La Scrivania Letteraria

“Un momento fa, forse” di Giovanni Ardemagni – Recensione

Recensione del romanzo di Giovanni Ardemagni, Un momento fa, forse, edito Pegasus Edition. 

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Giovanni nasce a Stabio il 2 marzo del 1959, Cantone Ticino Svizzera. Studia presso la scuola Interpreti di Zurigo quale traduttore per Italiano, Tedesco, Francese e Inglese. La sua carriera professionale lo vede in posizioni manageriali presso Corrieri internazionali. Ricopre la funzione di CEO per Poste Svizzere in Italia. In tale periodo sponsorizza il concorso internazionale di rilegatura d’arte, svoltosi tra Macerata e Assisi, per rilegare il Cantico delle creature di San Francesco, opera tradotta in tutte le lingue al mondo e in tutti i dialetti nazionali italiani, di cui Giovanni cura personalmente un paio di traduzioni.

Nel 2016 pubblica con Youcanprint il romanzo “Il camaleonte equilibrista, osteria con alloggio” che viene premiato a settembre 2019 col primo posto al concorso nazionale Narrativa Indipendente a Treviglio (BG). Il romanzo viene presentato nell’Hortus del comune di Cingoli, Macerata (dove è ambientato il romanzo), su invito del comune di Cingoli (Marche); viene presentato alla casa dei cechi di Lugano (Svizzera) e questi ultimi traducono il testo in Brail.

Nel 2017 L’accademia Petrarca premia il racconto “un grande amore niente più” tratto dal romanzo, col premio speciale allo scrittore. Il concorso è dedicato a Maria Callas

Nel 2017 il racconto “Pacco felice” destinato a bimbi e ragazzi di tutte le età viene premiato col quarto posto al concorso “Floc l’amico dei bambini e dei ragazzi” e ottiene un contratto editoriale dall’editore Giovanelli di Bologna. I ricavi sono stati devoluti a favore di associazioni per bambini autistici.

Nel 2018 partecipa a 7 concorsi ed è finalista, ottenendo un quarto posto, al concorso nazionale Bukowski, oltre ad essere finalista di 5 concorsi banditi da Montegrappa Edizioni.

Nel 2019 pubblica il romanzo “Un momento fa, forse” che tratta un tema sentito sia nel Cantone Ticino che ovunque: il licenziamento degli “Over 50”. Il romanzo ottiene il primo posto al concorso Città di Cattolica, Pegasus Award, un contratto con l’editore Pegasus e nel panorama nazionale sta ottenendo un certo interesse.

Il romanzo è stato presentato a Mendrisio (Ottobre 2019 presso La Filanda), a Milano nell’ambito della rassegna letteraria nazionale “Meet Book” (Ottobre 2019) e a Roma con una presentazione Tandem presso libreria Mondadori (Tandem presentato assieme ad un altro autore caro amico scrittore, Maurizio Carletti). L’ultima presentazione è stata nell’ambito di Worldbook 2019 a Pesaro.

Sono previste e confermate altre presentazioni a Viggiù (VA) Clivio (VA), Saltrio (Va) e due presentazioni a Varese e Como. Tutte tra il mese di marzo e il mese di aprile 2020.

Giovanni ha un rispetto e una stima enorme per tutti gli autori che non hanno ancora trovato un editore e continuano nel loro lavoro con tenacia e amore. A tale proposito Giovanni ha un sogno: creare un salone del libro inedito, a livello transfrontaliero, per autori in cerca di editore e che possa essere una buona vetrina.

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Trama 

Un momento fa, forse, il romanzo di Giovanni Ardemagni, racconta una storia vera, narrata in prima persona e per questo carica di tutta la forza eversiva che solo parole che raccontano una verità possono avere. Il romanzo è basato sulla piaga che da troppo, troppo tempo, infesta l’economia in cui la società è immersa: il licenziamento degli “over 50” che colpisce il lavoratore in prima persona e di conseguenza la sua famiglia e, ad un occhio più attento, i rapporti su cui si instaura anche l’etica della società. Protagonisti della vicenda sono Marcel e G., colleghi e amici licenziati dalla loro azienda. In quell’attimo, perché di attimi è composta la vita, il velo della fragilità umana e dell’assenza di etica nell’ambito lavorativo, viene bruciato dall’arrivo del libero arbitrio. Innumerevoli strade si aprono dopo la scelta ed entrambi saranno in grado di scegliere, se lasciarsi andare a pianti sterili, oppure se prendere la via di una nuova crescita personale, un micro rinnovo nella pratica sociale carico di potenza per il futuro.


Recensione

Marcel e G. sono amici da molto tempo, anni ormai, e condividono, oltre al luogo di lavoro, anche una stupenda domenica sui Navigli a Milano, immersi nel mercato dell’antiquariato. Tra commenti, racconti e riflessioni si scoprono immersi nella stessa realtà vista però da occhi diversi; Marcel è solitario e la sua vita è illuminata dal lavoro e da una relazione non convenzionale con Lilù, mentre G. ha passato tre matrimoni e il sole sembra splendere perenne nonostante gli obblighi e gli alti e i bassi della quotidianità.

Proprio l’impiego a cui si sono dedicati per decenni, il lavoro nella medesima azienda, stravolge la loro esistenza: il nuovo CEO li licenzia, uno dopo l’altro, ormai “troppo cari” e con “troppa esperienza” per essere considerati atti a rientrare nel paradigma assurdo, perché per me è assurdo e incoerente, dell’eccellente qualità a poco prezzo.

Il personaggio di Marcel ha uno spessore che direi spirituale per le sue riflessioni sulla follia della vita, sul fatto che le persone non osservano più ciò che le circondano e si inabissano nei loro giorni, senza più provare vere e proprie emozioni. Marcel ha scelto la via del solitario, non del solo; ha deciso di costruire un mondo nuovo attraverso una percezione più semplice, tenera e universale di ciò che lo circonda. A questo elemento prettamente legato all’introspezione interiore è collegato il suo modo di lavorare; è un uomo ligio a dovere, che non si lascia abbattere dall’incoerenza e dalla brutalità che lo circonda. Egli riesce a coltivare le sue passioni in uno stato di pace interiore che gli permette di vivere appieno ogni attimo della sua vita.

G. è una persona che a parer mio ama la bellezza, non si lascia forgiare dai preconcetti e dalla forme di pensiero che albergano nella stragrande maggioranza delle persone, bensì li sfrutta per vedere nella maniera migliore ciò che accade, che vortica e che avviene al di fuori di sé. L’ho trovato ricco di una personalità tesa verso l’esterno, non come esteriorità individuale che si accresce con l’estetica del vivere nella socialità, ma come una percezione dinamica e fertile di ciò che lo circonda. Ha forse dei preconcetti? Delle aspettative? Un voglia innata di agire per ciò e per coloro a cui tiene? Sì e come tutti, come anche Marcel, cade nelle debolezze dell’umanità; un corpus di percezione dell’essere umano calato nello spazio-tempo, un groviglio apparentemente inestricabile della persona pensa come vedere le cose, come interiorizzarle, come rapportarsi ad esse.

Gli elementi che mi hanno rapita maggiormente sono legati alla concezione del tempo, il libero arbitrio e le relazioni.

Il tempo si snoda in noi e intorno a noi da sempre, ma è stato “ingabbiato” negli orologi, negli appuntamenti, negli anni da contare, nelle domeniche in cui trovarsi con i parenti, nelle ore dei pasti e in tutti i fattori che scandiscono la vita. Ma la vita ha davvero un tempo? Sappiamo che la vita è un ciclo che si rigenera in un tempo che non viene scandito con le lancette. Sappiamo che gli attimi non sono fuggenti, ma veri, sono il momento che noi incaselliamo nel presente, nel passato e nel futuro e quindi erroneamente gli diamo uno spessore che può vivere nella memoria e renderci sia felici che tristi quando stiamo compiendo già un altro nostro tempo. Quante volte abbiamo mangiato un buon pasto pensando a quanto lavoro avevamo da fare, al collega che continuamente sparla alle spalle, oppure agli inviti da inviare ai parenti per il battesimo del figlio del cugino. Abbiamo goduto davvero del pasto? No. Questa sottile, ma tangibile differenza del tempo e di come lo sfruttiamo è stata posta in maniera impeccabile nel romanzo, prima di tutto per la scrittura in prima persona e in seconda battuta per la carica che ogni attimo ha, nella storia, la sua verità di esistenza. I momenti del romanzo non sono incasellati, vivono nel tempo, ma non ne sono scanditi. Sono liberi.

Alla questione del tempo scandito o meno, si collega il valore dell’attimo. Un attimo che cronologicamente è avvenuto magari venti anni prima è ancora nella mente, nei pensieri, nei gesti, vivo e graffiante come fosse avvenuto un attimo prima. Il nostro presente è già un “passato”, che si voglia dire anche recente, ma è pur sempre già avvenuto e quindi? Come vivere questi attimi? Giovanni Ardemagni rende il presente vero. Marcel e G. riescono a vivere finalmente il loro presente, ogni azione, ogni atto della loro vita prende una nuova piega, quella della presenza totale nel compiere l’azione che stanno facendo. Non si pensa più secondo i termini prima e dopo, ma con il termine adesso che muove i primi passi e a modo di fiorire nella vita di Marcel e dopo riesce a penetrare le convinzioni di G. permettendogli di apprezzare al meglio ogni attimo, che, come dice il titolo è un momento fa, forse. 

Riprendendo il secondo elemento che mi è piaciuto, il libero arbitrio, ho percepito durante la lettura un vero e proprio sbocciare della libertà; una libertà dettata dal dialogo con se stessi, con il mondo e con le persone. La bellezza di Marcel, del suo modus vivendi che vuole perdere la sua caratteristica di provvisorietà, in contrapposizione con l’ombra che ora come ora paragono a homo homini lupus del Leviatano, è pura meraviglia, la meraviglia della conoscenza. Il libero arbitrio si innesta anche nell’elemento onirico, che pare premonitore per G. e lo spinge verso un nuovo modo di vedere le cose, senza tempo, senza spazio, senza le razionali connessioni logiche verso le quali la società sembra spingerci con un tale obbligo che mi viene da domandare, è forse un difetto essere in grado di apprezzare la vita nella semplicità?

Il terzo elemento, le relazioni sociali, in particolare la relazione tra Marcel e Lilù, una prostituta. Inizialmente ho pensato “accidenti”, poi mi sono ricreduta: nella figura della prostituta e nel suo lavoro, che viene definito arte, si mostra proprio il contrario di ciò che l’arte ideale è: Lilù è fragile, corrotta, esasperata e conscia della brutalità della sua vita, ma con Marcel ritrova la bellezza dell’essere umano: i gesti, le intime condivisioni, la complicità degli atti di follia che vivificano le relazioni, le scelte compiute per sé, la comunione di due anime che si incontrano di rado, senza mai rifuggire. Ad uno sguardo più ampio ho notato tutte le sfaccettature dell’amicizia, la vera amicizia per scelta, dettata dall’amore dell’amicizia, dettata sempre dalla complicità dei gesti, dal confronto libero e dialogante delle idee. Le vite delle persone all’interno del romanzo si intrecciano, lasciano le grandi domande della vita aperte e la missione di queste pagine è per me far comprendere al mondo degli esseri umani quanto l’umanità stia pian piano svanendo, non a causa di conflitti aperti, ma a causa di una serpeggiante piaga formata dall’assenza dell’etica, dalla paura di dimostrare la vera umanità fatta di scelte, sbagli e rinnovi continui, dalla mancanza di un orologio senza lancette che permetta ad ogni persona di fare del suo tempo una scelta.

Il romanzo di Giovanni ha toccato un’infinità di temi, sia immediatamente tangibili come il licenziamento degli “over 50”, sia altri più dinamici e non sempre aperti ad un’immediata comprensione come l’amore, l’amicizia, il giusto, il male, la vita, la morte e il significato del tempo e dello spazio. Il mondo è governato da forme di omologazione e di assenza del rapporto umano e per questo c’è una cura? Forse, come un momento fa, forse, è giunto il momento che l’essere umano compia un percorso individuale di evoluzione.


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Ringrazio Giovanni Ardemagni per avermi fatto conoscere la sua storia.


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