi simili. Erano le 23. Karl stava ancora lavorando, nonostante almeno ogni due minuti si stropicciasse gli occhi mostrando stanchezza.”

©Estratto Dipinti, brevi storie di fragilità di Silvia Argento, Ex Libris Edizioni 2020, per gentile concessione.

II

“Cosa succederà? Cosa troverà? Non lo sa, ma vuole andare oltre. Ogni qualvolta aveva gridato, aveva ricevuto silenzio. Ogni qualvolta aveva osato proferire parola, aveva ricevuto soltanto un’eco. Sola. Senza niente che potesse colmare qualsiasi vuoto, ma era tutto così vuoto, che il vuoto stesso spariva, spaventato.

Ogni giorno succedeva questo, ogni giorno camminava. Una strada, solo quella, circondata da alte mura che avrebbero spaventato il gigante Golia così tanto da fargli sembrare di vedere ad ogni angolo David con mille pietre in mano.

© Estratto Dipinti, brevi storie di fragilità di Silvia Argento, Ex Libris Edizioni 2020, per gentile concessione.

III

“«Rispetto a come si sente» disse Leyna. Non voleva tenerlo sulle spine, sapeva quanto Oscar lo odiasse, perfino nei libri, la suspence gli piaceva ma lo distruggeva contemporaneamente; semplicemente temeva di ferirlo, perché di fronte al ghiaccio del suo sguardo e di quegli occhi che con la luce del Sole da verdi erano passati a blu non poteva essere indifferente, semplicemente perché quello era appunto gelo, non fuoco. Non era forza, era fragilità. Non era indifferenza, era pena.

«Anche lei dice di sentirsi come fosse… condannata a soffrire. I suoi genitori sono sempre assenti, la sorella la disprezza e non si trova bene nel posto in cui vive».”

© Estratto Dipinti, brevi storie di fragilità di Silvia Argento, Ex Libris Edizioni 2020, per gentile concessione.

Approfondimenti e curiosità

Le realtà umane si fanno arte e l’arte si tramuta in vita

Parola all’autrice, Silvia Argento

Dipinti’, l’esistenza e l’arte della fragilità

La fragilità è una qualità propria della natura stessa dell’uomo. Fin da quando veniamo al mondo impariamo che possiamo ferirci facilmente, sia dentro sia fuori. Tuttavia, nel corso della nostra vita spesso impariamo anche che bisogna nascondere quelle ferite, perché si deve essere forti. La fragilità viene vista come debolezza, come se mostrarla fosse una vergogna.

Da questo nasce la raccolta “Dipinti brevi storie di fragilità”, un lavoro in cui attraverso la metafora dell’arte viene mostrato il capolavoro più grande: la nostra capacità di essere fragili. Non dobbiamo nasconderla, anzi, dobbiamo cercare di imparare da essa e condividerla con empatia con gli altri.

Sono queste nostre debolezze, le spaccature del vetro spesso del nostro essere, a renderci umani e unici, a costruire un quadro che incorniciamo giorno dopo giorno. E l’arte non si nasconde, bensì si espone nei musei, si fa ammirare.

Estratto scelto dall’autrice

Esiste un luogo in cui si può ammirare l’infinito. Esso è costituito, come un puzzle, da vari pezzi, splendenti e magnifici quanto irraggiungibili ed a guardarlo chiunque è toccato dalla bellezza del creato e della natura. È forse il cielo di notte? No, è una piazza piena di uomini.Dipinti brevi storie di fragilità’, dal racconto “Gli umani”

Tele umane

I personaggi dei racconti vivono storie particolari e irrequiete, in cui devono convivere con la propria mutevolezza, con il frammentato trascorrere del tempo, sembrano non sapere come fuggire dalla voce nella loro testa che dice loro “non puoi farcela”. Avviene quasi per caso che alla fine possano realizzare qualcosa di se stessi e degli altri, proprio grazie al prossimo, ma anche grazie all’arte, alla letteratura e alla vita stessa. E questa vita è tutta lì, nella collettività, nella molteplicità di pensieri e fragilità. Con questi colori si dipingono tante tele che illustrano la varietà del mondo.

“Pensava al dolore, pensava al fatto che era destinato a provarlo per sempre, pensava a quella possibilità.”

Dal racconto Il diario dei condannati in ‘Dipinti, brevi storie di fragilità’ Silvia Argento

Scheda Libro

  • Titolo: Dipinti, brevi storie di fragilità
  • Autore: Silvia Argento
  • Genere: narrativa – racconti
  • Editore: Ex Libris Edizioni (Novembre 2019)
  • N. Pagine: 232
  • Prezzo: 15,00€
  • ISBN: 9788831305433

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