Una buona giornata Lettori e Lettrici! Oggi vi propongo in segnalazione un romanzo che tratta un argomento complesso e importante nel nostro tempo, una malattia che tocca e ho toccato innumerevoli persone: il cancro.
Trama
“Ascoltami ora – storie di bambini e ragazzi oncologici” è un libro che sa di vita, un insieme di storie che conducono il lettore nel mondo dell’oncologia pediatrica. La prefazione è a cura di Maricla Pannocchia (fondatrice e Presidente dell’Associazione di volontariato Adolescenti e cancro), un’esauriente introduzione per il pubblico alla realtà del cancro in età pediatrica. Il testo è un viaggio emozionante all’interno delle storie di bambini, ragazzi e famiglie che hanno vissuto la realtà del cancro pediatrico. I diritti del libro, uniti alle campagne di crowdfunding collegate, sono devoluti ai progetti di sensibilizzazione dell’Associazione Adolescenti e cancro e al progetto a Pristina (Kosovo) della fondazione Cure2Children ONLUS.
Biografia
Maricla Pannocchia è fondatrice e Presidente dell’Associazione di volontariato Adolescenti e cancro. Ha pubblicato i romanzi “La mia amica ebrea” (2014, Lulu) e “Le cose che ancora non sai” (Astro Edizioni, 2017). Scrive regolarmente articoli sul cancro infantile per vari siti Internet e blog. Ha un sito personale dove dà voce alle persone che lottano per rendere il mondo un posto migliore.
Scheda libro
Titolo: Ascoltami ora – storie di bambini e ragazzi oncologici Autore: Maricla Pannocchia Co-autori: i ragazzi e i genitori protagonisti delle storie In collaborazione con: Associazione Aurora Pagine: 118 Prezzo: 19,50€ con spedizione gratuita
Segnalazione del romanzo breve di Andrea D’ImperioOltre, edito Albatros, il filo.
Trama
Andrea è un ragazzo adottato di origini polacche. All’età di diciannove anni decide di ritrovare se stesso attraverso un viaggio – soprattutto interiore – da cui trarrà quanto di meglio non avrebbe potuto immaginare, e che lo porterà a divenire il giovane uomo che è oggi. Attraverso il suo primo libro autobiografico, Oltre, Andrea racconta fieramente il suo vissuto, sperando possa essere una guida per chi ha affrontato o sta affrontando la fantastica esperienza dell’adozione.
BiografiaAndrea D’Imperio è un giovane manager di ventotto anni. Nasce a Poznan, Polonia, il primo giugno del 1991. A soli quattro mesi viene dato in adozione a una coppia italiana che lo porta con sé a Modena, la sua nuova casa. Dopo aver passato i primi diciannove anni di vita all’estenuante ricerca di un equilibrio tra la propria esistenza e il rapporto con l’adozione, decide di fuggire a Londra per trovare se stesso. Da quel momento, nulla è stato più come prima. Un lungo viaggio alla scoperta di sé, le origini ritrovate e una carriera in continua evoluzione porteranno Andrea D’Imperio ad un’impetuosa crescita personale.
Ahhhh, che bella giornata! Ma guardate! Il sole splende, i corvi e le gazze fanno un po’ a botte per i pezzi di pane secco che il vicino butta per strada – un po’ zoticone non trovate?! -, il cielo è azzurro, si vede il parco con i rododendri, da qui, una volta Giulia ha detto il nome, ma non me lo ricordo proprio… Va beh, vi dicevo, gli alberi sono rigogliosi, spuntano i primi fiori nel prato, i profili dei tetti antistanti la mia finestra bollono già per il caldo. Sento proprio che ormai la primavera è iniziata! Ormai so già che tra poco, finalmente, potrò sentire l’aria fresca accarezzarmi, riuscirò ad essere in prima fila per vedere l’alba e godermi i raggi del sole e, per fortuna, quando arriverà l’estate e ci sarà un temporale in procinto di abbattersi su questa casa, Giulia si ricorderà di spostarmi. Perché dovete sapere che io so quali sono le mie origini, so dove sono le mie radici, ma l’unico modo in cui posso muovermi è con il vento. Mi racconta tante storie ogni volta che passa dal balcone, oppure quando la finestra è aperta e spira una brezza in sala. Sapete, ogni tanto mi racconta cosa capita in città e le dicerie, o i pettegolezzi del paese. So che in questo periodo per le persone la situazione è critica, c’è un’epidemia e stanno morendo tante persone…mi dispiace un po’, ma se solo sapessero cosa vuole dire essere una pianta in un vaso, in un clima che non mi appartiene, in un luogo in cui morirei d’inverno se stessi all’aria aperta, beh…avrebbero un’altra visione di cosa vuole dire vivere. Una cosa che nessuno sa è che le piante sentono i pensieri, sapete, tutto è elettricità, tutto è chimico, elettroni e cose varie, Giulia non è ferrata in certi argomenti, a lei piace di più tergiversare, chiacchierare, scrivere, arrabbiarsi, piangere, farsi domande esistenziali che alla fine raccoglie quasi sempre con un pugno di mosche, però è divertente vedere la sua voglia di cambiare le cose…che poi può cambiare le sue cose, mica le altre cose del mondo! Beh…vi dicevo che la situazione è critica e lo è stato anche per me, ma vi dirò dopo perché amo divagare. Si può dire che mia madre sia Giulia; fin da piccola ha avuto tre fisse: gli animali, le piante e la scrittura. Non è un animalista, ma crede nel profondo rispetto delle forme di vita e crede che ognuna di loro abbia un destino, o così ha detto – cambia idea davvero spesso perché molte volte le sue idee finiscono per arrivare a una contraddizione tale che si mette a scrivere e non mi considera per giorni, anzi, non ci considera per giorni perché tra tutte, noi piante siamo una ventina più o meno -, poi noi le piacciamo!!! Che bello, noi le piacciamo, ma le piacciono anche i boschi, le foreste, le verdure, gli alberi da frutto e ha un debole per i faggi. Poi le piace scrivere. Sapeste quante volte mi ha lasciata a secco, un’infinità, per fortuna non sono una ninfea e lei non possiede un giardino con laghetto! Insomma, lei scrive e scrive e scrive e dice che non sa mai cosa scrivere! Eppure scrive e parla di scrivere, racconta che scrive, ha pure iniziato a studiare, tre anni fa, come scrivere, quando scrivere, chi ha scritto cosa, perché uno ha scritto dell’altro, perché ci sono i libri che parlano di scrivere e i libri che parlano dei libri! Ci sono le persone che parlano di libri, tante, tante e tante. Lei usa il suo Pc, che chiama sempre con tenerezza catorcio – ricordatevi che so cosa pensa quando dice le cose -, scrive e scrive, impazzisce per i disegni, per le foto, per le domande, le interviste…sapeste quante volte ho pensato io “adesso posso dire che lei è al posto di un balcone”, se capite la battuta! Mi ritengo una pianta fortuna, mi chiamo Crassula, o pianta di giada, ma io per Giulia sono “la mia piantina” e mi vuole davvero bene. Tranne quando non mi bagna, lì non è che non mi voglia bene, ma la pigrizia entra a spada tratta nel suo cervello e le fa passare la voglia di fare le cose. Ora che ho divagato vi racconto perché la mia situazione è stata critica; Giulia si è trasferita e io con lei…purtroppo le altre mie sorelle sono ancora nell’altra casa, quindi non le vedo da un bel po’. Prima della quarantena Giulia voleva anche andare a prendere qualche sorella, però non ha fatto in tempo – le altre volte si è dimenticata e le altre ancora era troppo pigra – e quindi mi ritrovo con altre sorelle, non delle mia specie, ma pur sempre sorelle. Qui al mio fianco c’è sorella Beaucarnea, lei è una che comunemente chiamano mangia fumo, anzi, nei vivaio la chiamavano solo così perché le persone non sanno come si chiama e quindi ogni tanto la prendo in giro. Fino a quattro giorni fa vicino a noi c’era anche la Monstera deliciosa, ma è stata spostata. Io…sinceramente, adesso che lei è più lontana, posso dire che un po’ di timore mi incuteva, con quelle foglie giganti! Per farvi capire sono un po’ triste e un po’ assetata perché Giulia non mi bagna da un po’ di giorni; è tutta presa a fare recensioni, segnalazioni, a scrivere; ha deciso di scrivere un altro libro e l’altro ieri ha passato tre ore a parlare a raffica e registrarsi, così “sbobina” il libro, ma tanto lo modifica e ci mette una vita a fare le cose perché ha sempre il timore di scrivere anche se ama farlo. Vi dicevo che Giulia si può dire mia madre in riferimento alla sua seconda fissa per le piante. Un bel giorno, di almeno dodici anni fa, è andata a comprare una piccola Crassula in un vivaio, beh, la Crassula è cresciuta e Giulia si divertiva a fare delle talee. Devo dire che il suo intento è riuscito; io sono la quarta generazione! E la prima è ancora viva e vegeta! Vedeste che belle che siamo!
Ora però parlo un po’ della mia vita da pianta in vaso. Giulia ha cambiato il vaso e la terra tre o quattro volte e due anni fa ha deciso di “potarci”…pessima idea, ogni volta che lo fa mi strappa via dei pezzi! Non che faccia male, anzi, quando poi mi guardo mi sento davvero bene con me stessa! Mi piace come mi fa crescere, anche se sembra in apparenza doloroso. Ogni tanto Giulia è triste per noi…insomma, lei ci ama, ma sa che noi possiamo vivere solo se lei vive o se ci dà a qualcuno che sia in grado di prendersi cura di me, di noi. Anch’io sono molto triste ogni tanto…vedo gli animali volare, lei andare via in…macchina – la chiama twingeuse -, poi torna e poi va, poi mi accarezza poi va…io sono sempre qui. La mia vita è un po’ monotona se penso al fatto di non potermi muovere, ma se penso a quando parlo con le altre, beh…noi viaggiamo come vi dicevo prima, con l’aria. Tutte noi piante siamo collegate, noi in vaso lo saremmo di più se fossimo a terra, ma non vuol dire che siamo escluse dal dolore del mondo. Io mi sento fortunata perché sono in una casa e un essere che non è una pianta mi vuole bene, mi assicura un bel posto in cui vivere esperienze che in un litorale marino, in un bosco o in altri posti non potrei vivere. Sento sia l’amore di tutte noi piante, della terra di cui facciamo parte, sia l’amore diretto di un essere vivente. Sono belle cose queste. Che una pianta apprezza. Invece quando parlo con il pino davanti a casa alle volte inorridisco e mi si gela la linfa! Disboscamenti, inquinamento, anidride carbonica e tutte queste orribili e terrificanti parole. Io Giulia non la vedo demoniaca – è una parola che usa molto quando si mette a filosofeggiare – come i bruti che pensano all’Ebano e al Palissandro solo per farne ponti di chitarre e tavoli per avidi esseri umani, io proprio non vedo in lei, negli amici e nei parenti che vengono a trovarla, tutta questa cattiveria nei confronti del mondo, di noi piante…però esistono persone così. Una domanda che noi tutte piante e anche le persone suppongo che si facciano sia, cosa dovremmo fare di queste persone?
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Pensieri e pensieri in questi giorni, soprattutto perché credo che non sia ancora in grado di comprendere appieno le persone. Basterà vivere? Basterà provare nuovi punti di vista? Sarà abbastanza aprirsi al pensiero altrui e tentare di capirlo, interiorizzarlo e discuterlo in sinergia con il mio pensiero?
Nonostante le diverse domande, che magari hanno interrogato il vostro cervello, ho cominciato a focalizzarmi sui problemi derivanti da certe emozioni che chiunque nota e vede anche se non vorrebbe. Invidia, gelosia e violenza. Ho iniziato ad approfondire la mia conoscenza in relazione a questi tre termini, ma l’impresa è ardua e sarà lunga; meglio così, potrò godermela e intanto farmi delle idee preliminari, tra le quali è sorta questa: quando gli individui smetteranno di riversare i propri problemi su altri individui, sia con invidia, sia con la violenza, sia con la gelosia, allora forse, accetterò le persone così per come sono. Quando le persone smetteranno di sminuirsi per caratteri indelebili e non modificali, allora solo a questo punto, le persone potranno vivere davvero bene, prive di timori e di dubbi. Quando gli individui capiranno che bisogna pensare al nostro spirituale e al nostro corpo e non al nostro materiale, al nostro essere cose che possediamo, allora finalmente percepiremo la felicità. Dovremmo apprezzare e difendere le nostre proprietà in misura tale che non offuschino il nostro giudizio sugli altri, di modo da non rendere nessuno inferiore nel suo essere materiale.
Per ora so che posso aiutare e voglio farlo. Le mie esperienze purtroppo mi hanno dimostrato come in realtà il mio aiuto è letto come supponenza, la mia voglia di condividere il sapere come egocentrismo. Se così deve essere allora sarà, ma io so che non è così, che i miei sentimenti non sono questi, che le mie intenzioni non sono queste. So che è possibile crescere sempre, un passo in più, un giorno in più di vita e un giorno in meno di sorpresa. Sono certa che tutti potremmo fare qualcosa di buono, se solo non fossimo tanto indaffarati a trovare una risposta alle parole che ci vengono rivolte e non ad ascoltare le parole e il corpo di chi le pronuncia.
Se riuscissimo a crescere e a mantenere intatta la gioia, la meraviglia e la libertà di movimento che solo l’infanzia ci può far vivere, potremmo ironizzare sui problemi, accettare come parte della vita quelli che molte persone vedono come ostacoli insormontabili, vivremmo meglio, assieme, senza bisogno di regole per ogni minimo aspetto della vita sociale e della buona condotta; non avremmo bisogno di una morale rinsecchita dai pregiudizi e dalle distinzioni di genere; saremmo perfettamente in grado di vivere meglio e a nessuno verrebbe in mente di eleggere a feticci di felicità tradizioni e usanze culturali che non uniscono, ma dividono inesorabilmente. Una esistenza siffatta sarebbe più “dura” di quella che possiamo sperimentare nella società contemporanea, ma meno rigida di quella che ha preceduto il nostro odierno millennio. Saremmo fortunati se tutti noi capissimo quanto potremmo davvero fare per tutti se solo uscissimo dalle zone di comfort del nostro pensiero, del nostro modo di vedere il vivere.
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