La Scrivania Letteraria

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Scrittura libera

Circolo cieco

Tutti impegnati a rincorrersi

topolini di giorno e salamandre di notte.

Tutti trafelati nell’unico girotondo che conoscono,

pieni delle loro paure,

affamati di felicità da risucchiare,

privati della volontà di accettare.

Tutti caparbi, audaci e coraggiosi,

di fronte alla carezza di chi è gentile

e timoroso.

Tutti sorridenti e pronti al sacrificio,

sì… Di fronte al giogo dell’abbraccio

che allieta di un ballo il motivo.

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Scrittura libera

Solo senza esserlo

Pensieri e pensieri in questi giorni, soprattutto perché credo che non sia ancora in grado di comprendere appieno le persone. Basterà vivere? Basterà provare nuovi punti di vista? Sarà abbastanza aprirsi al pensiero altrui e tentare di capirlo, interiorizzarlo e discuterlo in sinergia con il mio pensiero?

Nonostante le diverse domande, che magari hanno interrogato il vostro cervello, ho cominciato a focalizzarmi sui problemi derivanti da certe emozioni che chiunque nota e vede anche se non vorrebbe. Invidia, gelosia e violenza. Ho iniziato ad approfondire la mia conoscenza in relazione a questi tre termini, ma l’impresa è ardua e sarà lunga; meglio così, potrò godermela e intanto farmi delle idee preliminari, tra le quali è sorta questa: quando gli individui smetteranno di riversare i propri problemi su altri individui, sia con invidia, sia con la violenza, sia con la gelosia, allora forse, accetterò le persone così per come sono. Quando le persone smetteranno di sminuirsi per caratteri indelebili e non modificali, allora solo a questo punto, le persone potranno vivere davvero bene, prive di timori e di dubbi. Quando gli individui capiranno che bisogna pensare al nostro spirituale e al nostro corpo e non al nostro materiale, al nostro essere cose che possediamo, allora finalmente percepiremo la felicità. Dovremmo apprezzare e difendere le nostre proprietà in misura tale che non offuschino il nostro giudizio sugli altri, di modo da non rendere nessuno inferiore nel suo essere materiale. 


Per ora so che posso aiutare e voglio farlo. Le mie esperienze purtroppo mi hanno dimostrato come in realtà il mio aiuto è letto come supponenza, la mia voglia di condividere il sapere come egocentrismo. Se così deve essere allora sarà, ma io so che non è così, che i miei sentimenti non sono questi, che le mie intenzioni non sono queste. So che è possibile crescere sempre, un passo in più, un giorno in più di vita e un giorno in meno di sorpresa. Sono certa che tutti potremmo fare qualcosa di buono, se solo non fossimo tanto indaffarati a trovare una risposta alle parole che ci vengono rivolte e non ad ascoltare le parole e il corpo di chi le pronuncia.

Se riuscissimo a crescere e a mantenere intatta la gioia, la meraviglia e la libertà di movimento che solo l’infanzia ci può far vivere, potremmo ironizzare sui problemi, accettare come parte della vita quelli che molte persone vedono come ostacoli insormontabili, vivremmo meglio, assieme, senza bisogno di regole per ogni minimo aspetto della vita sociale e della buona condotta; non avremmo bisogno di una morale rinsecchita dai pregiudizi e dalle distinzioni di genere; saremmo perfettamente in grado di vivere meglio e a nessuno verrebbe in mente di eleggere a feticci di felicità tradizioni e usanze culturali che non uniscono, ma dividono inesorabilmente. Una esistenza siffatta sarebbe più “dura” di quella che possiamo sperimentare nella società contemporanea, ma meno rigida di quella che ha preceduto il nostro odierno millennio. Saremmo fortunati se tutti noi capissimo quanto potremmo davvero fare per tutti se solo uscissimo dalle zone di comfort del nostro pensiero, del nostro modo di vedere il vivere

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Migliore

Credere fermamente di essere i migliori di tutti gli altri esseri umani comporta cecità di umanità, presuppone pochezza e delimita gli orizzonti delle osservazioni e delle esperienze possibili; istituisce dei confini invalicabili e non dei limiti insuperabili, inoltre non permette alla libertà personale di esporsi nella linea più dura ma al tempo stesso gratificante e costruttiva, quella dell’incontro con l’altro, che spaventa, terrorizza e affatica, perché passibile di continue critiche e giudizi individuali ed è soffocata dal proprio io demagogo della realtà e della lettura della stessa in chiave quantitativa, non in chiavi sensibile e qualitativa. D’altronde, la prima via è la più complicata, l’ardua baruffa dell’altalenante gioia preoccupante della sfera dell’osservazione, della sperimentazione. Il secondo percorso è semplice, in esso si danno i fatti e si colgono gli atti, purtroppo solo nel presente dell’evento commesso o accaduto, non si investiga, non si indaga sulla legge soggiacente, sulla struttura univoca e progressiva del fenomeno.

Peccare è il migliore dei vizi donati all’esistenza, peccare di ebbra superiorità è nebbia vischiosa per il pensiero.

Il fiore dell’essere non si patina di teoria e di pratica ma mangia sé stesso nella voracità della mortalità e nel lampo effimero del momento.

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I momenti in cui

I momenti in cui sembra che si concentrino le scelte più importanti della vita sono presenti. La paura può cogliere quando certi eventi accadono, per non bisogna dubitare né dell’istinto né delle riflessioni fatte.

Per necessità e di impulso gli atti sono compiuti da ognuno di noi. Si deve agire, prima o poi.

Il tempo potrebbe aiutarci, ma non consigliarci. Lui corre su una via diversa, noi siamo nei sentieri risultanti dalla storia.