La Scrivania Letteraria

Categorie
Fervore

Intervista per la raccolta di racconti Fervore a cura del salotto letterario Libristi Anonimi

Logo Libristi Anonimi
Intervista Giulia Coppa Scrittrice
Libro raccolta Racconti Fervore
Giulia Coppa e raccolta di racconti Fervore, sull’ironia e l”imprevedibilità – Logo Libristi Anonimi, Miart Graphics

Oggi vi propongo la lettura dell’intervista rilasciata per Libristi Anonimi. Abbiamo parlato della mia raccolta di racconti Fervore, sull’ironia e l’imprevedibilità, di consigli per aspiranti scrittori e dei miei progetti letterari presenti e futuri.

Da chi è formato il team Libristi Anonimi? Sono tre ragazze, Martina, Laura e Marika con tanta passione per i libri, la scrittura, la lettura e le opere di scrittori emergenti. Per ora le trovate su IG e vi lascio QUI il link al profilo LIBRISTI ANONIMI. Il format che propongono mi ha subito entusiasmata: un post dedicato all’opera dell’autore e subito dopo un post dedicato all’intervista. Inoltre si occupano di condividere informazioni relative all’editoria e delle tips utili per orientarsi nel caotico mondo della promozione online di libri. Come potrete dedurre, le ammiro per l’impegno rivolto alla creazione del loro Salotto Letterario!

Qui di seguito l’intervista. Buona lettura!

Intervista a Giulia Coppa da parte di Libristi Anonimi

© Libristi Anonimi, gennaio 2021, per gentile concessione

1 – Ciao Giulia, benvenuta nel nostro “salottino” di Libristi Anonimi! Iniziamo subito con qualche domanda generica, per scaldarci: come nasce la tua passione per la scrittura? Quando hai iniziato?

Ciao ragazze! Prima di tutto vi ringrazio per avermi invitata nel vostro “salottino”. Grazie Martina, Laura e Marika. Bene! Scaldiamoci! La mia passione per la scrittura nasce durante la terza infanzia. Non è iniziata appena ho avuto la prima Pelikan in mano, ma dopo un paio di anni destreggiandomi con la Lettera 35 della mamma. Ho scritto delle poesie tanto tenere, in rima baciata, che ripensandoci mi fanno sorridere. Il primo cambiamento nel mio approccio alla scrittura è avvenuto verso i quattordici anni; armata di un’estate senza impegni e del computer fisso di casa ho scritto un paio di pagine che si sono trasformate in un manoscritto tuttora in stesura. La prima esperienza di scrittura senza l’intenzione di una pubblicazione mi ha fatto subito capire come scrivere sia un continuo incontro tra la creatività e l’impegno costante. La prima pubblicazione risalente al 2017, il primo volume de La gloria del sangue, mi ha mostrato l’importanza del rigore e della disciplina, elementi poco presenti, a parer mio, nella mia prima opera, ma non di certo assenti nelle successive.

2 – Finora hai pubblicato quattro libri abbastanza diversi tra loro: due romanzi fantasy, una silloge poetica e una raccolta di racconti. Cosa ti attira di ciascuno di questi generi? Tra di essi ce ne è uno che prediligi e ami di più?

L’arte come impressione di un’essenza ha infinite forme di espressione e anche le parole, appartenenti al genere umano come forme di comunicazione e poi in qualità di  forme d’arte per un’aspirazione estetica, chiedono in quale forme essere veicolate in base a come la persona, autrice dell’opera, chiede alla storia, alla fantasia, al pensiero e ai sentimenti di esprimersi. Non avrei mai potuto trasmettere le emozioni della protagonista de La gloria del sangue Alessia in una poesia o in un racconto; la prima perché slegata dalla forma del romanzo e il secondo perché una narrazione breve avrebbe richiesto una compressione esagerata del personaggio sul piano narrativo. Prediligo un genere piuttosto che gli altri in prima battuta per l’elemento nei confronti del quale provo una volontà di trasmissione, di condivisione e di narrazione e in seconda battuta per la proprietà estetica ed espressiva del genere stesso.

3 – Ho letto “Fervore. Sull’ironia e imprevedibilità” e mi è piaciuto davvero moltissimo. Confesso che il mio racconto preferito è “L’amore improprio delle tre essenze” ma mi piace moltissimo anche “Aleo e Meridia”. Ti va di approfondire un poco queste due storie? Tu, invece, ne hai una preferita?

Parto dall’ultima domanda che mi hai posto. Fervore è nato una mattina in un bar in cui c’erano due persone ubriache fradice. Le ho osservate giusto un momento, ma è bastato per pormi la domanda: perché la mia vita ha incrociato le loro esistenze? Per scrivere Candeggio! ho esclamato una sera, mesi dopo l’evento, dopo aver scritto il racconto. L’amore improprio delle tre essenze è un racconto di cui ho deciso di intraprenderne la scrittura dopo aver pensato a cosa significhi la locuzione verbale “mettere a tacere” in qualità di espediente narrativo. Nel racconto ci sono diverse componenti risultati dalla riflessione sulla locuzione:

Emozionale: relativa alla rabbia provata per il maschilismo e il sessismo tanto quanto la contraddizione del mantenimento nella società degli stereotipi di genere maschili e femminili che sembrano tuttora irrorati da continue energie.

Relazionale: i triangoli amorosi nel racconto sorgono per traumi e mancanze di crescita personali, estremizzazione di certi aspetti della personalità, bisogno di accettazione, meschinità, ipocrisia e forse, un po’ d’amore, che però è improprio perché nessuno dei personaggi prova un amore incondizionato, bensì mediato da un interesse dettato dall’Io materiale e non dalla componente del Sé spirituale legato all’amore, al cuore, indicato come sede dell’anima, ma di quest’ultimo elemento, il cuore come sede, non ho scritto in Fervore.

Sociale: le relazioni tra le persone dettate in maniera consapevole e inconsapevole dai costrutti socioculturali. La più piccola azione può entrare in contraddizione con le intenzioni personali a favore o a discapito della propria vita e il tutto accade in un completa immersione nell’ambiente esterno al corpo, da cui si è distinti proprio per il fatto di essere in un corpo.

Le componenti danno vita a tre elementi che combinati nelle maniere più svariate permettono al personaggio di mettere a tacere se stesso e/o ciò che lo circonda.

Aleo e Meridia invece è nato dalla domanda Cosa potrebbe accadere in un mondo parallelo al nostro se esplodesse un vulcano simile al Vesuvio? Aleo e Meridia è particolare nel contesto della nostra intervista perché si collega alla domanda 2. Quale genere scegliere per Aleo e Meridia? Racconto o romanzo? Ho pensato molto ad Aleo e Meridia e poi, dopo l’ennesima rilettura ho optato per lasciarlo in forma di racconto; ha gli elementi necessari perché possa essere apprezzato e questa è un’immensa soddisfazione di per sé.

4 – C’è uno schema preciso per quanto riguarda la posizione dei vari racconti?

Non direi propriamente uno schema. Il primo racconto ha ispirato la raccolta e l’ultimo è l’unico in cui la morte ha un’accezione diversa rispetto agli altri. I quattro racconti “all’interno” sono in ordine di stesura.

5 – Hai qualche consiglio per chi vorrebbe diventare uno scrittore? Ti va di parlarci di qualche progetto futuro?

Estremizzando potrei consigliare una frase celebre riadattata sul piano letterario dal mio caro amico e co-scrittore della saga Memorie di Taenelies Eric Rossetti: “Scriverne cento per pubblicarne uno”. Vi suona familiare?

Passando oltre, vi sono svariati consigli che potrei sciorinare, ma opto per portare all’attenzione dei lettori, degli autori e degli aspiranti scrittori delle domande e delle considerazioni. Si tratta di un esperimento che ho deciso seduta stante. L’orologio del pc indica le 02:05, un orario che adoro.

Cosa significa la scrittura per la persona a cui è balenata nella mente l’idea di iniziare a scrivere? Cos’è la scrittura? Un modo per sfogare le proprie emozioni? Una maniera per esprimere un concetto, un’idea? Un mezzo di comunicazione per esprimere che cosa? Bisogna decidere se si vuole diventare scrittori per passione senza aggiungere nient’altro a essa, o se cercare di diventare scrittori per professione, alla ricerca della “storia giusta”. Queste due parole insieme sono valutative e possono essere interpretate sotto una luce pregiudizievole; oltretutto sono intrise di significati enormi e stratificati. Si potrebbe pensare, “esiste una storia giusta?” Questa è una domanda che tutti gli aspiranti scrittori potrebbero percepire per un attimo nella mente, anche perché nel momento della pubblicazione la storia che prima era personale, individuale, diventa un libro, e soprattutto una storia pubblica, per gli altri, presente sui piani emozionale, psicologico, sociale e narrativo per citarne alcuni. Scrivere è un’azione di responsabilità umana nei termini della trasmissione di un sapere e della capacità di esprimersi in una forma d’arte. Bisogna riflettere anche su questo aspetto valoriale e qualitativo. Scrivere è anche una forma di intrattenimento, elemento da non sottovalutare per gli aspetti ludici e artistici che porta con sé nel panorama culturale contemporaneo.

Sottolineo che ci si può sentire scrittori nell’esperienza privata e intima della scrittura in quanto si scrive per un pubblico che è in se stessi e questa di per sé un’azione e una forma di scrittura che non necessita della pubblicità dello scritto per acquisire valore e qualità perché lo assume nel momento della scrittura stessa.

Quando si parla di essere scrittori per il pubblico, cioè per qualcuno oltre la propria persona, bisogna prendere in considerazione il pubblico aspetto che andrà ad assumere il manoscritto che diventerà un libro, come citato poco fa.

Presumo di aver messo molta carne al fuoco sia per gli aspiranti scrittori che per i lettori. Passerei ora alla conclusione dell’intervista: i progetti presenti e futuri. Ora come ora ho terminato due sillogi poetiche che sto rileggendo; per loro sto pensando alla pubblicazione, ma necessito di tempo per valutarle. Nel frattempo io ed Eric stiamo scrivendo il secondo volume della saga fantasy di Memorie di Taenelies. La scaletta e alcuni capitoli del terzo volume stanno prendendo forma mentre il quarto volume è in piena produzione creativa. Il secondo e il terzo volume della mia trilogia d’esordio, La gloria del sangue, dopo varie battute d’arresto e dubbi non di poco conto, iniziano a prendere forma nella mia mente e in una caotica cartella di bozze, appunti, capitoli e documenti relativi al world building. Per ora questi sono i progetti su cui pongo la mia attenzione. Ho abbozzato altri manoscritti e per quanto riguarda il primo manoscritto, di cui ho accennato nella domanda 1, è al capitolo cinquantatreesimo ed è circa a metà dello sviluppo completo.

Voglio ringraziare di cuore Martina per il suo invito, il team di Libristi Anonimi e tutti coloro che leggeranno l’intervista e vorranno condividere le proprie impressioni sulla scrittura.

Giulia Coppa

Logo libristi anonimi salotto letterario
Logo Libristi Anonimi, Miart Graphics

Categorie
Aedifico Estratti e Interviste

Intervista ad Alex Nardelli

Una buona giornata a tutti! Oggi accolgo nel mio blog Alex Nardelli, autore della silloge di poesie Sussurri, in campagna Crowdfunding su Bookroad. Qui potrete trovare la recensione.

Immagine di copertina della silooge di poesie di Alex Nardelli, in campagna crowdfunding su Bookroad.

Intervista

Intervista per Alex Nardelli

1 Ciao Alex e benvenuto! Cosa ci racconti di te?
Ciao a tutti, è un piacere per me essere qui! Sono un ragazzo sportivo e molto attivo. Cerco di essere sempre solare e sorridere con le persone. Penso che sia importante comunicare con positività, il mondo ha bisogno di energia positiva! L’arte mi ha sempre affascinato in ogni suo aspetto e adoro parlare d’arte. Molti non riescono a definire con integrità cos’è l’arte, per me è tutto ciò che ci permette di entrare in una dimensione di confronto mettendo in discussione i nostri sentimenti permettendoci di analizzarli, e questo ci consente di emozionarci, di provare qualcosa…

A mio avviso, che sia un racconto, una poesia, un dipinto, una melodia o qualche traccia di carboncino sulla bianca tela ignuda, indipendentemente se privilegiati nel ruolo di artisti, o semplici spettatori, se questo è in grado di toccare la nostra superficie emotiva con l’intento di scavare in profondità: è senz’altro arte. Siete d’accordo con me?

Avrei voluto cominciare il Primo Anno di Scuola Superiore iscrivendomi in un Liceo Artistico della zona di Vicenza, vivo in provincia, ma, sotto la critica mano dei miei genitori, con i loro pensieri un po’ inesperti, ho scelto a malincuore un Istituto Biologico. Il mio amore per l’arte maturò col passare del tempo. Subito arrivato a Vicenza la prima cosa che cercai in città fu un teatro, e con mia grande sorpresa ne trovai tre, pronti ad accogliermi. Da ragazzino avevo già frequentato diversi corsi e fui felice di riprendere il mio percorso. Mi iscrissi subito al Teatro Astra entrando a far parte della compagnia: “La Piccionaia”, che mi accolse con amore. All’età di 15 anni conobbi il mondo della moda e, tramite alcuni provini mi feci notare da persone del settore. Non mi piace “etichettarmi” come “ragazzo immagine” anche se è il lavoro che cominciai a fare. Esponendomi al mondo della fotografia conobbi il “nudo artistico” un genere abbastanza sconosciuto e molto spesso discriminato. Decisi che quella era la mia strada e mi impegnai in alcuni progetti; il genere subito mi conquistò, nonostante la mia giovane età e insistetti per collaborare con diversi fotografi e realizzare scatti di nudo artistico. Ci vuole molta sensibilità per lavorare in quel settore perché c’è una linea sottilissima ed essenziale che divide il “nudo artistico” dalla “pornografia”. Lo sguardo, la posa, il tema di base e ciò che si vuole trasmettere sono le fondamenta per rendere uno scatto di nudo tutt’altro che provocante, azzardato o talvolta inadatto, ma puro, casto e sorprendentemente emotivo.

Ma perché sono qui oggi? Non di certo per parlarvi di fotografia, anche se ha un ruolo centrale nel mio percorso artistico. Un’altra mia grande passione è la scrittura. Ho cominciato a scrivere all’età di tredici anni tra le mura scolastiche. Mi è sempre piaciuto giocare con le parole, sperimentavo rispettando il peso di ogni espressione, verbo o frase. Iniziai ad entrare in sintonia con ciò che poteva esprimere la carta, quasi come se stessi entrando in un corpo nuovo; con il tempo imparai a maneggiarlo e vestirlo con cura. Cominciai a scrivere con costanza durante la prima superiore. Sentivo il bisogno di sfogare tutti i miei pensieri e vidi nella scrittura un rifugio. Estremamente geloso e autocritico condividevo difficilmente le mie poesie, così diedi loro un tocco più concreto traducendole in fotografia per soddisfare l’urgenza di tracciare un perimetro, una dimensione, una forma, una storia intrappolata nel dettaglio di uno scatto. E come la poesia ti rende fragile, inerme, puro e nudo, così anche i miei lavori, accarezzati e adattati alla loro necessità, mi permettevano un diretto confronto interiore fra me e il “Vuoto”, il “Grande Forse”, il “Domani”.

2 Quando hai deciso di raccogliere le poesie e di creare la silloge Sussurri?

Durante la quarantena ho deciso di rileggere e rianalizzare tutto il mio percorso artistico portando alla luce numerosi scritti che avevo abbandonato in qualche cassetto, diario o “scatolone dei ricordi”. Fu come rivivere alcuni personali e fragili istanti di vita.

Il tempo porta consiglio e a con la pandemia ne avevo molto, così ho cominciato a riordinare appunti e riflessioni unendo il tutto in un’unica raccolta. Non mi sentivo all’altezza di pubblicare l’opera ma quando la conclusi corsi a stamparla e sentire il peso di quelle pagine scorrermi tra le dita, per me così importanti, mi aiutò a prendere coraggio. Inviai il manoscritto a Leone Editore che, dopo un’analisi professionale, prese in carica l’opera.

3 Parlaci nello specifico di cosa vuoi esprimerci con Sussurri.

La raccolta affronta diversi temi molto personali alcuni dei quali sofferti e critici.

L’opera è divisa in tre parti, ognuna a sua volta racchiude circa un anno di vita.

Entrare nei pensieri di un ragazzo adolescente è difficile e ne sono pienamente consapevole.

Voglio dire: nemmeno io sono in grado di entrare appieno nella mia mente in questa fase tanto fragile quanto fantastica. Rifugiandomi nella poesia ho scoperto un sentiero, sapevo che percorrendolo avrei fatto ordine in tutta la confusione e in tutto lo smarrimento che prova in genere uno studente in piena crescita, scoperta e analisi. Ho sempre avuto grandi complessi mentali…

Ma quello che voglio nello specifico comunicare con Sussurri, specialmente agli adulti, è che spesso dimenticano di essere stati anche loro adolescenti. Spesso dimenticano che ogni ragazzo è diverso e non una fotocopia dei genitori o un adulto in miniatura. Spesso dimenticano di dare ascolto cadendo nella pericolosa “scuola di pensiero” secondo cui: “i problemi di un adulto sono davvero importanti”; “la voce di un adulto è quella che conta…”

A quattordici anni ero arrabbiato, molto arrabbiato, e lo sono ancora per come le persone prendono alla leggera la salute e il benessere del nostro pianeta. A quindici anni ero spaventato da un amore improvviso, nuovo, che molti non comprendono e non sapevo darmi delle risposte. Ho avuto un periodo difficile e delle esperienze che mi hanno toccato molto…

Attacchi di panico, depressione…ma la cosa che mi faceva più male è che in tutto questo ero solo, o almeno, era come mi sentivo. Gridavo ma non venivo ascoltato perché: “Alla tua età è normale”, dicevano. Scrivendo mi davo delle risposte, scrivendo ho trovato una luce in fondo al tunnel e penso che ciò che ho scritto, condizionato dal mio vissuto, non sia solo inchiostro che sporca la carta di un vecchio diario stracolmo di parole e frasi.

“Il pesante giogo dell’anima ho gettato tra queste pagine. Solo ora d’essermi acceso posso dir verità.”

4 Quando hai pensato che la poesia fosse il miglior veicolo per te e per ciò che vuoi esprimere?

Mi innamorai della poesia leggendo “A Silvia” di Leopardi e danzando con: “La Pioggia nel Pineto” di d’Annunzio. Le imparai a memoria a tredici anni recitandole spesso durante le mie abituali passeggiate serali. Grandi canti che emozionano, perle di poesia che ancora oggi mi affascinano…

All’inizio scrivevo in prosa ma, essendo molto anticonformista, entrai in conflitto con le regole grammaticali. In generale odiavo le regole, spesso se imposte o progettate per vincolare l’arte.

Nella poesia non c’è confine o regime che impone e limita la punteggiatura, gli spazi, le parole che traducono emozioni. La poesia mi dava ciò che con nessun’altra forma d’arte avrei potuto avere: la libertà di sfogare con melodiche parole, e con il semplice suono della voce, l’anima stracolma di pesi da gettare.

“Le parole sono timide, si nascondono nella nostra mente senza emettere alcun suono.

Allora ci pensa l’inchiostro…”

5 Sussurri è la prima silloge di una serie di raccolte?

Sinceramente, quando composi l’opera non pensavo nemmeno di pubblicarla.

Ho progettato Sussurri pensandola come un leggero sospiro, una voce, uno spicchio di luce che non promette un futuro ritorno ma che non si spegnerà. Sicuramente non smetterò di scrivere e di comporre poesie.

6 I temi che hai portato in evidenza nella silloge riguardano sia l’individuo come singolo, sia l’essere umano in rapporto con il mondo, in particolare la violenza. Potresti raccontarci qualcosa di più?

Mi piace immaginare Sussurri come un viaggio che ognuno di noi prima o poi dovrà affrontare. Un viaggio all’interno di se stessi che per innumerevoli ragioni, ad un certo punto della vita, si dovrà cominciare. C’è chi inizia il cammino per sfogarsi, per riscoprire la propria identità, chi per sanare ferite mai curate, per trovare una via d’uscita, chi invece per rivelare risposte che ritiene essenziali… L’opera si apre con “L’invocazione alla Musa” dal nome segreto, ignoto, “che conosce solo il vento”.

Nel canto iniziale è portato in evidenza il sogno di raggiungere l’ambita sapienza, come se fosse necessario l’aiuto di una creatura magica, pura, per entrare in una dimensione astratta allo scopo di risvegliarsi, allo scopo di liberare l’anima dalle catene del silenzio, dell’ignoranza e dell’omertà, così da riscattarsi. Ma per cominciare questo viaggio serve umiltà e sincerità di cuore. Il canto si conclude con lo spogliarsi completamente della vecchia personalità. È fondamentale “spezzarsi le ali” che rappresentano il vanto, l’esagerata ed effimera libertà, la superbia e l’orgoglio insidiato nell’imperfetto cuore umano. Lo scopo finale è vestirsi con abiti nuovi, immacolati, cercando di costruire una nuova personalità più solita, più limpida, più vera.

“Arranco come respiri d’inverno.

  Le ali mi spezzo,

  E m’infango…”

Varcata la soglia ha inizio il viaggio. La creatura, “fata inesplicabile”, apre le porte del mondo avendo una visione esterna, completa, divina e dettagliata per presentare la creazione e il miracolo della vita. La natura subisce, penosamente coperta da un velo di malinconia e sofferenza, a causa dell’uomo che, senza alcun diritto, si è posto superiore e sovrano impossessandosi della terra, sottomettendo dal mare alle semplici creature che dal suolo, cercando la luce del sole, germogliano. Se la Terra fosse donna sarebbe: “piegata al suolo, con catene alle mani e alle braccia, indifesa e spenta”, distrutta dalla crudeltà dell’uomo superbo e maligno. Ma si avverte la speranza di un cambiamento, di un giorno in cui “finalmente nessuno più ricorderà del grigio asfalto e del moro petrolio”

Un altro tema a cui dedico un posto all’interno dell’opera è la violenza di genere.

Rivolgo un canto a tutte le “fanciulle” parlando a loro con tenerezza.

“…Maltrattata, perché donna condannata,

 Di dignità privata perché debole sei considerata…”

Ci tengo a schierarmi dalla parte di chi soffre o di chi, come me, ha sofferto.

Ci tengo a concludere con le parole di Tecla Marianna Insolia nella canzone “8 Marzo”:

“…Se ci crolla il mondo addosso
  Come sempre ci rialziamo
  Nonostante a volte uomo non vuol dire essere umano.
  Per tutto il sangue che è stato versato…

  Siamo petali di vita e la violenza non ha giustificazione…”

7 Hai un desiderio legato alla tua silloge Sussurri?

Più di uno! Innanzitutto, come ogni scrittore che si espone pubblicando il proprio manoscritto, desidero che venga letto da numerose persone amanti della poesia o semplicemente incuriositi dal genere. Ma in particolare mi aspetto che, il lettore, sfogliando le pagine della silloge sappia coglierne il messaggio, il peso, la forma e l’intensità. Spero che, come me, riesca a tracciare il perimetro scoprendo ogni particolare. Vorrei portare il lettore ad innamorarsi della purezza e dell’umiltà che caratterizza il corpo nudo che raffigura la poesia. Mi auguro che non salti da una pagina all’altra leggendo la raccolta come fosse un racconto ma spero si prenda del tempo per confrontarsi, meditare e apprezzare i componimenti rendendoli propri.

Grazie per avermi accolto.

È stato un piacere.

Alex Nardelli.

Categorie
Aedifico Estratti e Interviste

Intervista a Giovanni Ardemagni

Giovanni Ardemagni, autore di Un momento fa, forse, oggi risponderà alle domande sorte dopo la lettura del suo fantastico romanzo, che consiglio vivamente a tutti! Soprattutto a chi è in cerca di una storia vera, in cui la prima persona ti travolge e ti porta con estrema lucidità tra le fila della vita di G. e di Marcel. Ma non solo, Giovanni è un autore che ha scritto altri libri e che ha prova una vera e propria passione per la scrittura.

intervista-giovanni-ardemagni-melted-soul

1 Caro Giovanni, puoi presentarti brevemente a tutti i lettori del blog?

Bello essere qui. Che dire, sono appassionato di osservazione. Mi incuriosiscono le cose più disparate. Come un bimbo.  Forse rimasto un po’ Peter Pan. Con tanti progetti e tante cose, credo belle, in testa.  Ho 61 anni quindi ancora nel periodo vintage ma mi sto avvicinando all’antico. Chissà su che comodino finirò.

2 Cosa ci puoi dire della tua carriera letteraria? Quali sono le tue impressioni in merito all’essere uno scrittore?

Non so perché mi piace definirmi un autore e non scrittore, ameno, non ancora. Credo che il mestiere dello scrittore significhi dare tutta la propria vita alla scrittura. Provare a guadagnarsi la “Pagnotta” scrivendo. Occuparsi solo di scrittura.  Autore è più consono. Uno scrittore che fa davvero lo scrittore vive di quello con tutte le incognite. È un coraggioso e sicuramente un visionario.  Uno che prende la barchetta e sfida il mare. Perché, come ho scritto nell’ultimo romanzo, il mare non ti farà mai male, al limite ti ucciderà.

Si, credo di essere un “apprendista scrittore” e sto lavorando per raggiungere quell’obiettivo, perché scrivere è spogliarti di tutto, un conflitto tra anima e mente. Sei finalmente causa.

Tutto questo mi fa sentire bene e mi crea una voglia infinita di scrivere e sentirmi autore.  È il io primo passo.

3 Il romanzo Un momento fa, forse non è la tua prima pubblicazione, cosa ci puoi dire delle precedenti?

Ho sempre scritto. Da ragazzino scrivevo piccole poesie per mia mamma. Le inviavo a Lei dal collegio. Sono il primo di sei fratelli e sorelle e loro, quando venivano a saper che avevo inviato una nuova poesia che commuoveva mia madre, pensano subito: “quello è furbo da paura”.

Poi una lunghissima pausa dalla scrittura. Ripresi gradualmente e come spesso capita lasci tutto in quella scatola che forse verrà ritrovata da un nipote curioso. Nel 2015 mia moglie e io volevamo cambiare la nostra vita, volevamo aprire un B&B nelle Marche. Ma lei, mia moglie, più realista di me, mi fece tornare sulla terra. Quel sogno svani ma diventò il mio primo romanzo pubblicato con Youcanprint.  Il Camaleonte equilibrista, Osteria con alloggio. Qualche rinascimento qui e là, ma fu un’avventura bellissima. IL comune di Cingoli (Macerata) mi invitò a presentarlo nel loro “Hortus”; è stata un’emozione infinita e ho vinto il Concorso Città di Cattolica con “Un momento fa, forse”; per è stata una Grande sorpresa ricca di emozioni.

Nel 2017 scrissi “pacco felice” – un racconto breve per bimbi, ragazzi e bimbi adulti.  Io ho sempre lavorato nel mondo della logistica, corrieri espresso e dopo tanti anni dicevo che la mia vita era un po’ “Un pacco”. Ma ho sempre amato il mio lavoro. Quindi un pacco felice.  Un giorno mi trovai con mio nipotino e parlando con lui di viaggi è nata l’idea di pacco felice; il libro è stato premiato con il quarto posto e un contratto editoriale!

4 La tua esperienza nel mondo social, come ti sei trovato a conoscere e incontrare virtualmente i lettori che apprezzano le tue opere?

Oddio, io non ero in Facebook. Sono abbastanza “impedito”. Mi dissero che era importante esserci. Cosi imparai piano piano piano. Oltre l’aver ritrovato persone care, ex colleghi e bellissimi amori, anch’essi vintage, ho avuto la possibilità di far conoscere qui e là il mio lavoro. Ora mi dicono che Instagram sia meglio. Non so, boh? Instagram cos’è?

5 Uno dei progetti che ti interessa, istituire un salone del libro inedito transfrontaliero è un obiettivo ambizioso? Cosa potresti raccontarci in merito? Da dove è nata la scintilla per quest’idea?

Spesso incontro persone che oltre a leggere, scrivono e scrivono davvero bene. Poi fai loro la domanda “Ma hai mai pubblicato?” spesso vedi gli occhi abbassarsi e cadere in una strana timidezza.

C’è tanta gente che ha bisogno di una spinta, di essere spinti a osare. Non è naturale e logico per tutti.

C’è tanta gente che partecipa a migliaia di concorsi sempre con quell’ottimismo “fatato”. Mai un successo e non credo perché non meriti.  Anzi.

Quindi visto che abito proprio al confine tra Svizzera (dove sono nato e cresciuto e vissuto sino a cinque anni fa) e l’Italia dove ora abito e dove sto benissimo (tra altro dove abito è il paese di origine dei nonni materni) ho pensato che sarebbe bello una volta creare opportunità. Una vetrina, senza troppe pretese, dove ci saranno scrittori senza editore e dove, tra il pubblico, che visiterà la fiera, ci sarà anche l’editore invitato e ci sarà un concorso abbinato.

Certo è un lungo processo perché mi sono confrontato con comuni che spesso pensano, come prima cosa pensano a quanto costerà loro invece di pensare che il nostro mondo ha bisogno di belle parole e di sogni sani… Politica e soldi: Che tristezza! Ma non mollo.

6 Un momento fa, forse è una storia autobiografica e parla del licenziamento degli “over 50”. Quando hai deciso di trasporla in un libro?

Nel 2016 alcuni colleghi ed io fummo licenziati perché vecchi. Messi in un garage, tra le cose vecchie, in attesa del macero.

Ora io credo di cadere sempre sulle undici zampe e cerco sempre di rialzarmi. Ma per altri colleghi è stato un avvenimento tragico.

Cosa dire a tua moglie ai tuoi figli? Le certezze cadono, le speranze anche. I sogni cancellati. Una sberla tremenda.  Un evento del genere ti fa sentire come quel pescatore che rientra al mattino dalla battuta di pesca. Senza un pesce. Si chiede cosa farà, come potrà sopravvive. Non tutte le persone reagiscono allo stesso modo. Per alcuni è davvero la fine.  Io ho vissuto la fine di alcune persone, di una in particolare.  Dovevo sfogarmi, dovevo dire, dovevo urlare. Quindi ho deciso di urlare con la penna. Di dirlo al mondo. Sì, perché il mio romanzo è il contratto tra me e me e tra me e un amico, Un contratto per una missione precisa.  Far conoscere.

7 Come ti sei sentito al termine della stesura di Un momento fa, forse? Vedere questa storia scritta tra le pagine di un libro come ti fa sentire?

Hai presente un piccolo guerriero giapponese che parte alla guerra? Anche un po’ folle e pronto al peggio?  Eccomi! Ho una voglia matta di continuare.  Durante la stesura di “Un momento fa, forse” ho riso, mi sono incazzato tantissimo, ho pianto a lungo, tanto che non vedevo più i tasti del mio computer. Le notti erano lunghe ma troppo corte. Mi sono addormentato sulla tastiera alcune volte.

Ora sto iniziando la continuazione. Passerò da una storia assolutamente vera a una storia di fantasia ma credimi, parte di una missione. Io ho sempre con me una copia del mio romanzo. Una copia ovunque, sul comodino assieme a una certa lettera. L’ho sulla mia piccola scrivania da un metro. L’ho in auto sul cruscotto.  Guardo, penso e sto bene. Ma quanta rabbia dentro.

8 Essendo un tema presente nel romanzo Un momento fa, forse, cosa ne pensi del mercato del lavoro odierno? Quali consigli daresti ai giovani che si accingono nel mondo del lavoro e soprattutto quali consigli offriresti a coloro che si sono trovati a perdere la propria occupazione?

Bella domanda. Io credo che non si possa più parlare di mercato del lavoro.  Ho tenuto corsi di “marketing del personale” per coloro che sarebbero diventati capi del personale in grandi aziende. Ho sentito i loro pareri. Gente giovane, motivata, con grandi ambizioni.  Qualche giorno fa incontro uno degli studenti, forse quello che fu il più “manager oriented”. Mi disse una cosa: il mercato del lavoro non c’è più’. Ora siamo tutti “vu cumprà”. Proponiamo, vendiamo o ci proponiamo a tutti. Anche a quelli sotto gli ombrelloni che non hanno voglia di essere disturbati.  E quando sei a fine stagione proponi anche prezzi assurdi pur di vendere. Ora sta a noi esser il “Vu cumpra” o il cliente sotto l’ombrellone.

Non fermatevi mai. Provate a sognare di lavorare tanto e risparmiare il più possibile. Eh sì, perché poi a 50 anni (anzi ve lo consiglio) smettere.  Finalmente dare un senso vero alla vostra vita fatta di voi come esseri abili. Finalmente potrete concentrarci su emozioni forti, vivere chi amate e cosa amate.

Non correte il rischio di arrivare a 50 anni ed essere licenziati perché vecchi. Prendete la situazione odierna. Dicono al sessantacinquenne di stare a casa, gli viene proibito di uscire, sono la categoria a rischio.  Eppure, ci sono sessantacinquenni talmente in forma che certi trentenni sono mummie.  Ma hai 65 anni e sei morto. Punto.  Quindi sperare di arrivare a 65 anni lavorando?  Ma dai non scherziamo.

Mi chiedi cosa consigliare a chi perde il lavoro? Non mollare. Continuare a crederci. Non disperare. Lo so, credetemi, è difficile ma è giusto farlo. È giusto per chi tu ami e per chi ti ama.

Guarda oltre. Se vedi il muro ci andrai a sbatter contro. Se guardi oltre il muro o almeno cerchi di guardare oltre le prospettive cambieranno. Parla con chi tu ami e con chi ti ama perché sono loro la forza di cui hai bisogno. Vorrei suggerire a tutti di guardare il film “Patch Adams”; c’è una scena ambientata in un ospedale psichiatrico. Un paziente chiede all’attore protagonista, mostrando quattro dita “quante sono”? ora non vi voglio dire la prima risposta che darà il paziente qualche scena dopo. Ma per me è stato il mio filo conduttore. L’insegnamento di tutta la mia vita.

9 Un momento fa, forse, parla di amore, di amicizia e di cambiamento. In riferimento a questi tre elementi come vedi ora ciò che ti circonda?

Ti rispondo in poche parole: vedo che non devo mai e poi mai smettere di crederci in questi tre elementi. Sarei morto se non ci credessi.  È un periodo dove tutti mettono le mani a forma di cuore. Sembra Natale dove tutti diventano miracolosamente più buoni. Che palle! No! Il compito di ognuno di noi è alimentare questi valori.

10 La tua vita, è scrivendo Un momento fa, forse è cambiata? E in quale modo ora affronti i nuovi rapporti sociali? In quanto scrittore hai una percezione diversa dei moventi che spingono le persone a vivere?

È una domanda che ti può rispondere solo la mia anima. Mi sto emozionando in continuazione, per tante piccole cose che non ho mai “voluto” veder prima, preso dalla fame del business. Non ho ne rimorsi né rimpianti ma guardo avanti e ora sto ascoltando tanto, ogni vibrazione. Mi piace pensare che tanta, ma tanta gente viva questo momento, aldilà, ma davvero al di là di cosa ci sta uccidendo e anche a tale capitolo credo che nulla arrivi per caso. Neanche un pipistrello.

Forse il pensiero collettivo ha creato una tale forza che ci dice, “fermatevi un attimo gente”

Forse il pensiero della gente ha disegnato un pipistrello. E non era Batman.

11 Un momento fa, forse non è solo un libro, ma una missione per far conoscere, far capire e far cambiare il corso degli eventi? Come immagini un cambiamento simile?

Quanto tempo hai per la risposta?

In questo momento epico credo che ci sia già un maledetto (virus) che sta creando il cambiamento degli eventi. Stanno succedendo tante cose positive che abbiamo ignorato con arroganza. E le vediamo.  Ma vediamo casse e casse di morti. Quando ho visto la carovana dei mezzi militari che portavano le bare, a Bergamo, ho pianto a lungo. Mi ha ricordato la vita di Mozart buttato in una fossa comune perché è così, senza pensare al chi se ne frega, ma perché è così.

Anziani morti e bruciati. Ogni anziano morto è una libreria, un’enciclopedia che se ne va, e se ne va. Accompagnata dal niente, dall’assenza di chi voleva esser lì vicino in quel momento.

Quello che stiamo vivendo andrà sicuramente ad accentuare quanto io ho scritto. Sarà una strage di persone over 50 che saranno messe al macero. Io da solo posso fare poco, ma posso fare. Continuerò con le presentazioni del mio romanzo per portare questo messaggio.

IO credo tanto nella strategia della rana bollita. Ogni cambiamento importante arriva attraverso processi lenti.  Se credi un cambiamento con azioni repentine avrai solo e comunque un grande caos e quindi un disastro. Io non ho l’ambizione di creare il corso degli eventi. Per quello ci pensa quel simpaticone lassù. Io di sicuro farò di tutto per far capire. Sto elaborando un saggio su strategie precise per far crescere i giovani utilizzando in modo concreto e costruttivo quelle enciclopedie che creano la collana “over 50”. Non sono un saggio. Ho vissuto tante situazioni, so gestire un cambiamento e non è per i mie 23 traslochi o i miei tre matrimoni. Non so se ti ho risposto. Mi piace pensare di sì.

In questo momento sto ascoltando “Ninna nanna del contrabbandiere” di Davide van de Sfross.  Io sono nato in un paese dove il contrabbando ha creato ricchezza e situazione divertenti.  Ma perché dava speranza. La Speranza non deve mai abbandonarci


Giunta al termine dell’intervista non posso che dire che le parole di Giovanni sono ricche di significato e di voglia di agire, ma soprattutto hanno in sé tutta la forza del cambiamento che tutti noi dovremmo riscoprire in ogni ambito della vita!


giovanni-ardemagni-romanzo-intervista

Un momento fa, forse su Amazon

Profilo Autore su FB