La Scrivania Letteraria

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I consigli di lettura

Il quartiere dei sogni perduti, Harlem di Luca Leone

“Tutto era incominciato da lì e tutto lì ritornava”

— Harlem, Luca Leone

Tra i miei consigli di lettura trova un posto particolare il romanzo storico Harlem, di Luca Leone, a cui ho voluto dare un titolo di per sé adatto a un commento: il quartiere dei sogni perduti, Harlem.

“Perché ‘sogni perduti’?” Forse te lo stai chiedendo e la risposta è parte integrante della recensione.

Il sogno tratta di una componente simbolica carica di significati che l’inconscio vuole trasmettere ai momenti di veglia per comprendere ciò che accade, le scelte fatte e le emozioni annidate nei recessi dell’umano. Perduto perché in ogni personaggio ho percepito una perdita. Approcciandomi ai protagonisti, Pee Wee e Joe, ho notato attraverso la narrazione precisa e cruda dell’autore una sensazione di perdita continua. In questo caso ciò che risalta di più, soprattutto nella prima fase storica del romanzo (dal 1964 al 1968) è la perdita dell’ingenuità dell’infanzia e della prima adolescenza. Tale avvenimento presumo inerisca, per il periodo storico della narrazione, al tentativo di riprodurre la drammatica situazione della vita della maggior parte dei giovani di Harlem; questo elemento crea un pathos di continua aspettativa, timore e tensione. Subito dopo l’autore conferma come per la strada vi siano galoppini e frontman al soldo di un certo Boss, il quale tesse le fila della delinquenza e agli occhi di tutti risulta intoccabile.

Lui voleva alleati, non nemici: meglio avere un feudo nascosto piuttosto che ostentare potenza.

Non c’è posto in queste strade dissestate, nelle case sovraffollate e stantie di muffa e tra i coetanei per la spensieratezza. Bisogna crescere e soprattutto bisogna fare soldi. Dalla loro parte, Pee Wee e Joe hanno un talento per il basket; Pee Wee sarà il primo a venire presentato come frequentatore del Rucker Park, gestito da Holcombe, poi arriverà anche Joe, il quale entrerà a far parte del sistema di Boss.

Rucker vide che le lacrime rigavano le guance di Joe e il cuore gli si strinse. Il suono della palla che rimbalzava sull’asfalto riportò entrambi immediatamente al presente.

Nella prima parte della narrazione fa il suo ingresso il reverendo Williams, colui che rappresenta sia l’antagonista che il protettore e salvatore di coloro che non intendono seguire la ‘via della strada’. Williams sente personalmente le contraddizioni, vede gli scontri e le violenze che avvengono nel quartiere. Secondo il suo modo di agire, le sue azioni, i suoi pensieri e più in generale la sua vita, sono volte al bene per i più giovani, i quali sono facili prede della semplicità con cui si può cadere nel malaffare. Cerca di osteggiare la criminalità e la sua chiesa è un punto di riferimento per color che sono in cerca d’aiuto.

Il bene e la luce attraggono che vive sempre nel buio.

Oltre a Pee Wee Joe incontra Goat al Rucker Park. La storia personale di Goat l’ho trovata pregna del senso di disperazione, desolazione e paura che può cogliere chi vorrebbe cambiare ma non possiede la forza per farlo, fino all’ultimo.

Tornando ai protagonisti, la precarietà della vita di Pee Wee e Joe salta subito agli occhi e si trascina per decenni. Se da un canto sembrano inconsapevoli degli atti che stanno compiendo, dall’altro appaiono sicuri che la strada scelta sia l’unica percorribile. Il sentimento che li lega a Harlem è indefinibile, una sindrome che scava nel loro cuore e si fa spazio, combattendo persino il talento che possiedono.

Tornando al basket, non mi interessa vincere, mi interessa dare un’opportunità.

La trasformazione dei personaggi, pur seguendo i cambiamenti avvenuti nel corso della storia reale, riesce a sostenere il patto narrativo dall’inizio alla fine. Prima di tutto il romanzo è ben strutturato, non vi sono istanze narrative che rendono lenta o noiosa la lettura ed è visibile l’impegno, lo studio e la ricerca che soggiacciono alla storia. In seconda battuta il ritmo è incalzante e la tensione narrativa è presente nei momenti in cui Pee Wee e Joe in particolare devono compiere delle scelte o si trovano davanti a ostacoli insormontabili. infine la Parte Terza e Each one teach one lasciano spazio a una narrazione sobria, dettata da un ritmo in cui si nota il passaggio dalla prima maturità all’età adulta.

Mi prende a pugni sulla schiena e io invece vedo solo il cartellino con scritto Kleopatra.

Una corrispondenza presente nel quartiere di Harlem e nella vita dei suoi abitanti si può riassumere in una sola parola: poliedricità. Durante la lettura si parteggia per uno, poi si dovrà avere a che fare con l’altro. I punti di vista si scontrano, poi si eguagliano e passano all’improvviso a una gerarchia. Tali movimenti durante la lettura fanno riflettere sulla complessità di un quartiere urbano che ha risentito delle dinamiche socio-politiche ed economiche scontratesi con una cultura salda nei suoi principi, ma altrettanto conflittuale proprio per le diversità interne. La possibilità di coesistenza è resa critica dalla precarietà della quotidianità, dalla fragilità umana, dall’impossibilità di costruire una rete comunitaria solida su cui riflettersi, ma anche in cui agire. Da un quartiere che pare non dia prospettive di vita, ma solo un’esistenza votata alla sussistenza si ha l’impressione che esso sia attraversato da tre correnti: un continuo movimento teso verso l’azione cieca, una staticità che immobilizza il pensiero e aliena dal futuro e una riserva pulsante di energia inestinguibile per coloro che vogliono afferrarla e farla propria.

Sembra che al vita da queste parti vada in questo modo, ma ci sono tante altre vie per vivere bene, Joe.

Ho apprezzato la lucidità con cui l’autore è riuscito a integrare alla parte storica la narrazione di personaggi di fantasia e le modifiche cha ha apportato a certe vicende, come l’inserimento di Jack Molinas (trovi tutte le informazioni in merito nelle note del romanzo) e di Gary Davis (ti stupirà!).

Goat non diceva nulla, gli lasciava il tempo di cui aveva bisogno per ammortizzare i colpi della memoria. Passarono sotto al ponta e finalmente arrivarono al Rucker Park.

Il connubio tra narrazione ‘raccontata’ e ‘mostrata’ è equilibrato; farei un appunto solo sulla descrizione dei personaggi e prendo d’esempio il caso di Holcombe (pag. 80): nonostante si tratti di un modo conciso e puntale di dipingere la modalità con Holcombe si approccia alla vita, vederlo in forma narrata e non mostrata attraverso un’azione o una relazione con altri personaggi, ha reso necessaria l’evocazione del personaggio, a discapito dell’esperienza di un personaggio in quanto agente e portatore attivo di certi comportamenti, abitudini e valori. Il medesimo modo di descrivere l’ho ritrovato anche nel reverendo Williams e in Boss, mentre in Goat, Pee Wee e Joe è presente una narrazione che favorisce la partecipazione attiva dei personaggi. Presumo che la scelta possa essere dettata da una praticità maggiore nelle gestione del personaggi.

Consiglio ‘Harlem’ ai lettori che hanno voglia di approcciarsi a una storia di un discusso quartiere di New York per scoprire, tramite una prosa incisiva, avvenimenti e personaggi, reali e di fantasia, che insieme rendono omaggio alla storia del basket di strada. I sogni perduti possono essere ritrovati.

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Scheda Libro

  • Autore: Luca Leone
  • Titolo: Harlem. You write the rules
  • ISBN: 9788868614423
  • Casa Editrice: Infinito Edizioni
  • Collana: GrandAngolo
  • Genere: Romanzo storico
  • Pagine: 480
  • Prezzo: € 17,00 cartaceo, € 6,99
  • Pubblicazione: settembre 2020

— Ringrazio la casa editrice Infinito Edizioni e Luca Leone per avermi dato l’opportunità di leggere ‘Harlem’

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Racconti del mistero di Edgar Allan Poe

Racconti del mistero

Edgar Allan Poe

Dobbiamo a Baudelaire il fatto che siamo tutti a conoscenza, dall’altra parte dell’oceano, in Europa, di Edgar Alla Poe e delle sue opere, sia perché fu il primo a tradurne le opere e sia perché a lui si deve in parte l’ammirazione che il poeta ha suscitato in Europa per incarnare gli ideali, i costumi e l’ultimo soffio di un satanismo romantico. La vita e le opere di Poe sono arrivate fino a i giorni nostri sulla scorta di critiche e apprezzamenti dei più disparati.

Ogni poesia e ogni racconto di Poe possiedono un centro ideale che si può scoprire; bisogna lasciare che la nostra sensibilità incontri la sensibilità delle parole dell’autore, delle sue storie e dei travagli incarnati nei testi. I temi riscontrabili sono quelli che accomunano e che si ritrovano sia nei racconti che nelle poesie: la morte, il dolore, la fine di ogni speranza; ad essi si aggiungono il concetto di amore sublime non realizzabile sulla terra bensì solo con la morte, poi segue e si intreccia il motivo del sogno nel sogno che travolge tutto, è allucinante e rifugio del temibile passato.

Incipit:

“HANS PHALL

Secondo le ultime notizie da Rotterdam, sembra che quella città si trovi in una condizione di gran fervore filosofico; in realtà vi si sono verificati dei fenomeni d’un carattere così inaspettato, così completamente nuovo, così chiaramente in contrasto con tutte le opinioni ammesse, che io non dubito affatto che tra non molto tutta l’Europa sarà sottosopra, tutta la fisica sarà in fermento e la ragione e l’astronomia s’accapiglieranno tra loro.”

Ad apertura di libro:

“Ciò che intendo dire è che il miscuglio di epigramma e di melodramma nell’idea che Maria Rogêt sia ancora viva, più che una vera plausibilità di questa idea, l’ha suggerita L’Étoile e gli ha assicurato favorevole accettazione del pubblico. Esaminiamo i principali argomenti di questo giornale, ma badiamo bene di evitare l’incoerenza con la quale furono esposti fin dal principio.”

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Edgar Alla Poe, Racconti del mistero, a cura di Carla Apollonio, con un saggio di Charles Baudelaire, Barbera Editore, 2010 – collana Nuovi Classici diretta da Giovanni Greco, Davide Monda, Ezio Raimondi.

Indice 

V Edgar Alla Poe, la vita e le opere

XXXI Introduzione

XLIX Bibliografia

3   Hans Phall

53  I delitti della Rue Morgue

92 Il mistero di Maria Rogêt

149 Lo scarabeo d’oro

190  La lettera rubata

211 L’isola della fata

218 Tre domeniche in una settimana

227 Un racconto delle Ragged Mountains

239 Sei stato tu!

256 Qualche parola con una mummia

276 Mellonta Tauta

 Lettura dell’estratto dal racconto L’Isola della Fata in collaborazione con Elisa Vinci

 

 

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Il Diavolo e la Signorina Prym di Paulo Coelho

Il Diavolo e la Signorina Prym: un libro inaspettato nel momento perfetto, quando sono stata pronta per leggerlo.

Titolo: Il Diavolo e la Signorina Prym

Autore: Paulo Coelho

Edizione in possesso:  Bompiani, Milano, 2000

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Prime impressioni

Introdursi ad un autore di questa levatura è sempre un’avventura perché non sai mai come andrà a finire, non sai quale gusto, che tipo di sensazione potrà lasciarti l’opera fino a quando non leggerai l’ultima parola e lo chiuderai. Magari rimarrai un po’ ad osservare la copertina, l’ultima pagina oppure lo riporrai subito nella libreria, al suo posto e inizierai a pensare. Anche il post-lettura dipende sempre dal libro.

La lettura è un’attività e una passione stupenda proprio per questo: la carica emotiva che ogni volta coglie il lettore.

Il Diavolo e la Signorina Prym porta con sé una tale potenza che sarebbe impossibile non percepirla. 


Trama 

Chantal Prym è la ragazza più giovane del paese di Viscos contante qualche centinaio di abitanti; lavora nell’albergo-bottega del paese e la sua vita sembra bloccata nel limbo della quotidianità. Berta è l’abitante più anziana e passa le sue giornate seduta fuori dalla porta di casa. Un lunedì di una settimana qualunque giunge a Viscos uno straniero, accompagnato da un demonio e porta nel suo zaino undici lingotti d’oro. Lo straniero farà a Chantal una proposta che potrebbe cambiare le sorti dei duecentottantuno residenti, ma di cosa si tratta? Una scommessa che porterà ad uno scontro diretto il Bene e il Male, gli angeli e i demoni che ognuno ha in sé, aggiungendo la capacità dell’essere umano di scegliere in qualsiasi momento.


La lettura

Leggere il Diavolo e la Signorina Prym è stata una rivelazione; non tanto per la trama quanto per le vie secondarie e sotterranee che presentano alcuni dei tratti di cui l’essere umano è fatto e con cui deve avere a che fare, scontrandosi per la maggior parte delle volte, per tutta la vita. Chantal Prym è a conoscenza delle intenzioni dello straniero e deve capire se rivelare il segreto ai compaesani oppure lasciare che l’uomo se ne vada dopo sette giorni.

Purtroppo per lei non è così facile scegliere perché ogni notte, per tre notti, il Bene, il Bene e il Male e poi il Male, le fanno visita durante il sonno e a pochi giorni dalla scadenza, lo straniero la informa che se non parlerà lei, rivelerà lui l’offerta che ha deciso per gli abitanti di Viscos. Questa a cui ho appena accennato è solo una delle innumerevoli scelte con cui Chantal dovrà confrontarsi e sottolineo la parola scelta per un semplice motivo: le scelte sono portatrici del cambiamento di cui tutti i protagonisti sono terrorizzati. La paura di cambiare, di lanciarsi verso qualcosa di sconosciuto, solo di immaginato e pensato, di perdere la quotidianità, le abitudini, le sicurezze è uno dei topos principali. A questo si unisce anche la lotta tra il Bene e il Male, che imperversa in ogni essere umano e che proprio si realizza nelle scelte che ognuno compie nella vita. 

La lotta tra il Bene e il Male è il secondo topos che si unisce al primo, la scelta, tramite riflessioni compiute dai diversi personaggi, grazie alle quali si comprende come la vita di ognuno di loro è stata segnata da delle scelte incompiute, dalla paura del cambiamento e dalla paura di agire e di reagire che hanno portato tanti di loro a scambiare la propria vigliaccheria per gentilezza, la gentilezza che viene apprezzata solo nell’atto di compierla, ma che porta con sé tutta una serie di pensieri sull’agire: avrò agito bene? Avrei potuto fare qualcosa di diverso? Avrei dovuto combattere per me? E così via…


Il Diavolo e la Signorina Prym è uno dei quei libri che durante la lettura non lasciano nemmeno uno spazio libero, parlano del genere umano, delle persone e delle loro azioni e soprattutto delle mancanze e delle debolezze che vengono percepite da chiunque, ma che tutti cercano di nascondere.

Questo libro è un viaggio con i personaggi, ma soprattutto un enorme lavoro di introspezione in noi stessi; bisogna sentire di essere pronti per leggerlo e bisogna sentire di essere grado di rifletterci molto dopo la lettura. Non è un libro che va preso alla leggera e bisogna prendersi tutto il tempo necessario per metabolizzare le sensazioni che porta con sé e che lascia. 

Lo consiglio a tutti coloro che vogliano percorrere un sentiero profondo per se stessi, ma anche ai principianti delle letture di questo autore e questo perché? Perché il libro è avvincente, è pieno di considerazioni, è scorrevole ed entra nella mente e nell’immaginazione così bene che sarebbe una perdita non leggerlo almeno una volta nella vita.

Lettura dell’incipit in collaborazione con Elisa Vinci


Estratti 

“Gli abitanti di Viscos familiarizzarono subito con i ritmi dello straniero: si svegliava presto, faceva una colazione sostanziosa e si incamminava verso le montagne…”

Pag. 29

“In nessun momento le passò per la mente di raccontare ciò che aveva udito, di essere la messaggera del peccato e della morte.”

Pag. 33

“Sapeva che, malgrado la via deserta, dietro le tende e le luci spente gli sguardi dell’intera Viscos la stavano accompagnando a casa. Non importava: era troppo buio perché potessero accorgersi del suo pianto.”

Pag. 77


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L’eleganza del riccio di Muriel Barbery

Oggi scrivo dell’Eleganza del Riccio, di Muriel Barbery. È stato un “caso” averlo tra le mani. E meno male. Si deve leggere.


La sua lettura ha accompagnato tutta l’estate e all’alba della metà di settembre, ho gustato l’ultima pagina. Non ho troppo timore di terminare un libro, una saga o chicchesia. I libri sono come noi. Finiscono le loro pagine, non il loro essere stati letti.

L’Eleganza del Riccio, Muriel Barbery, edizioni e/o, Roma, 2010


Iniziato di notte e terminato al calar della sera.

Ma se nel nostro universo esiste la possibilità di diventare quello che ancora non siamo… saprò coglierla e trasformare la mia vita in un giardino diverso da quello dei miei padri?

L’Eleganza del Riccio, Muriel Barbery, edizioni e/o, Roma, 2010 pp. 189

Una di quelle domande che attanagliano le menti delle persone almeno, e sottolineo almeno, una volta nella vita. Così come il quesito sopracitato mi ha infervorata nel procedere della lettura, anche innumerevoli altre parti salienti dell’opera sarebbero tanto da sottolineare, quanto da snocciolare. A un primo impatto, un quesito simile, potrà sembrare piacevolmente fiabesco, gustoso nell’utilizzo delle parole e accattivante.

Apre possibilità alla libertà dell’essere umano; si apre all’ambizione e al progresso delle capacità umane. Eppure, non è forse tutto il contrario? Non è forse una presa in giro il continuo andirivieni quotidiano che ci scalza dai piccoli e fugaci attimi di vera Bellezza, di sensuale Dolcezza, di inconfondibile Verità?

La citazione ha a che vedere con la capacità di vedere oltre desumendo dal presente. Un gioco continuo con il futuro che sorge sulle sponde del passato e naviga i flutti ridondanti del presente, con il continuo flusso di idee, parole, pensieri e azioni. Con la convinzione che ciò che perseguiamo di materiale ci donerà l’Obiettivo. Mentre non pensiamo altro che a ciò, ad occhi altrui la nostra vita è già ben visibile. E se non per tutti fosse così? Dovremmo forse curare la persona in noi piuttosto che la persona fuori di noi? Oppure scovare “in e out” in un corpus unico?

…e soffre della povertà della sua individualità…

L’Eleganza del Riccio, Muriel Barbery, edizioni e/o, Roma, 2010 pp. 195

L’individualità gioca un ruolo fondamentale nelle pagine dell’opera. Si nasconde, osserva, ci scruta mentre passiamo di paragrafo in paragrafo, sogghigna quando la perdiamo di vista. Eppure il punto di vista è doppio ed estremamente personale, allo stesso tempo è intimo e universale. Universale come motivo di comunione dell’immediato senso della Bellezza che accomuna le opere d’Arte. Le immediatezze che si svelano in maniera atemporale all’individuale per mostrare quella che è un’ombra dell’universale. Questa è una mera interpretazione. Fugace e brillante.

L’Eleganza del Riccio brilla nei suoi adombramenti continui operati nella coscienza, per la coscienza, grazie e a causa della coscienza. La causalità pare sfumare tra queste pagine, in un incontro di un punto di vista nascosto e celato, l’occhio, la mente…il tutto che è Renée e l’intelligenza vestita di giovinezza quale viene dipinta Paloma.

Quindi certe piogge d’estate si radicano in noi come un nuovo cuore che batte all’unisono con l’altro.

L’Eleganza del Riccio, Muriel Barbery, edizioni e/o, Roma, 2010 pp. 227

La sinfonia dei sentimenti si staglia all’orizzonte e irrompe pressante nell’esistenza di Renée. Che ci sia un nuovo modo di disvelarsi, di levarsi, di aprirsi e di vivere? Anche Paloma avrà modo di toccare le piogge d’estate. Sono il ricordo serbato in Renée, che maturerà e cadrà nelle mani di Paloma e in seguito di Ozu. Della vita, dopo una rivelazione tale, verrà imposto un ripensamento su tutto l’impianto dell’esistenza e della vista che i protagonisti ne hanno. I modi di vedere: differenti modi di vivere.

E di pensare alla morte.

E alle camelie.


L’Eleganza del Riccio non lascia a mani vuote coloro che desiderano stringere e riflettere sui temi più vari del pensiero umano e dell’esistenza, della sua fallacia e della mortalità, tanto quanto considerazioni sulla semplicità, sulla giovinezza, sull’amore e sulla Bellezza.

 

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La Prima Radice di Simone Weil

LA PRIMA RADICE

Preludio a una dichiarazione dei doveri verso l’essere umano

Simone Weil

Il radicamento è la necessità prima dell’anima, tanto difficile da individuare quanto complessa da spiegare e implementare con nozioni e dimostrazioni stringenti. Il radicamento è il tema centrale su cui pone l’attenzione Simone Weil. Dal radicamento costituisce il terreno per il soddisfacimento di altri bisogni che non possono essere presi in considerazione e analizzati nel momento in cui entra in gioco la controparte del radicamento, lo sradicamento che provoca una perdita di collegamento tra spazio e tempo e un’incomprensione sull’importanza geografica per l’essere umano. Perdendo le nozioni basilari, si perde anche la possibilità di realizzazione e di soddisfacimento dei bisogni.

Considerazione


Incipit: “La nozione di obbligo sovrasta quella di diritto, che le è relativa e subordinata. Un diritto non è efficace di per sé, ma solo attraverso l’obbligo cui esso corrisponde; l’adempimento effettivo di un diritto non proviene da chi lo possiede, bensì dagli altri uomini che si riconoscono, nei suoi confronti, obbligati a qualcosa. L’obbligo è efficace allorché viene riconosciuto. L’obbligo, anche se non fosse riconosciuto da nessuno, non perderebbe nulla della pienezza del suo essere. Un diritto che non è riconosciuto da nessuno non vale molto.”


Ad apertura di libro: Questa incertezza dovrebbe indebolire i loro legami con la religione; non avviene così; e glielo vieta il fatto che la vita religiosa fornisce loro qualcosa di cui hanno bisogno. Avvertono più o meno confusamente di essere uniti alla religione da un bisogno. Ora il bisogno non è un legame legittima fra l’uomo e Dio. Come dice Platone, c’è una grande distanza fra la natura della necessità e quella del bene.”


Simone Weil - La Prima Radice

Simone Weil – La Prima Radice, SE, collana saggi e documenti, Milano, 2016


Buoni Libri a Tutti!


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Lolita di Vladimir Nabokov

Ho aspettato mesi per decidermi se acquistare o meno questo romanzo…aveva bisogno di tempo. Ieri, impegnata a fare commissioni, ho intercettato il banchetto di libri usati sulla via principale della città. “Adesso vado a vedere cosa c’è”, ho pensato. L’ho visto lì, in mezzo a tutti gli altri, millemila titoli. Ora posso dire di averlo in mio possesso e lo leggerò.


A proposito di un libro intitolato Lolita: tratto dall’edizione di riferimento della Libreria di Repubblica, Vladimir Nabokov, 12 novembre 1956.

“Ogni scrittore serio, a mio parere, sente questo o quel libro pubblicato come una presenza assidua e confortante. La spia luminosa di quel libro brilla senza interruzione in cantina, e basta sfiorare il proprio termostato privato per scatenare istantaneamente una piccola, silenziosa esplosione di familiare tepore.”


Incipit: “Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta. Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. ma tra le mie braccia era sempre Lolita.”

Ad apertura di libro: “E ora prendete nota dell’importante osservazione che segue: ho lasciato che in me l’artista prendesse il sopravvento sul gentiluomo. È con grandissimo sforzo di volontà che sono riuscito in queste memorie, a conservare nello stile il tono del diario che tenevo quando la Haze era per me soltanto un ostacolo.”

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Edizione la Biblioteca di Repubblica, 2002


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Estetica di George Wilhelm Friedrich Hegel

L’estetica di Hegel costituisce la riflessione più profonda e completa che l’Occidente abbia prodotto sul fenomeno dell’arte. L’Estetica verrà pubblicata postuma dall’allievo Heinrich Gustav Hotho. Questa è la traduzione di un quaderno di appunti di un corso completo di estetica tenuto da Hegel a Berlino nel 1822-23, e ritrovato tra la carte del filosofo e storico della filosofia francese Victor Cousin.


Incipit: “L’arte, si dice, è il regno dell’immaginazione libera. le produzioni sono di conseguenza arbitrarie e fortuite. – È vero che l’arte risiede nell’apparenza; ma tutto ciò che è, deve anche apparire. La verità, l’essenza non sarebbe se essa non apparisse; e se l’arte è un’illusione, il mondo esterno e interno lo sono ancora di più.


Ad apertura di libro: “L’arte è in generale identità della figura e dell’intellettualità. Dapprima, l’intelligenza cerca di penetrare il materiale sensibile. Secondariamente, essa è il fondamento che penetra interamente la figura sensibile. In terza istanza, noi abbiamo visto che l’individuo non si ritrova più nella realtà, ma che ha in se stesso potenze sostanziali, il modello, la misura/a cui sottomettere la realtà; l’individuo nega la realtà come esteriore; ma egli ha in se stesso realtà.”


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Edizione di riferimento per l’articolo: Piccola Biblioteca Einaudi, Classici, Filosofia – Einaudi, Torino, 2017


 


 



 

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Lo splendore del nero, filosofia di un non-colore di Alain Badiou

Mi sono imbattuta in questo libro per caso, mentre ero alla ricerca di un romanzo e invece ho scoperto lui, un trattato filosofico di Badiou.


Chapeau. Grazie, fortuna, sempre che tu ci sia.


Titolo originale Éclats d’une non-couleur, Lo splendore del nero ha la straordinaria capacità di rapire la mente dalla prima all’ultima pagina, non perché io sia di parte o che altro, ma è proprio così.

Partendo dalla riflessione dell’infanzia, dei primi incontri con il colore nero, passando poi per le varie “sfumature” di significato che acquista a seconda dell’età e degli eventi che accadono intorno a noi e nel mondo, sia alle persone che alla cose, fino a giungere a puntuali riflessioni su ciò che illumina l’esistenza.


Incipit: “A quell’epoca era caporalmaggiore – è stata una delle mie metamorfosi. fanfara della terza regione aerea: uniforme blu scura, bustina, ghette bianche, dita e labbra avvezze agli striduli acuti del nostro cavallo di battaglia, intonato a ogni circostanza, il ritornello della Marsigliese. Di nera, allora, c’era solo la notte invernale. Il regolamento imponeva che alle…”


Ad apertura di libro: “Quando si trova al servizio della morte, il nero del lutto significa l’estinzione delle fiaccole della parata umana: i corpi sono tutti soggetti all’eguaglianza di ciò che, essendo negazione della luce, impedisce loro di brillare più degli altri. La nera eguaglianza di fronte alla morte.”


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Edizione di riferimento per l’articolo – Ponte alle Grazie, Salani, Milano, 2017

 

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Alice’s Adventures in Wonderland di Lewis Carroll

Beloved Alice, amazig world, horrific and true feelings. This is Wonderland.


Introduction: “-It is not children who ought to read the works of Lewis Carroll-, writes Gilbert Chesterton. Lewis Carroll’s Alice books shoul be read instead by – sages and grey-haired philosophers…in order to study that darkest problem of methaphysics, the borderland between reason and unreason, and the nature of the most…”


Incipit: “Alice was beginning to get very tired of sitting by her sister on the bank, and of having nothing to do. once or twice she had peeped into the book her sister was reading, but it had no pictures or conversations in it…”


Book’s choice: “The king and the queen of hearts werw seated on their throne when they arrived, with a great crowd assembled about them – all sorts of little birds and beasts, as well as the Whole pack of cards: the Knave was standing before…”


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Reference Edition for the article – Giunti classics, 2017

 

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Paradisi Artificiali di Charles Baudelaire

Saggio dotato di una potenza riflessiva straripante e poema in prosa ancora attuale per i moti dell’animo e dell’immaginazione che tocca, Paradisi Artificiali viene pubblicato nel 1860 e si sofferma in maniera dettagliata sui mondi paradisiaci che l’assunzione di droghe può provocare. La seconda parte dell’opera riprende le opere di Thomas De Quincey Confessions of an English Opium-Eater e Suspiria de profundis. 

Baudelaire, utilizzando la prosa conturbante e scandalosamente affascinante sua propria, studia come l’oppio e l’hascisc non sono rimedi, ma portatori funesti di una dipendenza tracotante e tirannica, ridondante nei gesti a cui sottopone il malcapitato, quanto nelle sensazioni provocategli. La visione del dispotismo e della dipendenza rimanda all’irraggiungibile basamento dell’immaginazione umana, al velo tremulo che separa la realtà dall’artificialità degli eventi, delle sensazioni e dal ballo frenetico della creazione, unito alle problematiche dell’inconscio.


Incipit:

“Mia cara amica,

il buon senso ci dice che le cose della terra hanno ben poca consistenza, e che la realtà vera sta nei sogni. Affinché uno possa digerire il benessere naturale, e quello artificiale, bisogna anzitutto che abbia il coraggio di mandarlo giù, e quanti meriterebbero forse di star bene sono proprio quelli a cui la…”


Ad apertura di libro: “E a un tratto i suoi occhi, abbagliati dalla luce della vita che c’era fuori, mentre confrontavano lo splendore glorioso del cielo con il gelo che ricopriva il viso della morta, ebbero una strana visione. Attraverso l’azzurro sembrò aprirsi…”


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Edizione di riferimento per la stesura dell’articolo – Rizzoli, Bur, Classici Moderni, Milano, 2011