Una buona giornata a tutti! Siamo a metà settembre, mese dei nuovi inizi, di nuovi progetti, di riflessioni e di momenti di quiete, come se anche noi fossimo in procinto di spogliarci delle nostre foglie “vecchie” e prepararci a nuovi germogli per l’anno che verrà. I mesi estivi sono stati lunghi e pieni di vicissitudini nonostante l’estate voli sempre via troppo velocemente. Oggi vi parlo e vi propongo la recensione del romanzo d’amore di Diego Galdino, intitolato Una storia straordinaria. Diego è un autore italiano best-seller, noto come lo scrittore barista; ha pubblicato diversi libri, tra cui Il primo caffè del mattino e L’ultimo caffè della sera.
Quando mi approccio a un nuovo autore voglio scoprire nel suo libro i piccoli particolari che mi fanno riflettere e che mi portano, sempre ed è ciò che adoro della lettura, ad abbracciare e sentire meglio le parole che utilizza per esprimere e costruire la sua storia. Non nego assolutamente una certa mia fortuna anche nel trovare i libri giusti al momento giusto, soprattutto quando sono intenta a riflettere e approfondire le mie ricerche (sono piena di quaderni personali) su un determinato argomento, ecco che arriva un libro inaspettato ad accompagnarmi con altra sensazioni nel percorso di ricerca. Quindi, Diego, ti ringrazio.

Gettarsi in una storia d’amore è sempre difficile per ogni persona, soprattutto quando la paura, la sfiducia in se stessi ed eventi traumatizzanti della vita si rincorrono rendendo confuso anche il cuore. Così accade sia a Luca che a Silvia; la cecità del giovane e l’aggressione che la ragazza ha subito sono frutto della medesima marea profonda che sbatte e riverbera nelle loro azioni, annegandoli nella disperazione. Se da una parte Luca, appassionato di film e immerso nel mondo della settima arte, è riuscito a reinventarsi dopo la sua disgrazia creando un sito in cui vengono raccontati i film, dall’altra parte Silvia ha deciso di esporsi al mondo solo tramite la voce, lavorando in un programma radiofonico intitolato solo cose belle.
Sembra che entrambi abbiano trovato la propria bolla di gesti artritici, dettati non dal loro volere più puro, bensì spinti da un perenne senso di colpa instillato dai timori e dalla tristezza costante per ciò che è stato perso. Eppure il loro cambiamento, avvenuto tramite la sofferenza, porterà a sfide più grandi, più importanti e a una irrimediabile presa di coscienza che l’amore e il destino assieme posso muovere e intessere reti di perle in cui entrambi si riflettono, si ricercano, inconsapevolmente tramite ciò che ancora possiedono, i sensi. Se Luca ne ha perso uno, gli altri si sono affinati, se Silvia li ha tutti, non ha ancora avuto modo di conoscerne i lati più teneri e dolci, come la vista del tramonto su Roma, città in cui è ambientato il romanzo, o il viso di Luca davanti a un frappè condiviso.
L’amore, il più nobile dei sentimenti, immenso ed espletato fin nei più piccoli gesti, arriva a bussare alla loro porta in maniera inaspettata, rifulgendo di una splendida forza che li trascina, li scorta e li porta a conoscersi, comprendersi e amarsi. Silvia ritrova in Luca la bontà dell’essere umano, riscopre la fiducia in se stessa, la bellezza della realtà che la circonda. Luca riscopre come la sua disabilità non sia un muro per ciò davvero conta nella sua vita: una persona al suo fianco che possa condividere con lui le gioie dei giorni che si susseguono, i luoghi che lo hanno fatto innamorare di Roma, la sua bontà d’animo, che come un’aura luminosa riverbera intorno a lui. Luca e Silvia riescono a provare una passione travolgente, senza limiti, in cui i loro corpi si uniscono e percepiscono la loro mancanza, che coltivano quando non sono insieme e che ravviva ancora di più ogni loro unione. La complicità si ricrea nel tatto, nell’udito, nel gusto, nell’olfatto e…anche nella vista.
Ho apprezzato davvero tanto questo romanzo; mi ha fatto ricordare la tenerezza degli abbracci, mi ha fatto immaginare la città eterna. L’amore tra Luca e Silvia è una luce, una volontà realizzatasi in un attimo, in un soffio di vento che ha fatto incontrare i due protagonisti. Le descrizioni danno modo al lettore di immedesimarsi in entrambi, senza distinzione e lo stile di Galdino, semplice e incisivo, coglie quanto è necessario perché il lettore possa vivere appieno l’esperienza della lettura. Ci sono momenti nel libro in cui ci si sente immersi in Roma e altri in cui il modo di parlare di Luca e la passione di Silvia per il cinema vi faranno davvero ridere di gusto e pensare come la settima arte riesca bene a inserirsi nei momenti bui, luminosi e tragicomici della vita.
Estratti
«Non ti sta mai bene niente. Dai, prima che soffochi, svelami dove stiamo andando.» A quel punto intervenne il tassista. «Sì, sarebbe il caso che lo svelasse anche a me. Quando è salito in macchina è rimasto un po’ sul vago, mi ha detto solo ‘vada verso via di Villa Giulia’ e ormai ci siamo quasi.»
Lei l’aveva già salvato: altro che riportarlo a riva, Silvia l’aveva riportato in vita. Mai come in quei giorni, come in quel preciso istante la vista gli era sembrata un dettaglio.
Come sempre Franco nascose con la solita ironia il suo malessere nel tornare a casa dei genitori. Anche per questo motivo faceva il tifo affinché Luca non sprecasse l’occasione che il destino aveva voluto regalargli. «La chiamerai, vero?»