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Il perdono e l’oblio ne ‘Il mio passato nel tuo presente’ di Giulia Castellani

Aedifico spazio autori

Il mio passato nel tuo presente

Di Giulia Castellani

Recensione

Benvenuti o bentornati su La scrivania letteraria!

Nella rubrica Aedifico spazio autori accolgo Giulia Castellani e il suo romanzo ‘Il mio passato nel tuo presente’ edito Bertoni Editore.

Presento con vero piacere la recensione de ‘Il mio passato nel tuo presente’!

Le scelte ne Il mio passato nel tuo presente, di Giulia Castellani sono affrontate con portata distruttiva ed eversiva insieme al fascino dei segreti familiari. Oblio o perdono?

Recensione

Il perdono e l’oblio sono i due maggiori concetti con cui la narrazione de ‘Il mio passato nel tuo presente’ produce momenti di tensione.

Clarissa, la protagonista di una parte della storia, si ritrova nella scomoda situazione di conflitto tra il ritorno a casa, a Gubbio, e la voglia di rimanere salda nella vita costruita a Bologna con il fidanzato Riccardo. Da anni ha lasciato perdere una delle fonti della sua frustrazione: la famiglia, ma a discapito delle resistenze emotive, l’orgoglio di Clarissa cede e lascia il passo alla possibilità di una ricostruzione sincera dei rapporti.

Come avevo anticipato nella segnalazione, che trovi qui, Clarissa e Sara sono sorelle; la prima ha scelto di allontanarsi dal paese natio per acquisire indipendenza e libertà, mentre la seconda ha optato per seguire i suoi interessi e gli studi fino a trovare un’occupazione nell’ospedale nei pressi di Gubbio. L’allontanamento di Clarissa e Sara è stato dettato dalla distanza geografica, ma anche dalla lontananza emotiva derivante dalla differenza di carattere e personalità, elementi che hanno spinto purtroppo le due giovani donne a erigere un muro di diffidenza e silenzio. Il rapporto che Clarissa ha intenzione di sanare è anche quello con il padre, il quale è per lei uno stigma di incomprensione, passata e presente, e di rancore. Durante il suo viaggio verso il passato nel tentativo di ricostruire un presente disarmonico per edificare un futuro stabile, Clarissa è accompagnata da Riccardo, il fidanzato.

Parallelamente alla vicenda di Clarissa viene narrata la storia di un appena diciottenne Enrico, in procinto di scegliere il percorso adatto alla sua vita. Ingenuità, testardaggine, voglia di mettersi in gioco si fondono e danno origine alla scelta del giovane: scontrarsi con il volere dei genitori e scegliere in autonomia il suo percorso, fino a cambiare nazione.

La trasformazione di Clarissa è dettata in certi momenti dalle sue scelte, mentre in altri pare farsi trascinare dalla corrente come se non gliene importasse di se stessa, degli eventi e dei desidera. A tratti pare una giovane donna piena di volontà, come il padre, alle vote pare cadere nel pozzo del dolore, del vittimismo e dell’apatia.

La drammaticità che potrebbe essere stata pensata per Clarissa si produce nell’ultima fase della narrazione mentre nella prima parte, in cui vi è il conflitto tra il ritorno a casa oppure l’oblio per i doveri familiari, non è metabolizzata, né narrata e né mostrata. Pare quasi che prenda su due piedi la scelta di tornare a Gubbio nonostante la fatica e gli anni passati a costruire una carriera, una relazione e una stabile dimora per sé.

Nel caso fosse stata presente l’intenzione di produrre una scelta rapida in un contesto simile sarebbe stato ottimo, e di forte impatto durante la lettura, puntare sulla sensibilità di Clarissa, sulle paranoie, sulle preoccupazioni, sulla possibilità, seppur remota, di perdere il lavoro dati poi i risvolti successivi. Nel corso della narrazione Clarissa si è svincolata con esagerata facilità da certuni obblighi, trascinando con sé Riccardo. Un viaggio di crescita personale dalle sfumature drammatiche e liriche l’avrebbe vista partire con le sue sole forze e affrontare i doveri giunti dal passato con tutti gli ostacoli e le sofferenze a ciò connessi. Da sottolineare in Clarissa un’indolenza che fa capolino di tanto in tanto e che, qui per fortuna, è presente Riccardo a sostenere le scelte della giovane.

Dovendo fare i conti con il passato e con il presente Clarissa ricade in un turbinio dal quale ha saputo trarre di certo una sorta di verità di vita, ma dal quale non ha tratto un cambiamento per se stessa, per la sua propria persona. Clarissa è stata ferita, presa a schiaffi da tristi vicissitudini ed essa necessita di essere ascoltata, ma da parte sua, come ben viene sottolineato dalle parole della sorella Sara, sarebbe stato edificante vedere un’intenzione, una forza, sebbene sofferente, per esorcizzare e interiorizzare i dolorosi accadimenti.

Nella narrazione de ‘Il mio passato nel tuo presente’ il ritmo viene incalzato solo se necessario, come se vi fosse una sorta di freno inibitore a tirare le fila degli atti. L’espressività delle emozioni umane e la tensione narrativa sono percepite in modo nitido nella gioventù di Enrico e in Clarissa si nota non tanto nei momenti di vittoria, di crescita, quanto negli attimi di sconforto.

I luoghi della narrazione sono delineati in maniera relativa e avrebbero potuto supportare la finzione narrativa se fossero stati maggiormente descritti o approfonditi dal punto di vista dell’io narrante.

Il cuore de ‘Il mio passato nel tuo presente’ è da cercare negli interstizi delle parole per alcuni motivi. Prima di tutto la famiglia è un tasto dolente sia per Enrico che per Clarissa; meglio di chiunque altro sono riusciti a lasciare in sospeso i conflitti e a silenziare le pallottole sparate l’una contro l’altro senza il benché minimo cenno. Il tarlo del silenzio, dell’impossibilità di esprimersi per anni e anni ha demolito emotivamente Clarissa e psicologicamente Enrico; sarebbe stato interessante approfondire anche i cambiamenti nel loro comportamento e nei loro processi psico-sociali. In seconda battuta per trovare un equilibrio interiore sia Clarissa che Enrico hanno bisogno di spazi silenziosi in cui l’elemento determinante sta nella possibilità di comprendersi e di decidere secondo la propria voce. A entrambi è stato posto un bavaglio e devono riuscire a liberarsene. Terzo elemento è la similitudine nell’affrontare i problemi: a testa bassa e senza pensarci troppo, non fino in fondo almeno.

Enrico è un personaggio combattente che si può immaginare come un soldato di poche parole ma di fatti; Clarissa è simile a un fiore che avrebbe voluto sbocciare senza fuggire dalla sua terra, ma che è stato costretto a uno sradicamento che lo ha spinto, con in braccio se stesso nella sua zolla di terra, a ricostruire una nuova vita lontano dalle ombre passate.

Enrico e Clarissa sono due pianeti opposti nei cui campi gravitazionali sono entrate persone, luoghi e vicende complesse da esprimere in tutta la loro portata lirica e umana.    

Trama

Da un decennio Clarissa ha tagliato i ponti con il passato. È una giovane donna che lotta per il suo futuro. Studentessa universitaria, lavoratrice, fidanzata con Riccardo. La vita passata però, verrà a chiedere la decima al suo cuore quando scoprirà che suo padre, Enrico, è malato. A dare la notizia, la sorella Sara. Colta alla sprovvista, ma conscia che il perdono o l’oblio sono le uniche due scelte possibili, Clarissa sceglierà la prima. Abbandona Bologna, la sua nuova casa, e torna a Gubbio con Riccardo. Clarissa affronterà il suo passato e insieme anche quello di suo padre, spazio temporale di un segreto rimasto tale per trent’anni.  

Biografia

Giulia Castellani nasce a Gubbio nel 1991. Si diploma al liceo classico e frequenta la triennale di Lettere a Perugia. Consegue la specialistica all’alma mater di Bologna laureandosi in ‘Italianistica e Scienze linguistiche’. Le passioni per la lettura e la scrittura nascono durante l’infanzia.  

Nel 2010 pubblica il romanzo breve di genere fantasy ‘Il segreto di Leutra’ con Albratros, il filo.

Nel 2019 rientra tra i vincitori del concorso Racconti umbri della casa editrice Historica Edizioni con il racconto ‘Storia di un piccolo mondo Hi-Tech’.

Pubblica ‘Il mio passato nel tuo presente’, per Bertoni Editore nel novembre 2019.

A luglio 2020 apre il blog letterarioLe parole di Misaki’ dedicato alle recensioni dei libri letti.

“Ora avrebbe solo dovuto parlare con i suoi al più presto. Si sarebbero arrabbiati sicuramente. Eccome se si sarebbero arrabbiati!”

— Il mio passato nel tuo presente, Giulia Castellani

Scheda Libro

  • Titolo: Il mio passato nel tuo presente
  • Autore: Giulia Castellani
  • Genere: romanzo – narrativa contemporanea/drammatico
  • Editore: Bertoni Editore (Novembre 2019)
  • N. Pagine: 148
  • Prezzo: 16,00€ cartaceo – 3,99€ ebook
  • ISBN: 978-8855350938

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I consigli di lettura

Una storia straordinaria di Diego Galdino

Una buona giornata a tutti! Siamo a metà settembre, mese dei nuovi inizi, di nuovi progetti, di riflessioni e di momenti di quiete, come se anche noi fossimo in procinto di spogliarci delle nostre foglie “vecchie” e prepararci a nuovi germogli per l’anno che verrà. I mesi estivi sono stati lunghi e pieni di vicissitudini nonostante l’estate voli sempre via troppo velocemente. Oggi vi parlo e vi propongo la recensione del romanzo d’amore di Diego Galdino, intitolato Una storia straordinaria. Diego è un autore italiano best-seller, noto come lo scrittore barista; ha pubblicato diversi libri, tra cui Il primo caffè del mattino e L’ultimo caffè della sera.

Quando mi approccio a un nuovo autore voglio scoprire nel suo libro i piccoli particolari che mi fanno riflettere e che mi portano, sempre ed è ciò che adoro della lettura, ad abbracciare e sentire meglio le parole che utilizza per esprimere e costruire la sua storia. Non nego assolutamente una certa mia fortuna anche nel trovare i libri giusti al momento giusto, soprattutto quando sono intenta a riflettere e approfondire le mie ricerche (sono piena di quaderni personali) su un determinato argomento, ecco che arriva un libro inaspettato ad accompagnarmi con altra sensazioni nel percorso di ricerca. Quindi, Diego, ti ringrazio.

Passo ora a parlarvi nel dettaglio di questo tenero e dolce romanzo, Una storia straordinaria. Per prima cosa la trama, che non guasta mai. Luca e Silvia sono due ragazzi che vivono placidamente le loro vite, tra lavoro, abitudini, passioni e famiglia. Una gioiosa quotidianità in cui sono immersi nelle loro esperienze personale. Pur senza essersi incontrati volontariamente, le loro vite si intrecciano attraverso i sensi…si sfiorano, si ascoltano, si vedono, riescono a percepire addirittura il proprio profumo. Due eventi però sconvolgono le loro vite: Luca perde la vista e Silvia viene aggredita e derubata nel parcheggio sotterraneo del palazzo in cui lavora. Entrambi, in maniere diverse, si chiudono in una realtà alternativa, in cui si sentono persi, dimenticati e sofferenti per ciò che il destino ha loro riservato, ma non sanno che proprio per il destino, per i casi, grazie ai sensi si riscopriranno assieme e soprattutto grazie all’amore si ritroveranno seduti alla prima di un film romantico, in cui uno scambio accenderà una scintilla che li unirà e li renderà forti e straordinari.

Gettarsi in una storia d’amore è sempre difficile per ogni persona, soprattutto quando la paura, la sfiducia in se stessi ed eventi traumatizzanti della vita si rincorrono rendendo confuso anche il cuore. Così accade sia a Luca che a Silvia; la cecità del giovane e l’aggressione che la ragazza ha subito sono frutto della medesima marea profonda che sbatte e riverbera nelle loro azioni, annegandoli nella disperazione. Se da una parte Luca, appassionato di film e immerso nel mondo della settima arte, è riuscito a reinventarsi dopo la sua disgrazia creando un sito in cui vengono raccontati i film, dall’altra parte Silvia ha deciso di esporsi al mondo solo tramite la voce, lavorando in un programma radiofonico intitolato solo cose belle.

Sembra che entrambi abbiano trovato la propria bolla di gesti artritici, dettati non dal loro volere più puro, bensì spinti da un perenne senso di colpa instillato dai timori e dalla tristezza costante per ciò che è stato perso. Eppure il loro cambiamento, avvenuto tramite la sofferenza, porterà a sfide più grandi, più importanti e a una irrimediabile presa di coscienza che l’amore e il destino assieme posso muovere e intessere reti di perle in cui entrambi si riflettono, si ricercano, inconsapevolmente tramite ciò che ancora possiedono, i sensi. Se Luca ne ha perso uno, gli altri si sono affinati, se Silvia li ha tutti, non ha ancora avuto modo di conoscerne i lati più teneri e dolci, come la vista del tramonto su Roma, città in cui è ambientato il romanzo, o il viso di Luca davanti a un frappè condiviso.

L’amore, il più nobile dei sentimenti, immenso ed espletato fin nei più piccoli gesti, arriva a bussare alla loro porta in maniera inaspettata, rifulgendo di una splendida forza che li trascina, li scorta e li porta a conoscersi, comprendersi e amarsi. Silvia ritrova in Luca la bontà dell’essere umano, riscopre la fiducia in se stessa, la bellezza della realtà che la circonda. Luca riscopre come la sua disabilità non sia un muro per ciò davvero conta nella sua vita: una persona al suo fianco che possa condividere con lui le gioie dei giorni che si susseguono, i luoghi che lo hanno fatto innamorare di Roma, la sua bontà d’animo, che come un’aura luminosa riverbera intorno a lui. Luca e Silvia riescono a provare una passione travolgente, senza limiti, in cui i loro corpi si uniscono e percepiscono la loro mancanza, che coltivano quando non sono insieme e che ravviva ancora di più ogni loro unione. La complicità si ricrea nel tatto, nell’udito, nel gusto, nell’olfatto e…anche nella vista.

Ho apprezzato davvero tanto questo romanzo; mi ha fatto ricordare la tenerezza degli abbracci, mi ha fatto immaginare la città eterna. L’amore tra Luca e Silvia è una luce, una volontà realizzatasi in un attimo, in un soffio di vento che ha fatto incontrare i due protagonisti. Le descrizioni danno modo al lettore di immedesimarsi in entrambi, senza distinzione e lo stile di Galdino, semplice e incisivo, coglie quanto è necessario perché il lettore possa vivere appieno l’esperienza della lettura. Ci sono momenti nel libro in cui ci si sente immersi in Roma e altri in cui il modo di parlare di Luca e la passione di Silvia per il cinema vi faranno davvero ridere di gusto e pensare come la settima arte riesca bene a inserirsi nei momenti bui, luminosi e tragicomici della vita.

Estratti

«Non ti sta mai bene niente. Dai, prima che soffochi, svelami dove stiamo andando.» A quel punto intervenne il tassista. «Sì, sarebbe il caso che lo svelasse anche a me. Quando è salito in macchina è rimasto un po’ sul vago, mi ha detto solo ‘vada verso via di Villa Giulia’ e ormai ci siamo quasi.»

Lei l’aveva già salvato: altro che riportarlo a riva, Silvia l’aveva riportato in vita. Mai come in quei giorni, come in quel preciso istante la vista gli era sembrata un dettaglio.

Come sempre Franco nascose con la solita ironia il suo malessere nel tornare a casa dei genitori. Anche per questo motivo faceva il tifo affinché Luca non sprecasse l’occasione che il destino aveva voluto regalargli. «La chiamerai, vero?»

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Sussurri di Alex Nardelli – Recensione

Una buona giornata Lettori e Lettrici! Oggi vi propongo la recensione della silloge di poesie Sussurri, di Alex Nardelli, in campagna Crowdfunding su Bookroad.

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L'autore (1)

Alex Nardelli ha trascorso la sua infanzia a Ponte di Mossano, un piccolo paesino in provincia di Vicenza. Da sempre amante della scrittura, si diletta a comporre melodiche poesie, interpretando pensieri profondi ed episodi di vita vissuta in versi liberi e  personali. Sin da piccolo amante del teatro, ha partecipato a numerosi corsi di formazione recitando con diverse compagnie teatrali. Dal 2017 comincia a lavorare come modello artistico sponsorizzando capi d’abbigliamento e brand. Dal 2018 partecipa ai laboratori teatrali della compagnia La Piccionaia al Teatro Astra di Vicenza.

L'autore (2)

Sinossi

Nella raccolta di poesie: “Sussurri” l’autore decide di spogliarsi di ogni filtro, mosso dal genuino bisogno di mostrarsi nitido, senza maschere, gettando ogni peso dell’anima tra le pagine. L’opera è composta da tre capitoli all’interno dei quali si accavallano temi importanti che toccano da vicino il poeta: la violenza, il dolore, l’amore giovane e fugace vissuto nella tenera età dove tutto è ancora ignoto, confuso e fragile. Più volte l’autore si immagina protagonista di viaggi alla scoperta dell’universo, ed è qui che sfoga la sua rabbia chiedendo perdono del dolore che la violenza dell’uomo può causare alla natura. Il lettore viene accompagnato alla scoperta di un animo sensibile, curioso e ribelle, che riflette il periodo dell’adolescenza e il piacere della scoperta tra gioia, sogni e paura.


Recensione

La silloge di poesie Sussurri di Alex è suddivisa in tre parti principali, ognuna delle quali inizia con un pensiero personale, un’idea di cosa sia la vita, il dolore, la violenza, l’amore e le bugie.

Ciò che mi ha piacevolmente colpita è la raffinatezza delle sue poesie e le immagini costanti che le legano a un filo conduttore: le emozioni vivificate dalle metafore e dalle similitudini con la natura e le sue forze. Gioia, dolore, rassegnazione, amore e timore si susseguono senza sosta, imprimendo nei versi una semplice tenerezza e una profonda riflessione su chi e cosa sia l’essere umano, dal punto di vista della sua violenza nei confronti di ciò che lo circonda e della sua indifferenza e dall’ottica di una nuova sensibilità che comporta il cambiamento, la messa a nudo delle debolezze e dei pregi che con la volontà di esistere di amare muovono i gesti migliori.

La prima parte della silloge si concentra maggiormente su riflessioni di carattere generale, sulle emozioni che si svelano guardando se stessi senza veli e senza remore: un affronto a viso aperto con la sensibilità che l’essere umano durante l’introspezione e un attento ascolto delle esperienze vissute e delle ombre, come di teneri ricordi del passato.

Nella seconda parte della silloge invece ho trovato una sensazione di latente libertà che si libera della categorizzazione in cui l’essere umano cade nella società e nella vita; mi è apparsa una vera e propria liberazione che comporta uno scontro con l’esteriorità e l’interiorità. Qui l’amore è pregno, denso di significato nella sua leggerezza, nella sua effimera seppur travolgente presenza, nella sua sincera e ingenua bellezza della giovinezza.

La terza parte della silloge appare come il termine di un percorso e altrettanto come l’arrivo a un nuovo punto di partenza; la libertà, la verità che appare sotto mutevoli forme e attraverso la conoscenza dettata dall’esperienza, il dolore delle cicatrici che sono ancora aperte e altre rimarginate, sono il corpo principale che dà forma al nuovo inizio delle emozioni e delle sensazioni.

Elementi naturali e umani si intrecciano per dare spessore a ciò che i sensi riescono a dipingere nelle immagini e nella memoria. L’amore è percepito come singolare e universale, in una danza costante e affascinante. L’intensità della giovinezza che si scontra e diventa consapevole della rapidità della vita, tenta di comprendere meglio e di abbracciare l’attimo, il presente, con tutte le sue debolezze, le difficoltà e le gioie. I corpi appaiono prima rigidi, impressi in pensieri dettati da altri, poi, come un lampo, una nuova aria, nuovi orizzonti, aprono il corpo verso la gioia dell’essere vivi e vividi nei propri sensi, nell’amore.

Consiglio la silloge Sussurri di Alex Nardelli per il lampo emozionante che ogni poesia mi ha suscitato.

L'autore (3)

Link alla campagna Crowdunding di Sussurri. Acquistando una copia in pre-ordine della silloge di poesie Sussurri potrai ricevere in omaggio un altro libro dal catalogo Bookroad a tua scelta.

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Il parassita, di Arthur Conan Doyle – Recensione

ARTHUR CONAN DOYLE – IL PARASSITA – GENERE NARRATIVA/CLASSICI

Titolo: Il Parassita

Autore: Arthur Conan Doyle

Edizione: Caravaggio Editore, 2020

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Una buona giornata Lettrici e Lettori del blog! Oggi vi propongo la lettura del romanzo breve di Arthur Conan Doyle “Il Parassita” edito Caravaggio Editore, presente nella collana I classici ritrovati, diretta da Enrico de Luca. L’edizione, integrale e annotata, è curata da Andrea Oscar Ledonne, estimatore di Arthur Conan Doyle, laureato in Giurisprudenza, amante di letteratura, storia, epica e mitologia.

Prime impressioni

Le opere di Sir Arthur Conan Doyle sono in “lista lettura” da un bel po’ di tempo ormai… però le opere più conosciute e il noto personaggio Sherlock Holmes dovranno attendere ancora un po’ perché sono stati anticipati da Il Parassita, romanzo breve di Conan Doyle che ha suscitato in me un’immediata curiosità. Mi sono chiesta, perché non avevo mai sentito parlare de Il Parassita? Forse perché il protagonista non è Sherlock Holmes? Magari per dimenticanza? Chi può dirlo! In ogni caso è stata una felice coincidenza scoprire la penna di colui che ha creato il “giallo deduttivo” attraverso una delle sue opere non troppo note al grande pubblico. 

Trama

Il Parassita, come anticipato, è un romanzo breve che si snoda in forma di diario in cui vengono narrate le vicende del Professor Austin Gilroy, brillante docente universitario. Devoto al metodo scientifico, con una brillante carriera ben avviata, convinto di trovare nella razionalità le risposte ad ogni quesito e innamorato della dolce Agatha, si lascia trascinare dall’ipnotico mondo del soprannaturale, dell’occulto e del mistero attraverso la conoscenza di Miss Penclosa tramite il suo amico, il Professor Wilson. Il Professor Gilroy annotata minuziosamente sul suo diario ogni incontro con la stravagante Miss Penclosa e tutte le sensazioni e gli eventi che man mano si snodano, in maniera sempre più concitata fino alla fine del libro.

La lettura 

Appassionante e affascinante sono le prime parole che mi vengono in mente quando penso a Il Parassita. La storia tra Miss Penclosa e il Professor Gilroy è una sorta di conflitto, di messa in discussione dei principi che orientavano il periodo ottocentesco: da una parte la razionalità e dall’altra l’occulto, il soprannaturale, il mistero, in particolare in questo romanzo breve a fare da padrone sono il mesmerismo e l’arte ipnotica. 

La forma di diario permette di immergersi totalmente nella lettura fin dalle prime pagine, le quali iniziano come una fresca brezza e poi, con le parole del Professor Gilroy ci si immerge con uno schiocco di dita nelle sue riflessioni che si dividono tra la pura razionalità e la possibilità che ci sia qualcosa di inspiegabile attraverso la scienza. 

Il romanzo è una perfetta espressione del periodo vittoriano, soprattutto nella caratterizzazione del personaggio di Miss Penclosa, la cui alterità è anche ciò che attira e affascinata il Professor Gilroy: una persona straniera, storpia, apparentemente dotata di poteri che superano ogni comprensione del concreto Gilroy, personaggio opposto a Miss Penclosa. 

Un’altra caratterizzazione che ho trovato interessante e fonte di riflessioni di genere è stata Agatha, la bellissima e dolcissima Agatha. Ella viene messa in risalto nella sua assenza, nei pensieri di Gilroy, paladino della sua bella che non ha potere né volontà, un Essere-Donna-Angelo, dotata di una personalità dettata dalla leggerezza, mistificata dal punto di vista del futuro marito che la osserva come potrebbe osservare un rarissimo e fragile cristallo da conservare e non un soggetto dotato di volontà. Opposta e dicotomica, che rispecchia un altro elemento del periodo vittoriano, che consiste nell’ideale femminile e nella tetra situazione delle donne, è proprio Miss Penclosa; guardandola con più attenzione, nonostante la sua alterità e il suo aspetto fisico, a mio parere volutamente sminuito, la sua volontà riesce a piegare le volontà di personaggi che appaiono come i paladini della rettitudine, quando invece, tramite i suoi atti, si riscoprono deboli e fragili e nel terrore della loro fragilità, agiscono tramite la frenesia che ne deriva, la quale non fa altro che scatenare in loro terrori primordiali, impulsi istintivi. Privati del loro effimero status, alla ricerca di una spiegazione dal loro unico punto di vista, che scade nell’ideologia della Ragione, i personaggi non si riscoprono, bensì si riavvolgono in se stessi, rimangono basiti, indagano solo nel momento in cui ciò che esperiscono è a favore delle loro tesi, non alla ricerca di una confutazione, ma di conferme che sottomettono le diversità e sfondano ogni confine e limite.

Il parassita è l’ossessione di Austin Gilroy nei confronti di Miss Penclosa, l’idea che lei sia in grado di seguirlo, di possedere il suo “io”, di ipnotizzarlo al punto da portarlo lontano da Agatha e dalla sua carriera universitaria. Gilroy trova in Agatha un’ancora di salvezza, una persona che non lo abbandona, non lo rimprovera, non gli dà prova della sua fragilità perché è lei che assurge alla figura ingenua e pura e proprio nella certezza che Agatha abbia bisogno di una persona che la protegga, la salvi, Gilroy trova la forza che lo risolleva e gli permette di riprendere parte della sua lucidità. 

Il finale dà scacco all’intera vicenda, all’annaspare continuo di Gilroy e all’egemonia di Miss Penclosa.


Il Parassita è un romanzo che consiglio vivamente per gli spunti di riflessione e la semplicità con cui due argomenti, razionale e inspiegabile, si intersecano e si innervano in due personaggi di eccellente spessore. 


“Era tutto meravigliosamente chiaro, eppure dissociato del resto della mia vita, come gli avvenimenti di un sogno, persino di quello più vivido, potrebbero essere.”

“In molti hanno delle forti volontà che non sono separabili da loro. Il punto è avere il dono di proiettarla in un’altra persona e sostituirla alla sua. “

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Amazzonia di James Rollins

JAMES ROLLINS – AMAZZONIA – GENERE THRILLER/AVVENTURA

Amazzonia è il romanzo di avventura che va a braccetto con il thriller, senza lasciare da parte epidemie, mutazioni genetiche e il Paleozoico.

Titolo: Amazzonia

Autore: James Rollins

Edizione in mio possesso: TEA 2006

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Prime impressioni

Scartabellando tra i titoli della libreria mi è passato sott’occhio questo bel libretto compatto. James Rollins? Non lo avevo ancora letto e dato il titolo “Amazzonia” mi sono prefigurata una bella scampagnata mortale in mezzo alla foresta incontaminata dall’uomo occidentale. Sottolineo questo, uomo occidentale, perché oltre a voler leggere Amazzonia per diletto, avevo anche una seconda intenzione: osservarlo sulla scorta di alcuni libri più impegnati che ho letto in questi ultimi tempi, relativi all’ambiente e alle profonde cicatrici che il cosiddetto progresso umano sembra aver lasciato in maniera indelebile sul pianeta Terra.

Essendo un romanzo di intrattenimento, non mi aspettavo alcuna riflessione profonda e piena di patos e difatti non sono stata disattesa: niente patos, ma una bella storia d’avventura e di…morte.

Trama

È uno spettacolo orribile quello che si presenta a padre Garcia, il sacerdote della missione di Wauwai, in Amazzonia: un uomo emaciato e coperto di piaghe esce dalla giungla e si accascia ai suoi piedi, esalando poco dopo l’ultimo respiro. Padre Garcia non sa che, quattro anni prima, quell’uomo faceva parte di una spedizione scientifica poi svanita nel nulla. La CIA, invece, lo identifica come Gerald Clark, un ex agente delle Forze Speciali, la cui carriera era stata stroncata dalla perdita di un braccio durante una missione in Iraq. Adesso, però, Clark, ha entrambe le braccia. Per trovare una spiegazione a un evento così sconvolgente, il governo incarica Nathan Rand di organizzare una nuova missione per seguire l’itinerario della prima spedizione che sembra condurre al villaggio di una leggendaria tribù. Ma il cuore della giungla nasconde un segreto inviolabile, un segreto che genera paura, follia e…morte.

La lettura

Ogni pedina in questo romanzo gioca il suo ruolo in un valzer di colpi di scena, morti improvvise, cliché, personaggi di uno spessore medio, che ad una descrizione rapida e con qualche battuta classica stereotipata si capiscono immediatamente. Sembrerà un’opinione secca e nemmeno troppo positiva…d’altro canto nei libri io ricerco anche quel famoso altro, il diverso, giusto per farmi un’idea di come vengono percepiti e costruiti i generi, sia da scrittori alle prime armi che dai best-seller. E in questo libro ho potuto ritrovare un altro modo di rendere gli stereotipi non esageratamente pesanti e soffocanti nel corso della lettura.

Il punto centrale di Amazzonia è la storia; una bolgia di intrighi, di sotterfugi, di storie amorose e familiari a metà, concentrate tutte e vorticanti intorno all’avventura rocambolesca della spedizione che ripercorre le tracce della missione a cui aveva partecipato il padre di uno dei protagonisti, il giovane Nathan Rand, ancora inseguito dai mostri del passato di una morte che lo ha sconvolto e lo ha lasciato con il grande interrogativo: che fine ha fatto mio padre? Molte volte e romanticamente si dice che il tempo guarisca ogni ferita, ma Nathan non accoglierebbe mai un’affermazione del genere; difatti, appena gli viene concesso un barlume di speranza, la possibilità di scovare, forse, il luogo in cui suo padre è stato ucciso (o chi lo sa, perché non avremo sicurezza della sua morte), la accoglie a braccia aperte e parte alla volta del cuore misterioso e inesplorato della foresta amazzonica.

Il viaggio della spedizione, formata da scienziati e forze speciali, è una continua azione; morti, fughe, ombre che li seguono e che solo quando sarà troppo tardi lasceranno visibili le loro tracce. Il gruppo, durante l’avanzata verso il fatidico villaggio dei Ban-ali, una tribù considerata portatrice di maledizioni, pestilenze e morte, perderà uomini e risorse, dovrà far fronte a una fatidica (quanto mai attesa) talpa che metterà i bastoni tra le ruote e i superstiti scopriranno che non sono solo loro i cercatori del tanto agognato villaggio sperduto nella giungla.


Amazzonia è un libro apprezzabile, non troppo impegnativo e come ogni libro che si rispetti per i miei canoni, fonte di domande e di curiosità. In merito al mio interesse esposto all’inizio dell’articolo, in questo libro si ritrovano due fronti: coloro che vogliono mantenere intatta la foresta amazzonica e lasciare spazio alla biodiversità e alle popolazioni autoctone e coloro a cui non interessa minimamente l’importanza di uno degli spazi verdi più grandi del pianeta; questi ultimi sono il volto che più è ravvisabile nei decenni precedenti ai nostri e anche nel mondo odierno. D’altro canto, la dicotomia appena espressa è anche fonte di interesse nei dialoghi dei diversi personaggi e questo è un ulteriore motivo per cui mi sento di consigliarne la lettura; non solo per chi è in cerca di avventura, di azioni truculente, di intrighi, ma anche per chi ricerca un punto di vista critico affondato nell’intrattenimento che riesce a fare breccia nei lettori più di un saggio (giudicato dai più, per sfortuna) ampolloso.

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Verbum. Custos Verbi di Niccolò R.V. Toderi – Recensione

Recensione del romanzo Verbum. Custos Verbi di Niccolò R.V. Toderi edito Bookabook nella collana SCI-FI.

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Biografia 

Niccolò Raoul Vinicio Toderi è nato nel 1985, dopo la maturità classica si laurea in Filosofia estetica a Trento nel 2011. Custos Verbi è il primo libro della sua saga fantascientifico/distopica contesa tra misticismo e tecnologia.

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Trama 

La metropoli di Neo Babylon, asserragliata da mura alte duecento metri, è l’ultimo baluardo dell’esistenza umana alla fine di un’era di guerre e sconvolgimenti, in cui il tempo pare essersi fermato. I migliori tra gli uomini, gli Esuli, hanno lasciato il pianeta in cerca di una nuova speranza, sena però aver fatto ancora ritorno. Chi è rimasto ha ereditato un luogo in declino, progredito nella tecnologia, irrigidito dalle ferree leggi che lo governano e ormai destinato non più a un percorso di creazione bensì a un vissuto che sa di stantio e di eterna ripetizione. Le vie della città sono percorse da individui capaci di scorgere il futuro: i Custos che agiscono al servizio della Verità, un bene superiore che nel tempo è rimasto incomprensibile ai più, relegato e conservato tra le mura del tempio, lo Ieron. In un momento di diffidenza, di odio e incomprensione, insinuatosi nella maggioranza delle menti, convinte che la persistenza sia l’unico modus vivendi possibile, i Custos perdono il loro aspetto necessario e diventano i portatori di gesti e azioni a cui nessuno più crede. Quando la città inizierà a tremare a causa di una serie di attacchi terroristici, i Custos saranno l’unica possibilità per evitare l’estinzione del genere umano, ma la luce della Verità potrà ancora illuminare Neo Babylon?


Verbum. Custos Verbi è un romanzo che contiene in sé molti generi, un turbinio che ha permesso alla trama di espandersi senza perdere coerenza né confini. Il genere distopico si intreccia con il genere fantastico e le derivazioni filosofiche, sociologiche e antropologiche sono ben percepibili fin dall’inizio, proiettato nel qui e ora. Il romanzo si sviluppa attraverso la narrazione di tempi diversi: il presente, il passato e ovviamente, il futuro. Perché ovviamente? Perché il perno, uno dei fili conduttori della vicenda è proprio il futuro; i Custos, esseri umani in grado di immergersi nel futuro, per istanti o minuti. Non è semplice essere un Custos agli occhi altrui, allo sguardo degli ultimi esseri umani presenti sulla Terra e rinchiusi in una città che possiede l’asfissiante sapore del declino. Verbum Custos Verbi grafica 1 (3)

I Custos Verbi sono coloro che servono la Verità e attraverso le visioni del futuro, le apocalypses, sono in grado di anticipare gli avvenimenti, ma come ogni essere, anche loro hanno dei limiti e delle regole, un ferreo codice da seguire, per il quale il loro compito non è essere empatici con i resti dell’umanità e nemmeno scendere a patti con il governo, la Grande e Unica Democrazia. Il compito dei Custos è vegliare sul popolo, sui cittadini, sulle persone nonostante diventi sempre più lampante la consapevolezza che nessuno sembra più avere fede nel Credo dei Custos e nemmeno dare importanza alla loro funzione a Neo babylon.

Protagonista della vicenda è Orfeo, un Custos che, affiancato da altri personaggi, è riuscito a dare vita con il suo spessore a un universo parallelo e contemporaneo ricco di riflessioni, di enigmi e di punti di domanda. Questo è uno degli aspetti del romanzo che ho preferito maggiormente e su cui mi sono soffermata; il piacere di leggere tra le righe, i dialoghi corposi, ricchi di significati che ne nascondono altri, descrizioni precise, centellinate e collocate nel posto giusto al momento giusto, con una cura sulla parte sensoriale e psicologica. Altro aspetto che ho trovato interessante è stato il continuo intervallarsi di punti di vista e di salti temporali; questo tipo struttura del testo mi ha permesso di ricavare il meglio da ogni evento, azione e personaggio, assaporando i balzi dal futuro al passato, dal presente al passato, in un agglomerato di tempo e spazio in cui sembra che il senso si perda nelle apocalypses dei Custos, ma che proprio questo punto, i continui salti, permettono di assaporare meglio ciò che cambierà e che modificherà le sorti dei Custos, la conoscenza di loro stessi e una nuova consapevolezza: il futuro sembra non arridere più al dono, pare scappi, svanisca ancora prima di divenire la Verità tangibile da modificare e da creare.

Orfeo si trova a dover fare i conti con questa apparente cecità nei confronti della Verità insieme ai Custos Verbi ancora presenti a Neo Babylon: la Metera Sybilla, Cassandra, Morrigan, Laocoonte, i gemelli Castor e Pollux e Samuel. Il Credo permetterebbe loro di indagare più a fondo, di scoprire cosa sia mutato nel tempo e quanto il dono dipenda dai cambiamenti, per quanto possibili, avvenuti nell’asfittica città, ma non avranno il tempo di pensare astenendosi dall’agire per la salvezza perché il malcontento, già da tempo serpeggiante tra la popolazione, viene infervorato da improvvisi attacchi terroristici da un fronte e dall’altro, il governo, al cui vertice è posto il grande Demiurgo, sembra volere controllare ogni movimento dei Custos. In particolare Orfeo si ritrova stretto in una morsa che ad ogni ora si stringe sempre più sul suo copro la sua mente e sul futuro, come se da entrambi i versanti la brutalità, la violenza e la sete di potere volessero frantumare la Verità e con lei tutti i suoi portatori.

Verbum. Custos Verbi è un romanzo che permette di scoprire quanto la Verità, la complessità dell’agire umano, il potere e la coercizione siano sia antidoto che veleno per le menti degli esseri umani. L’elemento distopico è realizzato perfettamente nella città, Neo Babylon, un luogo in cui il colore campeggiante è il grigio; edifici, strade, oggetti e persone hanno perso la loro identità, la scintilla vitale che produce sviluppo e cambiamento. Il fantomatico progresso tecnologico di cui sono circondati è solo un effimero baluardo pronto a soddisfare le aspettative egoiche e temporanee degli esseri viventi e chi non si conforma all’aspettativa del governo e della popolazione, come i Custos e come Euridice, uno dei personaggi su cui inizialmente provavo qualche dubbio, ma che si è rivelato insostituibile, è considerato indesiderato.

La socialità e la sociabilità improntata sul dialogo, elemento per cui l’esser umano dovrebbe essere apprezzabile, è rintanata negli angoli dei quartieri peggiori di Neo Babylon, rifugiatasi tra le ombre, nel buio di una cripta, impotente di fronte al soverchiante presente sempre più gettato verso un futuro ripetibile solo in un panorama di ottundimento.

Ho trovato raramente qualcuno in grado di descrivere appieno una fede, un’abnegazione come ha saputo fare l’autore in un romanzo d’esordio, ricco di colpi di scena e momenti toccanti; inoltre ha orchestrato e svelato la Verità pian piano e i Custos, a mio parere, sono proiezioni inesauribili della stessa proprio perché questa Verità, questo poter creare guardando più in là di chiunque altro, è il frutto della Verità stessa.

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“Un momento fa, forse” di Giovanni Ardemagni – Recensione

Recensione del romanzo di Giovanni Ardemagni, Un momento fa, forse, edito Pegasus Edition. 

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Giovanni nasce a Stabio il 2 marzo del 1959, Cantone Ticino Svizzera. Studia presso la scuola Interpreti di Zurigo quale traduttore per Italiano, Tedesco, Francese e Inglese. La sua carriera professionale lo vede in posizioni manageriali presso Corrieri internazionali. Ricopre la funzione di CEO per Poste Svizzere in Italia. In tale periodo sponsorizza il concorso internazionale di rilegatura d’arte, svoltosi tra Macerata e Assisi, per rilegare il Cantico delle creature di San Francesco, opera tradotta in tutte le lingue al mondo e in tutti i dialetti nazionali italiani, di cui Giovanni cura personalmente un paio di traduzioni.

Nel 2016 pubblica con Youcanprint il romanzo “Il camaleonte equilibrista, osteria con alloggio” che viene premiato a settembre 2019 col primo posto al concorso nazionale Narrativa Indipendente a Treviglio (BG). Il romanzo viene presentato nell’Hortus del comune di Cingoli, Macerata (dove è ambientato il romanzo), su invito del comune di Cingoli (Marche); viene presentato alla casa dei cechi di Lugano (Svizzera) e questi ultimi traducono il testo in Brail.

Nel 2017 L’accademia Petrarca premia il racconto “un grande amore niente più” tratto dal romanzo, col premio speciale allo scrittore. Il concorso è dedicato a Maria Callas

Nel 2017 il racconto “Pacco felice” destinato a bimbi e ragazzi di tutte le età viene premiato col quarto posto al concorso “Floc l’amico dei bambini e dei ragazzi” e ottiene un contratto editoriale dall’editore Giovanelli di Bologna. I ricavi sono stati devoluti a favore di associazioni per bambini autistici.

Nel 2018 partecipa a 7 concorsi ed è finalista, ottenendo un quarto posto, al concorso nazionale Bukowski, oltre ad essere finalista di 5 concorsi banditi da Montegrappa Edizioni.

Nel 2019 pubblica il romanzo “Un momento fa, forse” che tratta un tema sentito sia nel Cantone Ticino che ovunque: il licenziamento degli “Over 50”. Il romanzo ottiene il primo posto al concorso Città di Cattolica, Pegasus Award, un contratto con l’editore Pegasus e nel panorama nazionale sta ottenendo un certo interesse.

Il romanzo è stato presentato a Mendrisio (Ottobre 2019 presso La Filanda), a Milano nell’ambito della rassegna letteraria nazionale “Meet Book” (Ottobre 2019) e a Roma con una presentazione Tandem presso libreria Mondadori (Tandem presentato assieme ad un altro autore caro amico scrittore, Maurizio Carletti). L’ultima presentazione è stata nell’ambito di Worldbook 2019 a Pesaro.

Sono previste e confermate altre presentazioni a Viggiù (VA) Clivio (VA), Saltrio (Va) e due presentazioni a Varese e Como. Tutte tra il mese di marzo e il mese di aprile 2020.

Giovanni ha un rispetto e una stima enorme per tutti gli autori che non hanno ancora trovato un editore e continuano nel loro lavoro con tenacia e amore. A tale proposito Giovanni ha un sogno: creare un salone del libro inedito, a livello transfrontaliero, per autori in cerca di editore e che possa essere una buona vetrina.

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Trama 

Un momento fa, forse, il romanzo di Giovanni Ardemagni, racconta una storia vera, narrata in prima persona e per questo carica di tutta la forza eversiva che solo parole che raccontano una verità possono avere. Il romanzo è basato sulla piaga che da troppo, troppo tempo, infesta l’economia in cui la società è immersa: il licenziamento degli “over 50” che colpisce il lavoratore in prima persona e di conseguenza la sua famiglia e, ad un occhio più attento, i rapporti su cui si instaura anche l’etica della società. Protagonisti della vicenda sono Marcel e G., colleghi e amici licenziati dalla loro azienda. In quell’attimo, perché di attimi è composta la vita, il velo della fragilità umana e dell’assenza di etica nell’ambito lavorativo, viene bruciato dall’arrivo del libero arbitrio. Innumerevoli strade si aprono dopo la scelta ed entrambi saranno in grado di scegliere, se lasciarsi andare a pianti sterili, oppure se prendere la via di una nuova crescita personale, un micro rinnovo nella pratica sociale carico di potenza per il futuro.


Recensione

Marcel e G. sono amici da molto tempo, anni ormai, e condividono, oltre al luogo di lavoro, anche una stupenda domenica sui Navigli a Milano, immersi nel mercato dell’antiquariato. Tra commenti, racconti e riflessioni si scoprono immersi nella stessa realtà vista però da occhi diversi; Marcel è solitario e la sua vita è illuminata dal lavoro e da una relazione non convenzionale con Lilù, mentre G. ha passato tre matrimoni e il sole sembra splendere perenne nonostante gli obblighi e gli alti e i bassi della quotidianità.

Proprio l’impiego a cui si sono dedicati per decenni, il lavoro nella medesima azienda, stravolge la loro esistenza: il nuovo CEO li licenzia, uno dopo l’altro, ormai “troppo cari” e con “troppa esperienza” per essere considerati atti a rientrare nel paradigma assurdo, perché per me è assurdo e incoerente, dell’eccellente qualità a poco prezzo.

Il personaggio di Marcel ha uno spessore che direi spirituale per le sue riflessioni sulla follia della vita, sul fatto che le persone non osservano più ciò che le circondano e si inabissano nei loro giorni, senza più provare vere e proprie emozioni. Marcel ha scelto la via del solitario, non del solo; ha deciso di costruire un mondo nuovo attraverso una percezione più semplice, tenera e universale di ciò che lo circonda. A questo elemento prettamente legato all’introspezione interiore è collegato il suo modo di lavorare; è un uomo ligio a dovere, che non si lascia abbattere dall’incoerenza e dalla brutalità che lo circonda. Egli riesce a coltivare le sue passioni in uno stato di pace interiore che gli permette di vivere appieno ogni attimo della sua vita.

G. è una persona che a parer mio ama la bellezza, non si lascia forgiare dai preconcetti e dalla forme di pensiero che albergano nella stragrande maggioranza delle persone, bensì li sfrutta per vedere nella maniera migliore ciò che accade, che vortica e che avviene al di fuori di sé. L’ho trovato ricco di una personalità tesa verso l’esterno, non come esteriorità individuale che si accresce con l’estetica del vivere nella socialità, ma come una percezione dinamica e fertile di ciò che lo circonda. Ha forse dei preconcetti? Delle aspettative? Un voglia innata di agire per ciò e per coloro a cui tiene? Sì e come tutti, come anche Marcel, cade nelle debolezze dell’umanità; un corpus di percezione dell’essere umano calato nello spazio-tempo, un groviglio apparentemente inestricabile della persona pensa come vedere le cose, come interiorizzarle, come rapportarsi ad esse.

Gli elementi che mi hanno rapita maggiormente sono legati alla concezione del tempo, il libero arbitrio e le relazioni.

Il tempo si snoda in noi e intorno a noi da sempre, ma è stato “ingabbiato” negli orologi, negli appuntamenti, negli anni da contare, nelle domeniche in cui trovarsi con i parenti, nelle ore dei pasti e in tutti i fattori che scandiscono la vita. Ma la vita ha davvero un tempo? Sappiamo che la vita è un ciclo che si rigenera in un tempo che non viene scandito con le lancette. Sappiamo che gli attimi non sono fuggenti, ma veri, sono il momento che noi incaselliamo nel presente, nel passato e nel futuro e quindi erroneamente gli diamo uno spessore che può vivere nella memoria e renderci sia felici che tristi quando stiamo compiendo già un altro nostro tempo. Quante volte abbiamo mangiato un buon pasto pensando a quanto lavoro avevamo da fare, al collega che continuamente sparla alle spalle, oppure agli inviti da inviare ai parenti per il battesimo del figlio del cugino. Abbiamo goduto davvero del pasto? No. Questa sottile, ma tangibile differenza del tempo e di come lo sfruttiamo è stata posta in maniera impeccabile nel romanzo, prima di tutto per la scrittura in prima persona e in seconda battuta per la carica che ogni attimo ha, nella storia, la sua verità di esistenza. I momenti del romanzo non sono incasellati, vivono nel tempo, ma non ne sono scanditi. Sono liberi.

Alla questione del tempo scandito o meno, si collega il valore dell’attimo. Un attimo che cronologicamente è avvenuto magari venti anni prima è ancora nella mente, nei pensieri, nei gesti, vivo e graffiante come fosse avvenuto un attimo prima. Il nostro presente è già un “passato”, che si voglia dire anche recente, ma è pur sempre già avvenuto e quindi? Come vivere questi attimi? Giovanni Ardemagni rende il presente vero. Marcel e G. riescono a vivere finalmente il loro presente, ogni azione, ogni atto della loro vita prende una nuova piega, quella della presenza totale nel compiere l’azione che stanno facendo. Non si pensa più secondo i termini prima e dopo, ma con il termine adesso che muove i primi passi e a modo di fiorire nella vita di Marcel e dopo riesce a penetrare le convinzioni di G. permettendogli di apprezzare al meglio ogni attimo, che, come dice il titolo è un momento fa, forse. 

Riprendendo il secondo elemento che mi è piaciuto, il libero arbitrio, ho percepito durante la lettura un vero e proprio sbocciare della libertà; una libertà dettata dal dialogo con se stessi, con il mondo e con le persone. La bellezza di Marcel, del suo modus vivendi che vuole perdere la sua caratteristica di provvisorietà, in contrapposizione con l’ombra che ora come ora paragono a homo homini lupus del Leviatano, è pura meraviglia, la meraviglia della conoscenza. Il libero arbitrio si innesta anche nell’elemento onirico, che pare premonitore per G. e lo spinge verso un nuovo modo di vedere le cose, senza tempo, senza spazio, senza le razionali connessioni logiche verso le quali la società sembra spingerci con un tale obbligo che mi viene da domandare, è forse un difetto essere in grado di apprezzare la vita nella semplicità?

Il terzo elemento, le relazioni sociali, in particolare la relazione tra Marcel e Lilù, una prostituta. Inizialmente ho pensato “accidenti”, poi mi sono ricreduta: nella figura della prostituta e nel suo lavoro, che viene definito arte, si mostra proprio il contrario di ciò che l’arte ideale è: Lilù è fragile, corrotta, esasperata e conscia della brutalità della sua vita, ma con Marcel ritrova la bellezza dell’essere umano: i gesti, le intime condivisioni, la complicità degli atti di follia che vivificano le relazioni, le scelte compiute per sé, la comunione di due anime che si incontrano di rado, senza mai rifuggire. Ad uno sguardo più ampio ho notato tutte le sfaccettature dell’amicizia, la vera amicizia per scelta, dettata dall’amore dell’amicizia, dettata sempre dalla complicità dei gesti, dal confronto libero e dialogante delle idee. Le vite delle persone all’interno del romanzo si intrecciano, lasciano le grandi domande della vita aperte e la missione di queste pagine è per me far comprendere al mondo degli esseri umani quanto l’umanità stia pian piano svanendo, non a causa di conflitti aperti, ma a causa di una serpeggiante piaga formata dall’assenza dell’etica, dalla paura di dimostrare la vera umanità fatta di scelte, sbagli e rinnovi continui, dalla mancanza di un orologio senza lancette che permetta ad ogni persona di fare del suo tempo una scelta.

Il romanzo di Giovanni ha toccato un’infinità di temi, sia immediatamente tangibili come il licenziamento degli “over 50”, sia altri più dinamici e non sempre aperti ad un’immediata comprensione come l’amore, l’amicizia, il giusto, il male, la vita, la morte e il significato del tempo e dello spazio. Il mondo è governato da forme di omologazione e di assenza del rapporto umano e per questo c’è una cura? Forse, come un momento fa, forse, è giunto il momento che l’essere umano compia un percorso individuale di evoluzione.


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Ringrazio Giovanni Ardemagni per avermi fatto conoscere la sua storia.


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Fragments of life di Elisa Vinci – Recensione

Recensione della raccolta di poesie di Elisa Vinci, intitolata Fragments of Life. 

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Mi chiamo Elisa Vinci, ho 25 anni, abito attualmente a Sanluri (SU) e sono un’aspirante attrice, cantautrice e scrittrice di poesie.
Dal 2009 al 2014 ho frequentato il liceo Linguistico E. Piga di Villacidro, in cui ho iniziato ad appassionarmi alle lingue straniere, in particolare all’inglese e allo spagnolo.
Nel 2014 mi sono iscritta alla facoltà di Beni Culturali e Spettacolo di Cagliari ed è durante questo percorso che mi sono fortemente interessata alla Storia dell’Arte, del Teatro e del Cinema.
Nel 2017 ho partecipato al programma Erasmus+traineeship in una Scuola di Teatro a Valladolid, in Spagna, frequentando varie lezioni, come ad esempio Interpretazione, Drammaturgia e Canto, e facendo da assistente alle lezioni di recitazione degli allievi del secondo anno.
In quello stesso anno, al mio ritorno dalla Spagna, capii finalmente che ciò che volevo fare nella mia vita era lavorare nell’ambito del teatro. Durante il mio percorso universitario ho partecipato ai corsi di recitazione di Ferai Teatro con Ga’ e Andrea Ibba Monni, e assieme a loro ed altri artisti ho partecipato al progetto del Baratto Teatrale, ispirato ai lavori di Eugenio Barba.
Mi sono laureata nel 2018 e in quello stesso anno mi sono trasferita a Padova per frequentare la Scuola di Musical Dreaming Academy, in cui ho imparato le nozioni base negli ambiti di danza, canto e recitazione teatrale.
Nel 2019 mi sono trasferita a Londra e ho frequentato il corso di recitazione della Young Actors Theatre Islington fino a Dicembre 2019. Attualmente sono in Sardegna e sto lavorando a dei progetti personali (registrazione di brani musicali inediti e raccolte di poesie in lingua inglese) con l’intenzione di pubblicarli e sto continuando a studiare recitazione per riuscire un giorno a lavorare nel mondo del teatro.

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Sinossi 

Fragments of life è la raccolta di poesie di Elisa Vinci in cui i temi centrali sono gli amori impossibili, la scoperta della bellezza delle piccole cose e la lotta personale. È inoltre il viaggio di una parte della sua vita trasformato in poesie e può essere interpretato in maniera diversa a seconda della sensibilità del lettore. È diviso in 5 capitoli, intitolati come i 5 sensi e ognuno rappresenta appunto un frammento dell’esistenza. I capitoli seguono questo percorso: sentimenti di una relazione autodistruttiva, un amore di creta, la consapevolezza di un sé senza colore, una profonda relazione intrecciata dipinta di battaglie e sogni e una conversazione intima con i mostri dentro della mente.


La sinossi qui sopra citata indica in maniera puntuale quali sono i temi principali trattati nelle poesie e da questi punti di riferimento ho iniziato la mia lettura di Fragments of Life. La raccolta è composta da 16 poesie e ciò che più mi ha affascinata è stato il clima che subito viene a crearsi con la prima lettura, di preciso con la poesia Leaves of blood; leggere questa poesia è pari all’inizio di una lunga camminate sul viale di una vita che si interseca con altre e che, per molti versi e per innumerevoli eventi, si allaccia ad esistenza altrui sotto punti di vista quali i sentimenti, le emozioni, la capacità di instaurare relazioni, l’amore, le pulsioni e i sogni, come i desideri che una persona ricerca per se stessa, in particolare per ciò che concerne il suo ideale di amore e di quiete.

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The voices of the monsters in my head. Inserita nella raccolta Fragments of Life. Illustratrice: Martina Pilloni

Leggendo le poesie ho percepito innumerevoli sensazioni che danno forma al clima appena citato; immaginatevi di entrare in un bosco di conifere e di aceri rossi, c’è sia il verde che il rosso, un rosso che irrora gli occhi e stupisce la mente osservante l’ambiente circostante. Poi immaginatevi una casa in legno, piena di monili, oggetti appesi alle finestre, una veranda occupata da qualche cassa panca e delle sedie. La catasta della legna è vicina alla dimora principale e il profumo del bosco abita ovunque, soprattutto in autunno, quando il rumore delle foglie canta perenne con la brezza fredda dell’inverno ormai prossimo. L’aria porta con sé anche l’odore del fumo del camino.

Ora, questo meraviglioso quadretto ribaltatelo all’interno della vostra persona e specchiatevi in esso: cosa si nasconderà dentro la casa? Cosa contengono gli armadi, le cassapanche e i cassetti dei mobili della cucina? Il camino è acceso? Sì, lo avevamo immaginato prima, quindi, quella casa è viva come le persone che la abitano. Ogni persona contiene in sé infinite sfaccettature dettate dalla crescita individuale, dall’educazione, dal carattere formatosi negli anni, dalla personalità, dalle esperienze e dagli eventi accaduti. Questo è il substrato a cui ho fatto riferimento per godere appieno delle poesie che compongono Fragments of Life; nelle poesie ho sentito le emozioni dell’autrice e non ho potuto fare a meno di constatare che il ventaglio di esperienze avvenute sia stato ampio e variegato, tanto doloroso quanto costruttivo per lei.

Un elemento che mi è piaciuto è legato all’intrecciarsi del tempo e dello spazio, inteso come luoghi: ogni poesia è uno spazio diverso in cui mi sono immersa e ricercando il tempo, ho evidenziato due tensioni principali: la prima, legata al passato innervato nei ricordi serbati nella memoria che esprime la sua vera realtà delle percezioni avvenute e la seconda, legata al futuro in tutte quelle occasioni in cui il tempo del sogno, del desiderio, dell’immaginazione fanno da padroni e non lasciano scampo al presente, spazzato via da ciò che si vorrebbe essere.

The touch of a wooden skin. Inserita in Fragments of Life Illustratrice: Martina Pilloni.
The touch of a wooden skin. Inserita in Fragments of Life. Illustratrice: Martina Pilloni

Altro carattere che voglio sottolineare è quello che ho soprannominato timore dell’incompiutezza: la dinamica che soggiace ad alcune poesie la ritengo davvero legata alla volontà del “voler essere”, “voler diventare”, “voler divenire”, cioè tre forme di volontà che spingono la persona a progredire e a perseguire i suoi obiettivi. Questo elemento l’ho apprezzato perché è colorato da una parte di una nota melanconica per il fatto che l’obiettivo appaia lontano, quasi irraggiungibile, snaturato dalle pressioni che il presente nella sua immediatezza comporta e dall’altra da un guizzo, una scintilla che pian piano inizia a farsi strada nonostante i turbamenti e le avversità che incorrono nel cammino della vita.

Le mie preferite

Leaves of blood 

I primi versi provocano un’immersione in piacevoli sensazioni che toccano tutti e cinque i sensi, ma subito dopo, alla parola “kills” ho provato un’ascesa di agitazione e subito dopo alla parola “naked” ecco la tristezza e la sofferenza, non solo fisica, ma anche spirituale.

In tutta la poesie si palesa la componente sensoriale unita alla percezione del mondo esterno e di ciò che l’io, la persona, registra mentre prova emozioni che soverchiano il corpo e l’anima.

La dualità presente corpo e anima è sottolineata soprattutto quando i versi iniziano a focalizzarsi sugli strappi provocati da ciò che la persona vorrebbe: un amore, una sentimento così grande e avvolgente che provoca dolore, non perché sia impossibile nella sua impossibilità globale, quanto perché nel particolare appare impossibile.

Nei versi “you are a vertigo – made of different souls” si sente una lotta che passa da essere anima e corpo ad uno strato più profondo, come se le anime che si incontrano, in realtà si allontanassero per stringersi più forti, ma sempre mutate, sempre cambiate a causa si ciò che avviene e che sentono l’una per l’altra.

Dal verso “I hear your honey” seguito dalla parola “mouth” la situazione che prima era tesa verso un globale senso di perdizione e di lotta interna, si sprigiona nei ricordi della memoria del tempo passato; qui l’amore sembra essersi finalmente congiunto con l’altro amore, ma così, proseguendo nella lettura, non è; un turbinio di dolcezze e di melanconia si mischiano alla metafora della foglia “leaf” in accezione anche plurale, perciò in diverse forme: la foglia che cade in autunno, il tempo che vorrebbe essere eterno, la foglia nell’aria, apparentemente libera se non fosse che vorrebbe tornare all’albero da cui è caduta, la foglia che cade nella corrente del fiume e che viene portata via, lontano, impotente.

La foglia assume la stessa importanza metaforica del biscotto, “biscuit”: ingenuo e generoso biscotto che accetta, che vuole sentire e sapere tutto dell’amata, come se il vino in cui viene intinto fosse lo stesso sangue dell’amore dell’anima di cui si ricerca la beatificante comunione.

Il vino non è solo l’amore in cui ci si vuole immergere, ma anche un “wine of dreams”, in cui si incontrano la realtà e il sogno: la realtà che solo in uno schiocco di dita sembra essere stata realizzata, ma proprio perché realtà, a cui è precluso il viaggio verso il desiderio ultimo della realizzazione del sogno, si infrange all’interno del sogno stesso; il sangue, il dolore fisico della perdita e il cammino verso l’accettazione di questa assenza che ormai l’amata sa essere perenne, infrange ogni confine, abbatte i muri delle due anime in questo travaglio e una vorrebbe essere nell’altra totalmente, per sentire e percepire l’amore che, nonostante le avversità e l’impossibilità, combatte strenuamente fino alla fine, rimpiangendo di non poter realizzare il suo sogno, vissuto in una maniera mediata nella realtà, mediata in quanto preda di timori, sofferenze e dolori.

La carica emotiva e riflessiva di leaves of blood apre al mondo colorato di sentimenti perenni legati al corpo e allo spirito, come l’amore, la compassione, la sofferenza, il dolore, la tenacia, la generosità e l’accettazione; il sangue è veicolo di un sapere, di graffianti sospiri e di un cuore colmo di turbinose emozioni, che lottano tra di esse per la supremazia.

 

Blowing down my happy thoughts

Trovo che questa poesia racchiuda in venti versi le domande e i crucci di un’esistenza durante la sua crescita. Indirizzare la propria esistenza è difficile, in particolare un elemento della vita è complicato, perché pone davanti all’essere umano non solo un bivio, ma più sentieri: la scelta. Come si sceglie? Si sceglie davvero nella vita?

Ciò che nell’essere umano più si scontra sono i sogni e la realtà: scegliere di vivere il sogno o scegliere di vivere la realtà? La realtà è il sogno? Oppure il sogno in quanto tale se calato nella realtà viene snaturato?

Con il verso “I deluded my self” si percepisce tutta la forza di volontà utilizzata per perseguire i propri desideri, ma si percepisce anche la caduta, la caduta in un abisso in cui la mente perde la sua consistenza e le ombre oscure, i pensieri che ci portano sempre a credere di essere nulla più che un involucro privo di capacità, ci ingabbiano e ci imprigionano in noi stessi. A questo punto il corpo cerca di combattere, si chiude in se stesso in una “conferenza” per decidere che cosa fare? Ritorna il tema della scelta calata nel tempo presente. “Now” del verso 15 è di importanza vitale in questa poesia.

What should I do now?”. “Now” viene accompagnato da “should”, dovrei: il presente di “now” si accosta al condizionale di “should”; un incontro di due modi, di tue tempi, il momento presente del fare e il momento condizionale del dovrei. Scegliere di due tempi della vita è complesso, perché l’uno infonde carattere e importanza all’altro. Come i due tempi sono scissi proprio dal modo in cui l’essere umano vive, insieme al peso della scelta presente portata avanti verso il futuro, irrompe una nuova scissione: uscire dal proprio corpo, librarsi lontano, con l’intenzione e forse il desiderio che le pene scompaiano e che si possa ritornare nel proprio corpo e scegliere per la propria vita. La scissione è presente anche all’inizio della poesia, in cui un occhio è vuoto e l’altro è pieno, ma sporco: un vero e proprio adombramento della vita e delle scelte da compiere.

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La Gloria del Sangue La Gloria del Sangue - Trilogia

La gloria del sangue – Recensione

Ciao a tutti! Nuova recensione per la Gloria del Sangue, il primo volume della mia trilogia, a cura di Ylebooks!

Riporto un breve estratto della recensione:

È così che ha inizio questa narrazione molto interessante e particolare. Ci troviamo davanti a un bel tomo di circa 500 pagine, l’inizio di una saga fantasy che è ancora in corso di stesura. Una scrittura matura che scorre nel lettore in modo fluido nonostante la mole di pagine. Giulia scrive con una padronanza di linguaggio degna di un autore affermato.

Io mi commuovo sempre quando le persone spendono parole tanto belle per i miei libri. Sappiatelo, il mio obiettivo (ambizioso) per il 2020 è terminare la stesura della trilogia della Gloria del sangue; mi sono presa del tempo per lasciar macerare in mente le idee e far crescere sotto sotto e di nascosto tutti i personaggi. Nel frattempo attendo la conferma della correzione definitiva di Fervore, sull’ironia e l’imprevedibilità, la raccolta di racconti.


la gloria the melted soul giulia e i suoi libri


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L’Equilibrio, di Martina Tasso – Recensione

Equilibrio-Recensione-Libri-The-Melted-Soul

Buon venerdì a tutti i miei lettori! Oggi su Aedifico c’è la recensione di L’Equilibrio, di Martina Tasso, in campagna Crowdfunding su Bookabook!

L’Equilibrio: pagina Ufficiale della campagna Crowdfunding

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Buona Lettura!


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Biografia

Martina Tasso è nata il 16 novembre del 1995 e vive da sempre in un minuscolo paesino della provincia di Padova.
Dopo il liceo artistico, si è diplomata in un’accademia di musical e ora scrive e dirige spettacoli per il teatro.
Ha mille hobby, dal disegno alla cucina, dal teatro alla scrittura; ama Victor Hugo e Ken Follett e si ritiene orgogliosamente una nerd del mondo Disney.
Chi la conosce non sa quanto lei scriva, ma la verità è che ha più di 15 libri iniziati, in una cartella del pc che è un cantiere in continuo sviluppo. Passa da un progetto all’altro, interrompendosi solo per documentarsi o per trovare una soluzione originale per poter proseguire.
Per un periodo ha pubblicato racconti a puntate sul sito “TheIncipit”. Il suo “Su strada” le è valso il 3° posto in classifica.
“L’Equilibrio” è il primo romanzo che ritiene finito e lo offre al pubblico.

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Trama

Martha, crescendo, non ha perso la capacità che hanno i bambini di vedere le fate. L’incontro con Mirko, un ragazzino testardo quanto enigmatico, la porterà proprio per questo in un luogo fuori dal tempo e dal mondo. Si tratta di un’isola abitata dagli Wanduts, tribù di indigeni dove Martha riscopre il gioco, la spensieratezza, l’ingenuità di quand’era bambina.
Ma forse l’isola non è il paradiso che sembra e nemmeno lì si può sfuggire alle responsabilità, alla violenza, al dolore della vita “da grandi”. L’omicidio improvviso di un bambino riaccende un conflitto che sembrava essersi spento da tempo, tra gli Wanduts e gli Invasori Bianchi. Cosa vogliono, dopo anni di tregua?
In una tavolozza di personaggi e ambienti che si accostano come in un sogno, Martha dovrà capire da che parte schierarsi, se con l’inarrestabile Mirko o con l’affascinante Capitano James; se cedere all’attrazione per il bellissimo Gabe o rinunciarvi in partenza; se restare o ritornare a casa.

Un incantevole inizio

I bimbi comunicano con la fate nel periodo in cui non sono in grado di interagire con le persone. Martha Brook, ventiquattro anni, è ancora in grado di vedere e sentire le fate. Felì è la fata che ha accompagnato Martha per l’intero corso della sua vita con il suo allegro scampanellio.

Accudiscono le piante e i fiori. Martha la indica come fata domestica, invisibile tranne che a lei. Martha aveva tentato di rendere partecipe un’amica in prima liceo, ma la rivelazione non aveva portato a nulla di positivo. Così Martha aveva deciso di non rendere partecipe nessun altro della sua capacità. Martha vive in un appartamento con un’amica, Kate e con Felì, la fatina, è con lei da quando aveva sei anni e giocavano insieme sotto una magnolia nel giardino di casa.

Un dipinto di una vita segreta tanto minuscola che viene ingrandita dai sentimenti, dall’amicizia e dal cuore.

Personaggi S(piccanti)

Martha: una ventiquattrenne che vede le fate e si ritrova in un mondo fantastico in cui deve avere a che fare con se stessa e con personaggi affascinanti. Il suo cuore era già stato terreno fertile di scontri amorosi, ma qui, sull’isola, dovrà raccogliere tutte le sue energie e affrontare la gelosia, l’invidia, la rabbia e la superbia. Avrà modo di viaggiare con la mente verso un roseo futuro, ma sarà costretta ad affrontare situazioni terribili in cui le persone si riveleranno fameliche, selvagge e malvage. Il suo carattere è definito dal coraggio e dall’amore per il prossimo e il senso di sacrificio per le persone a lei care. Temeraria e indomita persino davanti alle situazioni più difficili non si tirerà indietro. Il tessuto amoroso e sentimentale gioca un ruolo importante e dovrà riuscire a non soccombere, ma a rinascere nelle sue scelte.

Mirko: bimbo dal cipiglio deciso, dagli ineffabili sorrisi e pieno di risorse. La sua spensieratezza è velata dal senso di mistero che avvolge la sua figura.

Gabe: garzone sulla Corallo Grigio del Capitano James; ragazzo enigmatico, coraggioso, indomito e pieno di sorprese. Il suo passato fa pensare a una persona che ha corso rischi, è cresciuta in fretta e senza pensare troppo alle conseguenze. Il suo cuore è aperto al mondo, ma un ricatto lo imprigiona nelle spire del passato e della sua unicità.

Capitano James: uomo dalle mille occasioni e dai molteplici sotterfugi. Il suo fascino non passa inosservato come i tranelli che sembra voler tirare da un momento all’altro.

Gli sciamani degli Wanduts: Hesutu e Urika; lui è un guaritore mentre Urika è in contatto con gli spiriti e vede nel futuro. Le parole della mistica saranno importanti nelle vicende di Martha perché veicoleranno significati ed eventi di grande rilevanza.

La ciurma del Capitano James: due soli personaggi, in una fugace scena, riescono a smuovere una carica di rabbia nei loro confronti che subito l’idea della marmaglia salta nella mente, con le qualità (spregevoli) che le si addicono: gretta, ignorante, violenta, animalesca, il parossismo del sessismo. Esseri umani malvagi e riprovevoli sotto ogni singolo punto di vista. Eccola presentata la gentaglia del Corallo Grigio, l’imbarcazione del Capitano James.

Lo stile, la penna, la tastiera 

La vicenda è calata nella contemporaneità prima di essere trasportata in un mondo solo in apparenza bucolico. Nelle primissime pagine del romanzo sono presenti alcune caratteristiche della vita di tutti i giorni e la presenza dei social; viene posto l’accento sulla freddezza e la grettezza dei rapporti sociali odierni; disillusione, amarezza e cattiveria; d’altro canto Martha dimostra di essere più umana degli altri personaggi per la gentilezza che dimostra nei confronti della natura e per la sincerità, anche la verità, che vorrebbe vedere realizzata e presente negli altri.
Martha, nella solitudine della scogliera, incontra un bambino di nome Mirko, non più di dieci anni e alto quasi quanto lei che ne ha ventiquattro e subito dopo, i presentimenti sulla malvagità dei suoi compagni di viaggio, ottengono conferma e Martha non solo si sente ingiustamente umiliata, ma capisce come le persone siano superficiali, ingrate e incapaci di conoscere prima di sproloquiare.
Mirko e Martha si ritrovano il giorno successivo e lei entra in contatto con la famiglia di Mirko, che si rivela una tribù, gli Wanduts, abitante su un’isola.
Lo scorrere del tempo, dal momento in cui Martha inizia a vivere con gli Wanduts, si perde e la sua mente viene rapita dalla magia che sembra imperare sulle terre floride dell’isola.
Non solo la giovane incontra la tribù degli Wanduts, ma incontra anche colui che è per eccellenza l’Invasore Bianco, il Capitano James.
Dall’incontro con il Capitano James, Martha inizierà un viaggio all’interno del suo cuore, dei sentimenti e delle emozioni che impereranno durante tutto il resto del romanzo. La vicenda alle volte sembra fare da sfondo alla storia sentimentale di Martha senza però perdere il tono avventuroso che è stato ben sviluppato.
In un luogo inaspettato come l’isola, dovrà fare i conti con il passato che le ha dato modo di ripensare al futuro, dovrà sforzarsi di prendere decisioni difficili e capirà quanto una singola vita possa essere importante e fondamentale per ricreare eternamente l’equilibrio.

Il viaggio nel romanzo è utilizzato e reso dinamico in maniera differente a seconda delle situazioni senza scadere nel classico:

  • Il viaggio: la gita in baita con Kate e i colleghi e amici di corso: Charlotte, Henry, Joy e Lucas. Qui Martha, a dispetto del carattere dipinto inizialmente, si sente a disagio in mezzo a persone nuove che sembrano giudicarla in base a convenzioni sociali, non troppo “classiche” e lei percepisce il loro distacco dopo una giornata alla baita; ripensando poi anche al viaggio compiuto, nel quale solo un personaggio spicca su tutti: Lucas.
  • Il viaggio di Martha: la vita con gli Wanduts, l’incontro con il Capitano James e con Gabe. Viaggi personali ed emotivi, che permetteranno a Martha di crescere, di creare e di trovare se stessa per il presente e per il futuro.

A differenza di altri romanzi, in cui la scoperta dell’esistenza delle fate è uno dei topos della narrazione e il panorama fantastico fa da padrone, qui le fate entrano subito a far parte della narrazione perché sono anch’esse protagoniste, in particolare Felì, insieme a Martha e la fantasia, unita alla magia, è tanto fondamentale quanto serpeggiante negli eventi; non vi è una preponderanza magica, bensì la narrazione di vicende umane drammatiche tinte di magia.
Stile narrativo scorrevole, in grado di ricreare ciò che c’è scritto su carta nella mente immaginifica del lettore, evocativo nelle parti in cui vengono raccontati gli incontri tra i personaggi e le descrizioni dei luoghi e dei personaggi sono ben inserite nel testo. Alcune parti narrative, relative a situazioni di tensioni, sono poco dettagliate; questa scelta permette alla lettura di essere rapida e incisiva.
Parti dialogiche ben strutturate che però necessitano a parer mio di un approfondimento emotivo-psicologico.


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La sezione dedicata alla creatività di Martina, accompagnata da una breve intervista. 

1 – Come ti sei sentita quando hai deciso di pubblicare questo libro tra i tanti che hai nel cassetto?

Molto in ansia, quasi angosciata in realtà. È molto personale e parlo di persone reali, alcune delle quali non sanno nemmeno di essere nel libro.

2 – Cosa ti ha spinta a scegliere proprio questa storia?

Credo sia per il desiderio inconscio che abbiamo tutti di “essere scoperti”. Ho camuffato, nella storia, dei segreti che non avrei mai rivelato. Per condividere qualcosa di me, forse.

3 – Per Martha e la sua capacità di far fronte alle avversità, a chi ti sei ispirata? 

Martha sono io, con tutte le sue insicurezze e le sue convinzioni. Lei in realtà non è davvero capace di affrontare le avversità, ma ci si trova dentro e in qualche modo deve fare. Quindi si ispira a me, a come sono ora e a come mi immaginavo di essere a quest’età (rossa, tra le cose). Tant’è che molti di quei dialoghi sono realmente avvenuti, in certe situazioni Martha mi ci sono trovata io per prima, per poterle raccontare.

4 – Un romanzo tanto bucolico quanto profondo per la vicenda in sé. Ti sei ispirata a degli autori in particolare?

Per lo stile sento di esser stata influenzata da Sophie Kinsella. La drammaticità l’ho acquisita del fatto di esser cresciuta a pane e Victor Hugo.


E per concludere, una riflessione personale su L’Equilibrio:

Libro piacevole con una narrazione semplice e incisiva. La componente emozionale riverbera in ogni pagina e solo le scelte, l’amore e il coraggio riusciranno a far crescere tutti i personaggi, per portare alla risoluzione e alla comprensione di un eterno equilibrio, perso nella memoria, ma vivo nelle pagine di una meravigliosa storia.

Giulia Coppa

Vi ricordo che L’Equilibrio di Martina Tasso è disponibile per il pre-ordine su Bookabook!

L’Equilibrio, pagina ufficiale della campagna Crowdfunding

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