Una buona giornata! Oggi vi propongo gli estratti della silloge di poesie Sussurri di Alex Nardelli in campagna Crowdfunding su Bookroad
Estratti
Pagina 1
“A volte invece vorremmo omettere qualche dettaglio, ma non possiamo strappare ciò che abbiamo scritto, perché, per quanto possa far male, fa più male privarsi della verità e rimuovere ciò che siamo stati.
Dimenticare un pezzo di noi non ci aiuta.
Rileggere le pagine ancora umide di lacrime, stropicciate dal dolore e rivedere le nostre cicatrici ci ricorda la forza, il coraggio e la resilienza con ci ci siamo vestiti per poter entrare in battaglia e combattere.
Dopotutto è importante ricordare che siamo ancora qui.”
Estratti del romanzo Il nostro amore…Infinito, di Marilena Brassotti Ziello, edito S4M Edizioni. Sul blog è presente anche la segnalazione!
Per restare vivi, bisogna respirare ogni minimo di ossigeno che la vita ci offre. Godere di tutti i momenti che essa ci regala. Beati quelli che in questa vita credono ancora all’amore, che lottano ogni giorno per realizzare i loro sogni, le loro ambizioni! Che credono nello spirito della loro passione. Che inseguono ancora un angelo maledettamente innocente come l’amore!
Beati quelli che hanno ancora ideali da seguire, in questa società sbagliata a disumana. Beati quelli che ogni giorno riescono a concedersi alcuni attimi per assaporare l’alba o per stringere qualcuno dinanzi a un tramonto.
Beati quelli che non mentono e non si vergognano di amare e rivelare il loro amore, di sentirsi perdutamente innamorati di qualcuno…loro custodiscono tra le mani il segreto per vivere profondamente. Perché se oggi credete che l’amore vi leghi, non fate altro che legarvi con la vostre convinzioni, le vostre stesse paure.
Beati quelli che preferiscono verità libere alle menzogne, che ormai distruggono ogni cosa tocchino. Beati quelli che amano qualcuno ma non lo confesseranno mai, soprattutto loro… Vivono il dolce gusto di un dolore… Perché talvolta, per proteggere l’amore, si rende necessario negarlo.
Beati quelli che vedete passeggiare da soli, che guardano gli innamorati e si dicono: “No, io così mai!” e poi nelle notti più scure, quando la vita fa davvero paura sperano in un abbraccio, in una donna che li ami e in fondo… Sì, magari ci sperano anche che l’amore arrivi, che tolga tutta quella sete, che dia tutta quella forza che a volte manca. Essere da soli ci rende autosufficienti. Essere in due… Rende il viaggio più spettacolare.
I peggiori sognatori del mondo, i più caparbi, quelli più convinti… Sono quelli che non lo ammetteranno mai.
C’è sempre una storia pronta a sbocciare dalla crepa di una strada asfaltata. C’è sempre qualcuno che anche se non voleva, se aveva giurato di non innamorarsi o di non innamorarsi mai più, tornerà ad amare! Ad assaporare nuove labbra, a respirare nuovi profumi, ad eccitarsi come un bambino al tocco della mano di una donna. Sentirà nuovamente il cuore battere forte nel petto, quasi a voler uscire dalla gabbia toracica. L’amore cammina tra i marciapiedi di un giorno distratto.
Siamo genuini, sconsiderati. Orgogliosi.
Siamo come una tempesta di sabbia scatenata dallo Scirocco e ci calmiamo alla carezza rovente del sole. A volte viviamo di pericoli per il gusto di assaporare pura adrenalina. Siamo nati per vivere di attimi, per godere di momenti, per cibarci di emozioni. Talvolta moriamo di delusioni, ma siamo nati anche per amare!
Siamo la generazione X, quella a cui nulla fa paura, ma tutto… Tutto può metterci a dura prova. Siamo realisti per non scontrarci con la delusione dell’irrealizzabile ma sappiamo anche perderci nel nostro animo sognatore. Abbiamo paura che mostrando le nostre virtù in pubblico, il mondo possa considerarci deboli. Questo basta a giustificarci…Forse.
Il rimbombo del nome di chi l’aveva portata via diede così tanta rabbia a Valerio che prese quella maglietta dal letto, con disegnato sul petto l’orsetto dei cartoni animati che tanto piaceva a lei e la strappò. Spietato. La guardò tra le mani divisa in due e poi ritornò a guardare la valigia aperta sul letto.
Doveva terminare le valigie, tra poche ore sarebbe partito per le vacanze estive ma… Non sarebbe più ritornato a casa a settembre. Sarebbe rimasto a casa degli zii almeno fino a quando non sarebbe riuscito a mantenersi dal solo in quel paesino dove abitavano loro, meta di molto turismo. Avrebbe avviato un’attività con l’aiuto di suo zio, perché ormai aveva iniziato a programmare la sua vita.
Valerio era pronto, deciso, sicuro a realizzare i suoi sogni in qual posto incantato che sperava gli avrebbe cambiato la vita, facendogli dimenticare il ragazzo scapestrato che era stato e soprattutto doveva fargli dimenticare Eleonora. Doveva restare lì…Legata al ricordo del suo paesino, al suo Dino, al suo passato.
Estratti di Oltre il coraggio, di Martina Laniero, edito S4M Edizioni. Sul blog troverete la segnalazione!
“Sicuramente è difficile poter dire che una persona possa cambiare totalmente la sua vita. Le persone non cambiano, semplicemente migliorano. Era questo che desideravo fare io, migliorarlo e riuscire a tirare fuori la sua parte migliore. Lui era paura, tenerezza, protezione, aggressività, ma soprattutto lui era amore. Forse avrei potuto lasciar perdere tutto o forse no. Forse avrei potuto lasciarlo andare subito o forse no. Erano tante le incertezze che mi procurava, perché una come me, abituata a tutte le certezze di questo mondo, non riusciva a gestire invece questa insicurezza che sembrava aver preso la mia vita.”
“Mi lasciai guidare dai miei pensieri e non mi accorsi che le chiavi stavano ancora nel taschino posteriore. Inoltre faceva freddo e l’unico mio pensiero era quello di tornare a casa e festeggiare come si doveva. Lo pensavo, ma stavo ancora cercando le chiavi. Finalmente le trovai e aprii la porta. Dopodiché sentii dei passi veloci venire nella mia direzione per cui mi girai e spalancai gli occhi proprio nel momento in cui qualcuno mi finì praticamente addosso. Ci scontrammo e io feci un respiro profondo. Profondo perché una come me, che non aveva pazienza, era quasi pronta per staccargliene quattro, ma invece mi bloccai. Stetti zitta. Zitta perché, punto primo, mi accorsi che era il viso di una ragazza giovane, secondo perché leggevo la paura nei suoi occhi. Quindi invece di preoccuparmi dell’incidente di poco prima, mi concentrai meglio sul suo viso.”
“Appena varcai la porta di casa lanciai borsetta e chiavi sul divano e mi precipitai verso il computer. Lo accesi e andai sulla Stampa. Diedi un piccolo bacio alla mia palla di pelo, Stellina e poi aprii e cominciai a spulciare qualche notizia che mi potesse portare a lei ma niente. Si parlava di politica, di calcio, di cronaca, ma nulla su quella ragazza. Così per distrarmi cucinai, guardai un film e mi rilassai sul divano. Ormai esausta andai a letto, ma prima di chiudere gli occhi ripensai a lei e un brivido salì lungo la schiena.”
Estratti dal romanzo Tornerà primavera di Marilena Brassotti Ziello, edito S4M Edizioni. Trovi la segnalazione qui!
“Sussurri”
Notte. Notte di stelle e di caldo soffocante. Notte di Luglio, precisante settecentotrenta giorni dopo. Chissà perché questa notte riesco a ricordare. A pensare senza soffrire. In fondo credo che prima o poi arrivi per tutti il momento in cui i ricordi del cuore cessano di far male. Questa notte mi dona la sua clemenza. Dalla terrazza di casa mia è proprio bello vedere la luna e le stelle riflettersi sul mantello calmo del mare.
Mi sta perfino compiacendo, il mare. Se ne resta in silenzio sul suo letto, senza disturbare il viaggiare dei miei pensieri.
Lascia che io ricordi. Sono settecentotrenta giorni dalla fine della mia storia con lui. Settecentotrenta che a contarli, a riviverli, mi sento così fragile ai sussurri dell’anima.
Questa notte è talmente bella quanto spietata. Potrei smettere di ricordare, cercare di difendermi da tutte le immagini che riaffiorano. Ma a cosa servirebbe? Non è forse vero che nel momento in cui cerchi di non ricordare, stai già ricordando?
Ma alcune storie, per quanto intense possano essere non durano che un’estate o qualche mese in più. O magari non ricordo bene quanto tempo avesse rubato alla mia vita, quell’amore. Un anno, un anno della mia vita, credo. Che strano riuscire a pensare a tutto questo in modo quasi scostante. Ho praticamente un’agenda piena di pensieri e di sfoghi che scrivo di tanto in tanto, mentre sono in viaggio per lavoro. Armata della consapevolezza di raccontare a un foglio un pensiero, un po’ di me, traccio segni spesso con rabbia, contro un destino sbagliato. Anche contro me stessa, continuando a ripercorrere la mia storia d’amore con lui. Ci sono milioni di pensieri da rimettere in ordine e milioni di colpe, che mi attribuisco, da cancellare.
Rimanemmo sedute a lungo sotto quella torre, mentre guardavamo il cielo all’orizzonte e il suo incontro con il mare. La mia rabbia svanì a cavallo delle nubi. Elisa si appoggiò alla mia spalla e sembrava turbata e triste da quel racconto. Era un misto di emozioni, un po’ come me, che ormai sapevo di aver avuto il coraggio di lasciar andare una parte di me che non riuscivo a cacciare via. Tutta la mia storia era rimasta chiusa in quel regalo. Quel cerchietto di metallo prezioso che alla fine aveva rappresentato un valore superiore al nostro amore, svenduto e rivalutato. Avevo lanciato tutta la mia rabbia tra le onde del mare, che l’avevano ingoiata. Iniziavo a calmarmi. Anche se triste, era quella la verità.
Alle diciotto e trenta io ed Elisa passeggiavamo in spiaggia. Lontane da quella torre. Ogni tanto la vedevo alzare la testa e guardarla. Rimaneva in silenzio di fianco a me. Poi a un tratto la sua voce spezzò il rumore delle onde.
Mi ci è voluta una vita per poter capire, una vita per poter accettare quella che sono, e adesso, nessuno può togliermi il traguardo che mi sono conquistata. Nessuno!
È una triste giornata di sole questa, una di quelle giornate in cui certamente chiunque preferirebbe starsene al mare, all’aria aperta a festeggiare con gli amici, con il partner, con la famiglia.
Eppure io no!
Io sono qui da sola, lontana da tutti.
Sarebbe pure una giornata felice questa, piena di luce; una di quelle da non dimenticare e in cui bisogna festeggiare a tutti i costi. Eppure per me c’è solo tanta malinconia dietro questo splendore infinito.
Sono felice, è vero, felice di aver raggiunto un tanto ambito traguardo. Uno dei primi raggiunti nella mia vita. E a modo mio sto facendo onore a questo primo arrivo; mi sono concessa un viaggio: tre mesi in Egitto, tutto compreso, che altro si può desiderare?
Ma diciamo la verità: sono scappata via da tutto e da tutti per questa mia tanto ambita indipendenza e agognata voglia d’essere felice anche da sola. Mi sono dileguata da quell’aula – l’aula magna dell’ateneo dove ho discusso la mia tesi – poco dopo aver ricevuto i risultati finali degli esami; non appena ho saputo di aver raggiunto il tanto a lungo desiderato premio di questi tre lunghi anni di sacrifici; impegnati più a studiare che a farmi una vita.
Adesso sono qui, che guardo il sole all’orizzonte e socchiudo gli occhi per un lungo attimo, inspirando più che posso l’aria tersa e afosa del mattino, consapevole che per parecchio tempo, non sentirò più gli stessi odori e le stesse sensazioni regalatemi da questa parte del mondo.
Città del Ponte, sabato 28 settembre 2013
Sono già le undici di sera ed io, Monica e Bianca – la mie amiche dirimpettaie – attendiamo Luca e Claudio che ci verranno a prendere con l’auto di Luca: una lancia Ypsilon blu. Un’auto piccola ma dai rivestimenti sportivi, proprio come piace a certi ragazzi. E poi Luca solo quella poteva permettersi, di seconda mano per giunta.
Finalmente suonano al citofono e scendiamo in strada. Dopo i saluti di rito saliamo in auto e ci dirigiamo al nostro solito pub: “Il Gabbiano”.
Quest’estate ci abbiamo fatto il covo qui, noi tre. Giacché le due si erano appena interessate ai loro attuali boys e non smettevano di correre loro dietro un attimo, cercando ogni occasione possibile per incrociare il loro cammino.
Guardo ancora dinanzi a me e mentre sento l’ennesima chiamata agli altoparlanti, per l’ennesimo volo in arrivo o in partenza, solo ora mi accorgo dei diversi aerei in fase di atterraggio o in allontanamento verso i cieli, cosa a cui non aveva ancora fatto caso, nonostante sia qui già da un paio d’ore.
E visto che ho anche spento il mio cellulare appena arrivata, per evitare qualsiasi distrazione del mondo esterno, avevo perso quasi del tutto la cognizione del tempo.
Ho voluto evitare a tutti i costi di far sapere ad altri la mia attuale ubicazione, così almeno nessuno dei miei cari mi avrebbe potuta dissuadere del partire così presto.
In realtà, sanno tutti che ho un volo tra circa sei giorni; non credo dunque che riusciranno a scovarmi fin qui.
Estratti dal romanzo di Marilena Brassotti Ziello, intitolato Come te…Nessuno al mondo, edito S4M Edizioni. Qui sul blog è presente la segnalazione del romanzo.
“I Sogni”
Primo Luglio. Tempo instabile. Umore a terra. La pioggia cadeva lungo i vetri e quasi mi uccideva il cuore, che cercava ancora di riemergere dall’oceano interiore che avevano creato le mie lacrime, quelle lacrime per te, per quell’amore che non hai apprezzato, che hai torturato, e che piange. Quanto amore abbiamo dentro di noi, quanto ancora ce ne rimane…”Io ti odio”…ti odio Luca, e se riesco a dirlo ad alta voce senza farmi male vuol dire che è così, o probabilmente è solo il rancore, altrimenti a cosa servirebbero queste lacrime che mi rigano il viso? A cosa servirebbe combattere contro il più temibile mostro del mondo? Il ricordo. Devo combattere ogni giorno, ogni attimo senza mai abbassare la guardia e lasciare che i ricordi mi ingoino, lasciare che il male che mi provocano si faccia sentire dentro di me. No, non posso. Tu non lo meriti Luca! Non meriti una sola lacrima che mi sgorga dagli occhi. Luca. Luca. Come hai potuto? Come hai potuto vendermi il tuo sciocco amore? Come hai potuto baciare un’altra? una che non fossi io? Non avresti potuto lasciare prima me e poi consolarti da lei? Che senso aveva?
Stare con me e con lei?! Che sciocca a credere tutto ciò che mi dicevi, a quelle parole che mi sussurravi dolcemente, a credere nei tuoi occhi, scuri, profondi. Come ho potuto? Come ho potuto subire le tue sbandate? E lasciar credere al mio cuore che fosse amore?!…Ma cos’è l’amore? È quello delle favole? Quello di Cenerentola che ancor prima di vedere il suo bel principe se già quasi per certa che il principe sceglierà la più bella e la amerà, nelle favole l’amore dura per sempre, le darà tanto amore e sarà per sempre, per sempre. A volte pronunciamo questa parola senza capirne fino in fondo il significato, per sempre vuol dire per sempre, come mi ripetevi tu Luca, per sempre significa amare una persona per sempre, starle accanto ogni giorno della vita, ma come ho potuto crederci? No. Non voglio, voglio credere ancora che l’amore possa esistere, anche se il mio cuore mi dice, mi implora, di lasciarlo in pace.
Perché il sorriso allontana la tristezza, ed io non voglio mai più lasciare che qualcuno o qualcosa uccidano il mio sorriso; la vita è troppo crudele di per sé per lasciare che intristisca i nostri giorni, che ogni suo minimo problema ci porti via il sorriso dalle labbra.
Poesie scelte dalla raccolta di Laura Piras,intitolata Un(a) Po’…e sia!, edita S4M Edizioni. Trovi qui la segnalazione e in fondo all’articolo i link utili per ottenere Un(a) Po’…e sia! e per trovare l’autrice sui social.
Il romanzo di Vincenzo Raco in pillole: gli estratti scelti! Il romanzo è edito S4M Edizioni e puoi trovare qui la segnalazione! In fondo all’articolo ho segnalato i link per trovare Hellville e il collegamento diretto alla pagina Autore!
Rare volte riusciamo a trovare il modo di percorrere i sentieri della nostra mente e del nostro spirito. Rare volte riusciamo a trovare la forza per affrontare la quotidianità e armarci della lucidità e della saggezza necessarie a distoglierci dalla morbosità di una vita che spinge ad essere ipocriti, schiavi del perbenismo e delle apparenze…
Non è semplice. Non lo è soprattutto dopo aver toccato il fondo senza aver ben compreso come, e continuiamo a restare immersi nel mare dell’insoddisfazione del malessere. A quel punto tutto diventa maledettamente complicato, soprattutto pensare di venirne fuori, trovano ancora la forza di guardare con fiducia dentro se stessi, in modo da fare il punto della proprio vita in maniera obiettiva.
Pensando alla propria vita spesso ci si chiede se è misera, vuota, appagante, se effettivamente si tratti di una vita vissuta al massimo delle proprie possibilità, se abbiamo ricevuto da esse il massimo delle soddisfazioni. Ma ancora più spesso ci si chiede se avendo la possibilità di cambiarne qualcosa troveremmo effettivamente il coraggio per farlo, senza rischiare da cadere nuovamente nell’errore di ancorarci al passato, ripetendo noi stessi all’infinito, persi nell’eterno ritorno.
Qual giorno Billie stava facendo il punto della situazione; qualcosa per un ragazzo poco più che adolescente poteva apparire come subdolo, insensato, veramente triste. Ma nonostante tutto il ragazzo rifletteva, e viaggiando con la sua mente cercava di rifugiarsi in una realtà parallela per cercare di sfuggire a quella che viveva ogni giorno, una realtà terribile e insopportabile. Era convinto che isolarsi fosse la soluzione.
Era finita da poco la Seconda Guerra Mondiale e con l’Europa completamente distrutta dalla guerra, Stuart aveva deciso di migrare verso l’America in cerca di fortuna. Riuscì a trovarla, e quando ebbe abbastanza denaro comprò un pezzo di terra proprio a Hellville, costruendo così la propria casa. Con la costruzione dei vari ambienti fu anche la volta del garage. Era molto largo, spazioso, con gli scatoloni e le varie cianfrusaglie messe ben in ordine, così in ordine da ricordare la domenica mattina, quando Stuart metteva su la camicia pulita, ben stirata, la giacca nuova e la cravatta scura, poi scendeva al piano di sotto, baciava sua moglie e sorseggiava il suo caffè leggendo il giornale prima di andare a messa, dove puntualmente avrebbe ascoltato ogni genere d’infamia ora su questo ora su quello, poiché anche la messa della domenica faceva parte di una logica marcia ad Hellville, di un maledetto equilibrio costruito sulla degenerazione e sul vizio.
Ma il garage no. Quel luogo sapeva di felicità, e quel sapore era così insistente che avrebbe potuto convincere chiunque fosse entrato lì dentro anche per un solo minuto che il mondo non sarebbe mai finito e che tutto sarebbe rimasto in quel modo, eternamente perfetto.
Billie era nuovamente a “casa”. La solita estate all’insegna del nervosismo e del disagio era lì ad attenderlo. Nonostante tutto però, anche se costretto a tornare a “casa”, c’era una piccola ma fondamentale nota positiva: si trattava di Jane. I due continuarono a tenersi in contatto e a vedersi, un aspetto che aveva reso al ragazzo un po’ meno pesante rientrare a Hellville.
Oltre a Jane, c’erano anche i suoi compagni, con i quali di tanto in tanto organizzava della scampagnate, o si riunivano per andare a ballare, e cose del genere. Già. Billie ora aveva degli amici, un’alternativa per andare via da Hellville in qualsiasi momento. Certo ci sarebbe dovuto tornare, ma in quel modo il disagio risultava essere meno soffocante per lui.
La cose con Jane andavano a gonfie vele, ma nonostante il vento soffi e la vele siano spiegate, ciò non significa che la nave non posso naufragare…
Jane era davvero una ragazza straordinaria, e uno dei suoi talenti più grandi era quello di scrivere. Era parte integrante della sua vita, e ci si dedicava anima e corpo.
Estratti dal romanzo Le nove vergini, di Valeria Nitto edito S4M Edizioni. Trovi la segnalazione del romanzo sempre qui sul blog e in fondo all’articolo troverai tutti i link utili per trovare Le nove verginie i link social dell’autrice.
Prologo Siracusa 1835
Affanno. Il battito del mio cuore e l’assenza di aria mi fecero vacillare per un istante. Non dovevo fermarmi. Non potevo. Ero una traditrice, un essere vile, degna di divenire cibo per cani rabbiosi.
Eppure, la voce dentro di me mi aveva gridato di lasciar perdere, che sabotare il rito avrebbe riversato su di me sguardi di odio e insaziabile vendetta.
Ma io, l’avevo respinta, segregata in un angolo della mia mente cercando di far prevalere il cuore.
Un cuore che aveva condiviso gioia e passione con loro. Con chi chiamavo “sorella” e le stringevo forte la mano senza il sospetto che un giorno, tutto questo sarebbe cambiato per una mia scelta.
Una scelta ardua, che mi aveva spezzata in due, voltando le spalle a tutto ciò in cui avevo creduto fino a quel momento.
Non potevo certo prevedere dove saremmo arrivati quando, anni prima, presi la decisione di farne parte. Rimasi incantata dalle lunghe serate di puro divertimento, dove permettevamo ai nostri desideri più reconditi di librarsi nell’aria, spezzando le catene che li tenevano imprigionati.
Tutto svaniva, lasciando sfogo alla spensieratezza. Null’altro. Ed io ero felice. Felice per essere stata scelta e far parte di qualcosa di speciale, di raro che tutte le ragazze del villaggio desideravano.
E chissà per quale motivo, avevano indicato proprio me.
Giunsi dinanzi a una porta e bussai con foga fino a quando non venne aperta. Mi fiondai dentro come una pazza. Non c’era più tempo.
«Perché sei venuta?»
Il ragazzo che avevo incontrato un giorno, quasi per caso. Che scuoteva i riccioli ogni volta che sogghignava a ogni mia battuta, i cui occhi verdi brillavano quando cercavano i miei, mi strinse tra le braccia.
«Ti ho mentito», ero rimasta senza fiato. «Io ti amo.»
Sigillai le mie parole con un bacio, intenso, passionale.
«Mi hanno costretto a mentirti, tu invece, mi hai aperto gli occhi.»
«Non ti daranno mai la tua libertà.»
Un nitrire di cavalli proveniente dalla strada mi fece trasalire. «Andiamo via», gli dissi e senza aspettare una qualsiasi reazioni, lo trascinai con me.
«Qui!» Mi consigliò un’uscita secondaria.
«Dove hai nascosto gli oggetti sacri? Diccelo!»
L’ordine tuonò. Da colei che mi aveva introdotta alla ninfe. Che mi aveva fatto credere di essere nel giusto, di vivere alla ricerca della purificazione. Si, ma a quale prezzo? Ciò che mi chiedeva era troppo e l’amore che mi aveva pervaso per quel ragazzo così dolce, sensibile e buono mi aveva dato da pensare. Ero arrivata alla conclusione che quella non era altro che una setta ed io non volevo farne parte. Non volevo nemmeno che potessero riuscire un giorno nel loro intento così, armata del coraggio che solo l’amore poteva darmi, avevo nascosto lo specchio e la maschera, gli oggetti sacri.
Senza quelli, nemmeno la magia di cui erano dotate le seguaci avrebbe permesso loro di compiere il rito. E loro, in quel momento, dovevano odiarmi con tutte loro stesse.
Non solo aveva disertato, ma avevo sottratto qualcosa di insostituibile.
«Preparati, perché stiamo venendo a prenderti e sta’ tranquilla: sotto tortura, parlerai.»
Quelle ragazze mi avevano insegnato tutto. Le arti mistiche, come sviluppare il mio dono. La preveggenza era complicata da gestire.
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