Una buona giornata Lettrici e Lettori! Oggi vi propongo in segnalazione il libro di Valentina Venturino, Racconti di personalità multiple.
Sinossi
I miei racconti non si lasciano classificare in un unico genere, spaziano in ambiti molto diversi, addirittura potrebbero sembrare scritti da più persone, da qui il titolo. Si tratta di frammenti: momenti, nella vita dei personaggi, in cui accade qualcosa che vale la pena di raccontare. Mi piace pensare che intorno a essi chi legge possa costruire una propria visione: immaginare cosa accadde prima e quale sarà il dopo, in un continuum temporale senza confini netti, che lascia spazio alla fantasia. Oltre ai racconti, ho raccolto alcune poesie.
Biografia, Valentina si racconta
“…se la pelle te la strappa una spina, ah, Valentina, pensa che era naturale, era un ti amo, una carezza venuta male”.
Il testo della canzone che le aveva dedicato la Vanoni, Valentina se lo ricordava spesso, quando le capitava qualche sfiga. Per quanto si intuissero le buone intenzioni della cantante, non è che quella frase risultasse consolatoria. Ma lei, come diceva sua madre, era una specie di fenice, capace di riemergere dalle sue ceneri più fresca di prima. Più che testarda, la si poteva definire caparbia. Incontrandola per strada non ti saresti voltato a guardarla, ma forse, camminando a occhi bassi, avresti notato il suo passo svelto. Nel vestire, cercava sempre un dettaglio che la distinguesse dalla massa. Quando era sovrappensiero aveva l’abitudine di mordicchiarsi il labbro inferiore. Gli occhi grandi, color verde bosco, erano nascosti dagli occhiali, che le davano un’aria vagamente intellettuale. Aveva provato a toglierli, ai tempi del liceo, ma tre ottici insieme quasi non erano riusciti a tenerle gli occhi aperti, mentre cercavano a turno di metterle le lenti a contatto. In pratica, una scena da Arancia meccanica e lei allora aveva concluso che ficcarsi le dita negli occhi a quello scopo era contro natura. Per anni aveva fatto esperimenti sui suoi capelli. Passati i 40, aveva finito per accettare il fatto che era assolutamente incapace di governarli e aveva optato per un taglio corto e per il castano scuro, il suo colore naturale. Quando le chiedevano che lavoro facesse, aveva due versioni da dare: una lunga e una breve. Se rispondeva: “Organizzo fiere”, di solito la gente esclamava: “Uh, che bello” e si capiva benissimo che non aveva idea di che cosa si trattasse. In effetti, in genere voleva saperne di più. Allora, quando non aveva voglia di dilungarsi o intuiva l’assenza di un reale interesse dall’altra parte, Valentina buttava lì:
“La segretaria”. Risposta infallibile per togliere a chiunque la voglia di farle domande. Trovava zen cucinare: affettare verdure per lei equivaleva a meditare. Lo stesso le accadeva quando contemplava il mare o altri paesaggi e cercava di darne la sua personale visione, inquadrandoli con la macchina fotografica per poterli rivedere a distanza di tempo. Nata e cresciuta a Milano, adorava la Settimana del Design, in cui ogni angolo della città è trasformato da installazioni e da folle di creativi eccentrici, tra cui lei si sente a suo agio. E Pianocity, quando passeggiando per strada ti capita di essere rapito dalla musica di un pianoforte, che ti trasporta altrove, facendoti per un momento dimenticare dove stavi andando. Era curiosa e aveva tanti interessi, che l’avevano indotta a intraprendere numerosi hobby e attività, traendone capacità di vario genere. Nessuna di queste, purtroppo, si poteva definire genio. Questo era sempre stato il suo grande cruccio.
Una buona giornata Lettori e Lettrici! Oggi vi propongo in segnalazione un romanzo che tratta un argomento complesso e importante nel nostro tempo, una malattia che tocca e ho toccato innumerevoli persone: il cancro.
Trama
“Ascoltami ora – storie di bambini e ragazzi oncologici” è un libro che sa di vita, un insieme di storie che conducono il lettore nel mondo dell’oncologia pediatrica. La prefazione è a cura di Maricla Pannocchia (fondatrice e Presidente dell’Associazione di volontariato Adolescenti e cancro), un’esauriente introduzione per il pubblico alla realtà del cancro in età pediatrica. Il testo è un viaggio emozionante all’interno delle storie di bambini, ragazzi e famiglie che hanno vissuto la realtà del cancro pediatrico. I diritti del libro, uniti alle campagne di crowdfunding collegate, sono devoluti ai progetti di sensibilizzazione dell’Associazione Adolescenti e cancro e al progetto a Pristina (Kosovo) della fondazione Cure2Children ONLUS.
Biografia
Maricla Pannocchia è fondatrice e Presidente dell’Associazione di volontariato Adolescenti e cancro. Ha pubblicato i romanzi “La mia amica ebrea” (2014, Lulu) e “Le cose che ancora non sai” (Astro Edizioni, 2017). Scrive regolarmente articoli sul cancro infantile per vari siti Internet e blog. Ha un sito personale dove dà voce alle persone che lottano per rendere il mondo un posto migliore.
Scheda libro
Titolo: Ascoltami ora – storie di bambini e ragazzi oncologici Autore: Maricla Pannocchia Co-autori: i ragazzi e i genitori protagonisti delle storie In collaborazione con: Associazione Aurora Pagine: 118 Prezzo: 19,50€ con spedizione gratuita
Poesie scelte dalla raccolta di Laura Piras,intitolata Un(a) Po’…e sia!, edita S4M Edizioni. Trovi qui la segnalazione e in fondo all’articolo i link utili per ottenere Un(a) Po’…e sia! e per trovare l’autrice sui social.
Vorrei accasciarmi a terra e urlare al mondo che non ce la faccio più. Riesco a malapena a respirare e il dolore per ciò che vedo intorno a me mi opprime.
Dolci parole delle persone amate tentano di tirarmi su il morale, ma cosa ne è di me dopo i complimenti, dopo gli apprezzamenti, dopo le lodi, se pare che le stesse persone che mi hanno rivolto certe parole, subito dopo sembra che voltino altrettanto dolcemente le spalle da un’altra parte?
Vorrei che nessuna parola fosse spesa per me quando è così difficile mostrarmi un sorriso sincero. Vorrei che nessuna stretta di mano fosse forte e calorosa perché sarà la stessa mano che stringerà gli artigli del diavolo.
Ora non voglio restare qui a pensare che sia tutto inutile, che non ne valga la pena, perché tra le mille mani e i mille sorrisi uno sarà vero, profondo ed eterno.
Eccola…sta arrivando. Me lo sento che oggi sarò io la vittima della tortura. Avrei preferito che avesse rinunciato agli studi piuttosto che essere acquistato e poi pasticciato come se fossi un uovo. Essere un libro universitario non è un’occupazione semplice…vorrei essere un romanzo, di quelli storici, oppure d’avventura! Che belle storie vivrebbe il mio lettore e invece mi ritrovo ad essere stato stampato per spiegare al mondo cosa sia la sofferenza, cosa sia il male e nemmeno in maniera semplice, ma con un linguaggio tale che il mondo a cui mi sono riferito non conta più miliardi di persone, forse qualche migliaio. Oh no! Ha preso l’evidenziatore dall’astuccio! Una cosa che proprio non sopporto sono gli evidenziatori, soprattutto quello verde! Prima di tutto tra qualche anno il colore sbiadirà e seconda cosa, la cellulosa di cui sono fatto si indebolirà. Mi auguro che capisca, prima o poi, che una matita è l’unico strumento adatto a sottolineare. Puoi cancellarne il tratto e riscrivere gli appunti a margine. Con una penna o un evidenziatore, una volta utilizzati, il danno è fatto.
Arriva! Ah diamine, una mezza pagina è andata. Spero che non debba studiarmi dalla prima all’ultima pagina per l’esame, altrimenti diventerò Arlecchino!
Ahhhh, che bella giornata! Ma guardate! Il sole splende, i corvi e le gazze fanno un po’ a botte per i pezzi di pane secco che il vicino butta per strada – un po’ zoticone non trovate?! -, il cielo è azzurro, si vede il parco con i rododendri, da qui, una volta Giulia ha detto il nome, ma non me lo ricordo proprio… Va beh, vi dicevo, gli alberi sono rigogliosi, spuntano i primi fiori nel prato, i profili dei tetti antistanti la mia finestra bollono già per il caldo. Sento proprio che ormai la primavera è iniziata! Ormai so già che tra poco, finalmente, potrò sentire l’aria fresca accarezzarmi, riuscirò ad essere in prima fila per vedere l’alba e godermi i raggi del sole e, per fortuna, quando arriverà l’estate e ci sarà un temporale in procinto di abbattersi su questa casa, Giulia si ricorderà di spostarmi. Perché dovete sapere che io so quali sono le mie origini, so dove sono le mie radici, ma l’unico modo in cui posso muovermi è con il vento. Mi racconta tante storie ogni volta che passa dal balcone, oppure quando la finestra è aperta e spira una brezza in sala. Sapete, ogni tanto mi racconta cosa capita in città e le dicerie, o i pettegolezzi del paese. So che in questo periodo per le persone la situazione è critica, c’è un’epidemia e stanno morendo tante persone…mi dispiace un po’, ma se solo sapessero cosa vuole dire essere una pianta in un vaso, in un clima che non mi appartiene, in un luogo in cui morirei d’inverno se stessi all’aria aperta, beh…avrebbero un’altra visione di cosa vuole dire vivere. Una cosa che nessuno sa è che le piante sentono i pensieri, sapete, tutto è elettricità, tutto è chimico, elettroni e cose varie, Giulia non è ferrata in certi argomenti, a lei piace di più tergiversare, chiacchierare, scrivere, arrabbiarsi, piangere, farsi domande esistenziali che alla fine raccoglie quasi sempre con un pugno di mosche, però è divertente vedere la sua voglia di cambiare le cose…che poi può cambiare le sue cose, mica le altre cose del mondo! Beh…vi dicevo che la situazione è critica e lo è stato anche per me, ma vi dirò dopo perché amo divagare. Si può dire che mia madre sia Giulia; fin da piccola ha avuto tre fisse: gli animali, le piante e la scrittura. Non è un animalista, ma crede nel profondo rispetto delle forme di vita e crede che ognuna di loro abbia un destino, o così ha detto – cambia idea davvero spesso perché molte volte le sue idee finiscono per arrivare a una contraddizione tale che si mette a scrivere e non mi considera per giorni, anzi, non ci considera per giorni perché tra tutte, noi piante siamo una ventina più o meno -, poi noi le piacciamo!!! Che bello, noi le piacciamo, ma le piacciono anche i boschi, le foreste, le verdure, gli alberi da frutto e ha un debole per i faggi. Poi le piace scrivere. Sapeste quante volte mi ha lasciata a secco, un’infinità, per fortuna non sono una ninfea e lei non possiede un giardino con laghetto! Insomma, lei scrive e scrive e scrive e dice che non sa mai cosa scrivere! Eppure scrive e parla di scrivere, racconta che scrive, ha pure iniziato a studiare, tre anni fa, come scrivere, quando scrivere, chi ha scritto cosa, perché uno ha scritto dell’altro, perché ci sono i libri che parlano di scrivere e i libri che parlano dei libri! Ci sono le persone che parlano di libri, tante, tante e tante. Lei usa il suo Pc, che chiama sempre con tenerezza catorcio – ricordatevi che so cosa pensa quando dice le cose -, scrive e scrive, impazzisce per i disegni, per le foto, per le domande, le interviste…sapeste quante volte ho pensato io “adesso posso dire che lei è al posto di un balcone”, se capite la battuta! Mi ritengo una pianta fortuna, mi chiamo Crassula, o pianta di giada, ma io per Giulia sono “la mia piantina” e mi vuole davvero bene. Tranne quando non mi bagna, lì non è che non mi voglia bene, ma la pigrizia entra a spada tratta nel suo cervello e le fa passare la voglia di fare le cose. Ora che ho divagato vi racconto perché la mia situazione è stata critica; Giulia si è trasferita e io con lei…purtroppo le altre mie sorelle sono ancora nell’altra casa, quindi non le vedo da un bel po’. Prima della quarantena Giulia voleva anche andare a prendere qualche sorella, però non ha fatto in tempo – le altre volte si è dimenticata e le altre ancora era troppo pigra – e quindi mi ritrovo con altre sorelle, non delle mia specie, ma pur sempre sorelle. Qui al mio fianco c’è sorella Beaucarnea, lei è una che comunemente chiamano mangia fumo, anzi, nei vivaio la chiamavano solo così perché le persone non sanno come si chiama e quindi ogni tanto la prendo in giro. Fino a quattro giorni fa vicino a noi c’era anche la Monstera deliciosa, ma è stata spostata. Io…sinceramente, adesso che lei è più lontana, posso dire che un po’ di timore mi incuteva, con quelle foglie giganti! Per farvi capire sono un po’ triste e un po’ assetata perché Giulia non mi bagna da un po’ di giorni; è tutta presa a fare recensioni, segnalazioni, a scrivere; ha deciso di scrivere un altro libro e l’altro ieri ha passato tre ore a parlare a raffica e registrarsi, così “sbobina” il libro, ma tanto lo modifica e ci mette una vita a fare le cose perché ha sempre il timore di scrivere anche se ama farlo. Vi dicevo che Giulia si può dire mia madre in riferimento alla sua seconda fissa per le piante. Un bel giorno, di almeno dodici anni fa, è andata a comprare una piccola Crassula in un vivaio, beh, la Crassula è cresciuta e Giulia si divertiva a fare delle talee. Devo dire che il suo intento è riuscito; io sono la quarta generazione! E la prima è ancora viva e vegeta! Vedeste che belle che siamo!
Ora però parlo un po’ della mia vita da pianta in vaso. Giulia ha cambiato il vaso e la terra tre o quattro volte e due anni fa ha deciso di “potarci”…pessima idea, ogni volta che lo fa mi strappa via dei pezzi! Non che faccia male, anzi, quando poi mi guardo mi sento davvero bene con me stessa! Mi piace come mi fa crescere, anche se sembra in apparenza doloroso. Ogni tanto Giulia è triste per noi…insomma, lei ci ama, ma sa che noi possiamo vivere solo se lei vive o se ci dà a qualcuno che sia in grado di prendersi cura di me, di noi. Anch’io sono molto triste ogni tanto…vedo gli animali volare, lei andare via in…macchina – la chiama twingeuse -, poi torna e poi va, poi mi accarezza poi va…io sono sempre qui. La mia vita è un po’ monotona se penso al fatto di non potermi muovere, ma se penso a quando parlo con le altre, beh…noi viaggiamo come vi dicevo prima, con l’aria. Tutte noi piante siamo collegate, noi in vaso lo saremmo di più se fossimo a terra, ma non vuol dire che siamo escluse dal dolore del mondo. Io mi sento fortunata perché sono in una casa e un essere che non è una pianta mi vuole bene, mi assicura un bel posto in cui vivere esperienze che in un litorale marino, in un bosco o in altri posti non potrei vivere. Sento sia l’amore di tutte noi piante, della terra di cui facciamo parte, sia l’amore diretto di un essere vivente. Sono belle cose queste. Che una pianta apprezza. Invece quando parlo con il pino davanti a casa alle volte inorridisco e mi si gela la linfa! Disboscamenti, inquinamento, anidride carbonica e tutte queste orribili e terrificanti parole. Io Giulia non la vedo demoniaca – è una parola che usa molto quando si mette a filosofeggiare – come i bruti che pensano all’Ebano e al Palissandro solo per farne ponti di chitarre e tavoli per avidi esseri umani, io proprio non vedo in lei, negli amici e nei parenti che vengono a trovarla, tutta questa cattiveria nei confronti del mondo, di noi piante…però esistono persone così. Una domanda che noi tutte piante e anche le persone suppongo che si facciano sia, cosa dovremmo fare di queste persone?
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Scannati ancora, che l’osso è lì a pochi morsi da te, non pensare a tutti quelli che ti circondano, sai che l’osso è per te. E perché dovresti pensare agli altri quando sai che l’osso è stato creato per te. Quella voce nella mente rimbomba e sussurra come fare piazza pulita per il tuo osso. Anche se sai che il tuo osso nelle tua mani porterà sofferenza, a cosa ti importa? Tanto per gli altri ci sono di altri resti le membra.
Un brano di scrittura creativa che ho deciso di sviluppare in una storia a puntate.
La penna
Prima parte
Era lì. Il regalo per la laurea. Nella scatola dorata e luccicante sotto il fascio dorato. L’atmosfera quieta della sera scendeva ancora prima che il sole riuscisse a calare sulle colline in fiore. Il parco rigoglioso di rododendri e gelsomini profumava l’aria, rendendola leggera. Essere in casa, da tre anni, lo faceva soffrire. Non era una tragedia dopo tutto. Sfogliò gli appunti della ricerca su Costantinopoli e si soffermò sui paragrafi dedicati al 1453 d.C., anno in cui gli ottomani conquistarono la città, conosciuta anche come la mela rossa. Tolse il coperchio di cartone e la fece girare tra le dita. La penna. Quella penna. Non avendo più un paio di gambe funzionanti sarebbe stato difficile lasciarla in giro o dimenticarla per casa, ma non impossibile. Sorrise. Più di ogni altra cosa gli mancava stiracchiarsi al mattino. Lui era solo un ragazzo, ma il destino o come lo chiamavano i suoi genitori, la Provvidenza, aveva scelto una via che non avrebbe mai preso in considerazione. I bagordi, gli agi e la bellezza di una vita materiale erano stati la sua ragione di vita e ora, la sua stessa vita non si basava più solo su ciò che faceva o quanta gente conosceva, ma su ciò che era, sulla persona che si mostrava dalle ombre della solitudine. L’inchiostro nero colorò di eleganza il foglio bianco. Aveva iniziato ad apprezzare la calligrafia. Vedere le parole correre, gettarsi sulla carta e vivificarla lo faceva stare bene. La sua mente in qualche modo, lo rendeva in grado di correre.
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